Roma – «Più un messaggio è puramente ‘razionale’, meno è probabile che attivi i circuiti emotivi che presiedono al comportamento di voto», scrive lo psicologo e psichiatra americano Drew Westen, nel suo libro La mente politica. Il ruolo delle emozioni nel destino di una nazione. In politica, quando ragione ed emozione si scontrano, immancabilmente è l'emozione a uscirne vittoriosa, commenta Westen.
Il popolo britannico ha votato per l'uscita del Regno Unito dalla Unione europea e il dato positivo di questo voto è relativo alla chiarezza dei ruoli: non si può essere metà dentro, metà fuori, lamentarsi delle norme comunitarie, salvo acquisire i benefici dell'appartenenza ad un mercato unico.
I dati dei mercati finanziari sono solo un assaggio di quel che accadrà nei prossimi mesi. Ricordiamo che in borsa investono non solo gli speculatori ma anche i risparmiatori.
Ora, il premier inglese, David Cameron, dovrebbe trarne le conclusioni, non per dimettersi, come annunciato, ma per portare a termine quanto deciso dal popolo. Troppo comodo lasciare la patata bollente ad un successore; d'altronde, il referendum non è una elezione (ricorda qualcosa del nostro Paese?) e chi ne è stato promotore deve assumersene in pieno, e fino in fondo, le responsabilità.
È probabile che, tra qualche tempo, il Regno Unito si limiterà all'Inghilterra, senza Scozia e Irlanda del Nord. Triste fine di un orgoglioso impero sul quale, parafrasando Carlo V, non tramontava mai il sole.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc