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Francesco Cecchini. Breve nota su Scholastique Mukasonga 
Una scrittrice che racconta il Ruanda e il genocidio
17 Giugno 2016
 

Scholastique Mukasonga, ruandese, di etnia tutsi, scrive in francese e ha appena pubblicato per Gallimard (nella collana Continents Noirs) la raccolta di racconti Ce que murmurent les collines.

In molte sue opere ha raccontato il Ruanda che ha portato alla tragedia del 1994 e il genocidio stesso (dal 6 aprile al 19 luglio 1994, furono circa 800mila i tutsi massacrati). Senza l’odio di chi non dimentica e forse non perdona ma vuole superare la tragedia.

Nel suo racconto “Le Deuil” (nella raccolta L’Iguifou) così scrive:

«Non è sulle tombe o vicino ai cumuli d’ossa o nelle latrine, che ritroverai i tuoi morti. Loro non sopravvivono che in te. La morte dei nostri, e noi non possiamo nulla, ci ha nutrito, non d’odio, non di rancore, ma di una energia che niente potrà spezzare… Ora, dice il guardiano dei morti, di cosa potrai aver paura?»

L’ultimo suo libro Ce que murmurent le collines è in armonia con il suo essere scrittrice, ruandese ed africana.

«“La Maritza è il mio fiume” ha cantato Sylvie Vartan. Io non oserei cantare, mi accontenterei di sussurrare “il Rukarara è il mio fiume”… Sì infatti sono nata ai bordi del Rukarara, ma non ho nessun ricordo, i ricordi che ho sono quelli di mia madre e della sua inconsolabile nostalgia».

Scholastique Mukasonga ha scritto vari libri tutti pubblicati in Francia da Gallimard.

Inyenzi ou le cafards del 2006: scarafaggi era come venivano chiamati i tutsi. Il genocidio che prende avvio dagli anni sessanta, è raccontato attraverso gli occhi di un giovane tutsi condannato a sopravvivere. La scrittura di Scholastique è di eccezionale qualità: riesce a raccontare l’odore dei cadaveri macellati dai machete.

La Femme au pieds nus del 2008. La donna dai piedi nudi è la madre di Scholastique, Stefania, assassinata durante il genocidio nell’aprile 1994.

L’Iguifou del 2010. Sono racconti del genocidio. Iguifu o igifu, in ruandese, è il ventre insaziabile che attanaglia i Tutsi in fuga dal massacro, cioè la fame.

Notre dame du Nil del 2012. La scrittrice narra cosa accade in un collegio per giovani tutsi a 2500 metri di altezza in cima a Congo-Nil. È il racconto del preludio al genocidio. Solo quest’ultimo romanzo, vincitore dei premi Renaudot e Ahmdou Kourouma, è stato pubblicato in Italia dalla casa editrice 66thand2and (traduzione dal francese di Stefania Ricciardi).

Come la stessa Scholastique Mukasonga afferma è il genocidio del popolo tutsi che la fece diventare scrittrice. Fu una testimone diretta della tragedia e oltre la madre perse 37 parenti.

«Scrivere è come un modo per dare la dignità di una sepoltura alle vittime del genocidio. Facendo i conti realmente con i meccanismi che l’hanno reso possibile, senza fermarsi a un MAI PIÙ, debole, ridotto a uno slogan»: così ha detto lo scorso 29 gennaio a Milano al Centro Pime nella giornata della memoria.

Leggere cosa ha scritto Scholastique Mukasonga aiuta a capire quella tragedia ma anche a rafforzare il convincimento che la giornata della memoria – come ha detto Moni Ovadia – deve diventare una giornata delle memorie per ricordare tutti i genocidi avvenuti nel secolo breve e sanguinario, l’olocausto del popolo ebraico, quello degli armeni e dei tutsi, il genocidio di oltre un milione di comunisti avvenuto in Indonesia nel 1965.

 

Francesco Cecchini

(da La Bottega del Barbieri, 3 aprile 2014)


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