Per chi, come il sottoscritto, è figlio delle strade ribelli percorse da quello che è stato definito il movimento No Global, la notizia dell'arresto di Luca Casarini è un cazzotto in faccia.
Il primo gennaio 1994 siamo usciti col passamontagna dalla Selva Lacandona in Chiapas per chiedere diritti per gli indigeni. Abbiamo continuato a “camminare domandando” fino ad invadere nel 1999 le strade di Seattle per protestare contro l'Organizzazione Mondiale del Commercio e contro tutte le istituzioni che nessuno ha mai eletto ma che governano il mondo. Attraverso innumerevoli passaggi siamo arrivati nel 2001 a Genova dove abbiamo messo paura ai potenti del G8. Ci siamo riuniti e riconosciuti tra diversi nella stagione dei social forum, abbiamo promosso la democrazia partecipativa ed elaborato strategie alternative a Porto Alegre e abbiamo continuato a camminare per il mondo consapevoli di essere moltitudine.
Oggi che quello slancio sembra esaurito ed ognuno di noi prova solitariamente, nel quotidiano, a mettere in campo i frutti di quell'esperienza per cambiare nel proprio piccolo il mondo, partono le vendette di un sistema infame che è tornato a sentirsi forte.
L'arresto di Luca è l'arresto di tutti noi, è l'arresto di una generazione che ha cercato di rompere le sbarre. Luca paga per le sue battaglie che sono le nostre battaglie, quelle contro la guerra e per la pace, quelle contro l'ingiustizia neoliberista che soffoca il mondo e per la giustizia sociale, che passa anche per il diritto ad avere una casa.
In questi 3 mesi di detenzione Luca, fratello e compagno, non sarai solo. Ci sarà un'intera generazione a condividere il tuo isolamento e a darti forza. Ci sarà un'intera generazione a condividere la rabbia per quella privazione di libertà ingiusta.
Arrestano te ma potrebbero arrestare ognuno di noi. Questo arresto è un riconoscimento. Voglio essere arrestato anche io. Sono anche io colpevole di volere un altro mondo, un mondo in cui non ci sia chi ingrassa e chi muore di fame, un mondo in cui non ci sia chi bombarda e uccide per denaro, un mondo in cui chi ha fame non deve morire in mare nella speranza di trovare da mangiare per i propri figli.
Quelli che guadagnano miliardi avvelenando le persone che si ammalano di tumore non vengono arrestati. Quelli che lucrano sulle guerre non vengono arrestati. Quelli che occupano una casa invece sì. E se combatti davvero le mafie ti accusano di contatti con la criminalità organizzata, mentre i mafiosi fanno i loro porci comodi protetti da un sistema di impunità. Perché la legge non è uguale per tutti, non è mai stata uguale per tutti, a volte la legge è solo vendetta e ingiustizia.
Ma tutto questo è la dimostrazione che hanno paura di noi, noi che abbiamo fatto del dare voce ai senza voce e volto ai senza volto una ragione di vita.
Non ti fermeranno, non ci fermeranno. Perchè la storia non è finita.
Caulonia, 7 giugno 2016
Giovanni Maiolo
Militante per l'altro mondo possibile
DAL PROFILO FACEBOOK DI LUCA CASARINI: Ci siamo. Ho da scontare una condanna a tre mesi di carcere per il reato di occupazione di una casa sfitta da anni dell'Ater di Venezia, la casa a Marghera nella quale ho abitato per una vita. Avevo fatto istanza di affidamento sociale, proponendo un progetto messo a punto con il centro diaconale Valdese di Palermo. Proponevo di rendere utili a qualcuno, oltre che a me, questi tre mesi, nel caso specifico a migranti ospitati nella Casa del Mirto. La questura di Palermo, anzi l'ufficio misure di prevenzione, ha inviato su di me una relazione pessima, che si concludeva con “non si escludono contatti con la criminalità organizzata e non”. Sarà formula di rito nel caso di un pregiudicato come il sottoscritto, ma detta da Palermo mi ha fatto impressione. Qui la criminalità organizzata è una cosa seria, coincide con una montagna di merda. Oggi l'avvocato mi ha informato che la richiesta è stata rigettata, e sono stati disposti gli arresti domiciliari. Dunque a giorni o ore arriveranno i carabinieri e mi metteranno agli arresti a casa. Espresso divieto di comunicare all'esterno, di avere contatti con persone che non siano i miei familiari. Motivazione: sono pieno di condanne e di reati. Ora, i miei 4 anni sono relativi all'attivismo politico e sociale che ho sempre praticato e a violazioni di leggi ingiuste che mille e mille volte rifarei. Bloccherei seduto sui binari ancora una volta quel treno carico di armi per la guerra in Iraq per il quale ho preso un anno di reclusione. Manifesterei contro la fiera del Biotech a Genova ancora con Don Gallo, come allora, anche se mi è costato un altro anno. Disobbedirei ai centri di detenzione per migranti ancora e ancora, come feci a Trieste nonostante l'anno e mezzo di condanna. Occuperei e ristrutturerei con autorecupero come ho fatto con centinaia di altri organizzati nell'Agenzia Sociale per la Casa, altre abitazioni pubbliche tenute vuote e fatiscenti mentre tantissime persone ne hanno bisogno. I quattro anni, adesso questi tre mesi, i fogli di via, la sorveglianza speciale, le espulsioni da Israele, Colombia e Messico, non sono niente. C'è chi sta molto peggio ed è in carcere per le sue idee o perché si è ribellato. Io i reati che mi attribuiscono li ho compiuti, e posso andarne fiero. Ma questi tre mesi avrebbe avuto più senso dedicarli ad altri piuttosto che stare chiusi in casa. Ma evidentemente a questi giudici interessava di più la vendetta che la funzione sociale della pena. Oppure coincidono in una società come la nostra.