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Lidia Menapace. Imola, la festa politica
30 Maggio 2016
 

Nei giorni corsi sono stata in Ancona, a Imola, a Bertinoro per iniziative ben riuscite e interessanti, ma vorrei fermare l'attenzione in particolare su ciò che è successo ad Imola e che spero non sia stato rovinato il secondo giorno dal maltempo, che ho visto essere tremendo mentre ripartivo da Bertinoro per tornare a casa. Alla stazione di Forlì, dove attendevo il treno per andare a Bologna e di là a Bolzano è venuta una grandinata da far paura con chicchi di ghiaccio grossi come acini d'uva, un disastro per la campagna e spero appunto che la Festa di Imola, al suo secondo giorno, non vi sia incappata rovinosamente.

L'ho vista nascere, potrei dire. Infatti arrivata ad Imola dopo un disguido dovuto a incertezze organizzative da parte mia, mi ci sono insediata fin dal mattino, quando tutto era ancora ammucchiato, imballato, da metter su. Un graffito, come si suol chiamare, era tutto da dipingere e ho visto rizzare i pannelli, poi alcuni incominciare a tracciare line e zone di colore, fino a quando nel corso della giornata tutto si è venuto componendo: non avevo mai visto l'esecuzione di quei pannelli. Così pure ho seguito il costruirsi dei vari banchetti di abiti da barattare, gioielli libri vestiti, tutto ciò che si trova di solito nele feste. E un paio di dibattiti molto ben congegnati, di uno sulla Resistenza permanente -direi- facevo parte io pure con la bravissima che parlava dei Curdi e delle Curde.

Ma la cosa che più mi ha colpita era la felicità di bambine e bambini che correvano a zig zag, si intrecciavano, si urtavano, si rotolavano, facevano giravolte e sgambetti agli adulti e alle adulte, si cozzavano con agilità e allegria con innocente caos, mandavano in cielo bandiere e striscioni e li componevano in improvvisate scorribande, insomma siamo restati/e umani per tutta la notte, una meraviglia.

È un inizio di alternativa rivoluzionaria, un avvio di rivoluzione culturale, la riscoperta della dimensione della vita come componente della politica, contro una visione noiosa accademica sacrificale mesta lamentosa dell'agire politico “militante”, sconfitto dall'agire politico attivo. Una goduria!

 

Lidia Menapace


 
 
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