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Alberto Pucciarelli. “Il Villaggio di Gennaro”, ovvero Cooperativa san Giuseppe
01 Maggio 2016
 

Il Villaggio di Gennaro di Maria Lanciotti è il testo teatrale di un atto unico in tre scene e un epilogo, edito da Edizioni Controluce. In questa più recente opera la scrittrice ha ‘fabbricato’ un gioiello a “regola d’arte”, perché è bello e funziona, come ha occasione di dire il protagonista proprio riferendosi all’attività artigianale/artistica. Funziona come contenente e come contenuto. Una struttura drammaturgica agile e briosa veicola un messaggio semplice e serio. C’è infatti un perfetto equilibrio tra la rappresentazione e l’analisi della società e una proposta rivoluzionaria affatto particolare; e alla fine divertimento e riflessione vanno a braccetto senza accorgersene.

Occorre però entrare, sia pure concisamente, nella storia. Gennaro è un artigiano (geometra e mosaicista) che ha un sogno nel cassetto: “… la costituzione di un polo per valorizzare e consolidare l’attività artigianale italiana in tutti i suoi aspetti: dal servizio al pubblico, tramite esposizione e vendita di prodotti artigianali, al deposito, alla consulenza, all’apprendistato, alla copertura previdenziale. Il consorzio è rivolto a fabbri, tornitori, ebanisti, carrozzieri, falegnami, elettricisti …”. Metterebbe in gioco, se solo qualche autorità, o ente, o privato lo ascoltasse minimamente, ogni suo capitale, essenzialmente la casa lasciatagli dai genitori e la sua bottega; ma si vedrà che non ce ne sarebbe bisogno considerati i numerosissimi spazi e immobili pubblici e privati che aspettano di essere riportati in vita. Attorno a Gennaro si muovono con pari dignità e vivacità scenica: Liberata, una conoscente, Romolo, meccanico, suo vicino di bottega, Annetta, l’assistente domiciliare, Aladdin, un venditore ambulante che nel suo Paese era medico diabetologo, Daniele, un cantastorie speciale, Giacomo un ‘compagno’, Michela una ‘compagna’, Don Tonino, il parroco della chiesa madre, Ninita, assistente domestica dello stesso. Tutti sono accomunati da passione umana e voglia di libertà, in particolare quella di realizzare i propri sogni, chi transitoriamente costretto come Aladdin, chi per scelta di vita precisa come lo stesso Gennaro che ha rifiutato di compiacere il padre che lo voleva ingegnere, o Daniele che, già concertista classico, ha fermamente voluto portare la sua arte tra la gente.

Ma Gennaro (e la Lanciotti) non corre dietro ad utopie fumose bensì vuole intervenire sulle disfunzioni di una società squilibrata (in molti sensi) con la sana concretezza di chi non corre dietro alle mode o alle ‘cricche’: “… il mio compito è progettare e realizzare opere funzionanti e concrete. Mica costruisco castelli in aria!”. Anche le note scenografiche e di regia – citazioni, musiche, la televisione in bianco e nero che Gennaro manovra per sentire notizie o togliere l’audio quando il contatto umano è più risolutivo – dimostrano l’attaccamento alla realtà.

È dunque un testo attualissimo che diventa un controcanto ad una politica abituata al dialogo sui massimi sistemi che spesso diventano bolle di sapone, ma fanno sparire per aria tanti soldi. Sembra giunto il tempo di rovesciare la piramide delle priorità: costruire dal basso, con pochi soldi o addirittura a costo zero, una società che crei lavoro possibile, risanando quanto si è trascurato per anni e presti attenzione a chi ha voglia di lavorare e non di speculare. Ciò che si intravvede nella terza scena, nella quale campeggiano un prete ‘pilatesco’ (Don Tonino) e una assistente decisionista (Ninita), e soprattutto nell’epilogo dove la Cooperativa Sacro Cuore appare in funzione e il futuro restauro del coperchio del fonte battesimale simboleggia quasi l’ingresso, attraverso l’umile e prezioso lavoro, di una nuova vita.

L’opera teatrale, densa di spunti ‘fotografici’ della realtà – Maria avverte: Testo teatrale liberamente ispirato a personaggi, luoghi e circostanze reali – e di dialoghi brillanti, è assolutamente pronta per le scene. A condizione che intervengano attori e regista muniti di quello ‘spirito artigianale’ capace di dare o conservare vita alle cose, le quali già nella loro essenza racchiudono un valore da difendere.

 

Alberto Pucciarelli


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