Relazione ai sensi dell’art. 8 del regolamento1
Credo innanzi tutto possa essere di qualche utilità richiamare gli articoli dello Statuto e del Regolamento sulla cui base sono stato eletto dal Consiglio Comunale e che definiscono le mie funzioni, così come riportato nella scheda dedicata ai Garanti nel sito del Ministero della Giustizia: «Attualmente operano Garanti regionali, provinciali e comunali le funzioni dei quali sono definite dai relativi atti istitutivi. Possono visitare senza preavviso gli istituti penitenziari secondo quanto previsto dall’art. 67 lettera 1bis della legge 354/1975 ed effettuano colloqui con i detenuti».2
Dallo Statuto del Comune di Sondrio - Art. 48 bis
Garante per i diritti dei detenuti (o delle persone private della libertà personale)
1. Il Comune istituisce il Garante dei diritti dei detenuti (o delle persone private della libertà personale), al fine di promuovere l’esercizio dei diritti e delle opportunità di partecipazione alla vita civile e di fruizione dei servizi comunali delle persone comunque private della libertà personale o limitate nella libertà di movimento.
2. Il Garante svolge la propria azione di tutela nei confronti delle persone che, nelle condizioni di cui al precedente comma 1, siano domiciliate, residenti o comunque presenti nel territorio del Comune di Sondrio, con riferimento alle competenze dell’Amministrazione e tenendo conto delle particolari condizioni dei soggetti stessi.
3. Le azioni poste in essere per le finalità di cui al precedente comma 1 sono volte a garantire alle persone private della libertà personale il diritto al lavoro, alla formazione, alla crescita culturale, alla tutela della salute, alla cura della persona, anche mediante la pratica di attività formative, culturali e sportive.
4. L’elezione, il funzionamento del Garante ed i profili procedurali riferiti all’attività da esso esercitata sono disciplinati da apposito regolamento.
Regolamento sul Garante dei diritti delle persone limitate nella libertà personale (in attuazione dell’art. 48 dello Statuto)
Art. 1 - Oggetto e principi generali di riferimento
1. Le presenti disposizioni disciplinano l’esercizio delle funzioni del Garante dei diritti delle persone limitate nella libertà personale, i requisiti e le modalità per l’elezione dello stesso ed i profili operativi inerenti la sua attività, in attuazione di quanto previsto dall’art. 48, comma 4°, dello Statuto.
Art. 2 - Funzioni specifiche del Garante, elementi di garanzia ed interazioni operative
1. Il Garante opera per migliorare le condizioni di vita e di inserimento sociale dei soggetti di cui all’art. 48 dello Statuto anche mediante:
a) La promozione di iniziative di sensibilizzazione pubblica sui temi dei diritti umani e dell’umanizzazione delle pene delle persone comunque limitate nella libertà personale.
b) La promozione di iniziative volte ad affermare per le persone limitate nella libertà personale il pieno esercizio dei diritti di cui all’art. 48 dello Statuto, comportanti relazioni ed interazioni operative anche con altri soggetti pubblici competenti in materia.
2. Il Garante svolge le sue funzioni anche attraverso intese ed accordi con l’Amministrazione e la Polizia Penitenziaria, volti a consentire una migliore conoscenza delle condizioni delle persone limitate nella libertà personale, mediante visite ai luoghi ove esse si trovino, nonché con associazioni ed organismi operanti per la tutela dei diritti della persona, stipulando a tal fine anche convenzioni specifiche.
3. Il Garante promuove inoltre l’esercizio dei diritti e delle opportunità di partecipazione alla vita civile e di fruizione dei servizi comunali delle persone comunque limitate nella libertà personale domiciliate, residenti o dimoranti nel territorio del Comune di Sondrio, con particolare riferimento ai diritti fondamentali, al lavoro, alla formazione, alla cultura, all’assistenza, alla tutela della salute e allo sport, per quanto nelle attribuzioni e nelle competenze del Comune medesimo, tenendo altresì conto della loro condizione di restrizione; il tutto in un’ottica di recupero e di reinserimento sociale.
4. Il Garante svolge la sua attività in piena libertà ed indipendenza e non è sottoposto ad alcuna forma di controllo gerarchico e funzionale.
È sulla base di questi atti che ho sempre ritenuto di esercitare correttamente la mia funzione interpretandola come una forma di collegamento tra la società esterna e l'Istituto penitenziario, con chi ci vive e con chi vi lavora. Così ho fatto nei quattro anni del primo mandato, così ho riferito nelle mie relazioni e negli interventi in Consiglio e nelle Commissioni Comunali.
Per questo ho effettuato sistematici e liberi colloqui con i detenuti, comunicando previamente il giorno del mio ingresso. Ciò ha consentito, innanzi tutto, di raccogliere una serie molto variegata di richieste e di bisogni (che ho sinteticamente indicato nelle mie relazioni) per la maggior parte - può essere opportuno sottolineare - inerenti non a problemi interni alla struttura detentiva, quanto a relazioni con soggetti esterni che il detenuto, per la sua condizione di restrizione, spesso ha difficoltà (o impossibilità) ad intrattenere. A titolo di esempio: pratiche di patronato, rapporti con gli avvocati, effettuazione di atti giuridici, rapporti con i Servizi sociali, a volte anche con i familiari (spesso lontani).
Questa relazione - ed il suo libero svolgimento - non possono essere interrotti, limitati o coartati, pena lo svuotamento della funzione del Garante. Oltre a garantire il fondamentale diritto del detenuto di interloquire liberamente col Garante (diritto riconosciuto dall'inserimento, operato dalla legge 21 febbraio 2014 n. 10, del Garante tra i soggetti destinatari di reclami “orali o scritti” da parte dei detenuti, come sottolineato dall'Ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Perugia),3 rappresentano per il Garante stesso il fondamentale strumento di diretta conoscenza della realtà, dei problemi e del “clima” dell'Istituto. Aspetti che, come ben sa chiunque abbia a che fare col carcere, possono essere estremamente mutevoli.
Sull'altro versante, quello della comunità esterna, l'azione del Garante si è sostanziata in numerose iniziative pubbliche di sensibilizzazione, in percorsi nelle scuole (con una forte valenza anche di prevenzione) e nella creazione di una rete di contatti (istituzionali e non) volti a favorire ed aumentare tutte quelle iniziative atte a potenziare le attività formative, ricreative e lavorative che possano offrire ai detenuti strumenti per migliorare le proprie possibilità di reinserimento, creando anche le condizioni per metterli in grado di fruire più facilmente delle misure alternative. Vorrei, a questo proposito, ricordare la complessa attività che ha consentito di giungere, nel maggio del 2014, alla stipulazione di un Protocollo d'intesa tra il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria e la Amministrazione Provinciale.4 Questo ha permesso di progettare, finanziare ed effettuare un intervento di manutenzione straordinaria del complesso edilizio della Casa Circondariale di Sondrio, riqualificandone ed adeguandone gli spazi in modo da ricavare due nuove aule/laboratori da destinare ad attività formative e produttive, superando così, almeno in parte, quella ristrettezza degli spazi che era sempre stata individuata come il principale ostacolo alla realizzazione di attività formative, professionalizzanti e lavorative che, a loro volta, rappresentano l'indispensabile premessa per l'avvio di quei percorsi individualizzati orientati al reinserimento5 e capaci di prevenire la recidiva6 che soli possono soddisfare al dettato costituzionale7 ed insieme garantire la sicurezza della società.
È per altro evidente che tale attività può dare dei frutti solo a condizione che vi sia un dialogo aperto e costruttivo con la Direzione dell'Istituto. A questo riguardo mi preme ricordare come in passato sia stata da me ripetutamente denunciata – anche agli stessi vertici dell’Amministrazione Penitenziaria – la mancanza di un Direttore stabile e residente, evidenziandone gli effetti negativi. Riporto, ad esempio, quanto scrissi nella relazione del 2013:
«Va (...) sottolineato che la Casa Circondariale di Sondrio è da lunghissimo tempo priva di un Direttore residente, essendo affidata in reggenza al Direttore di altro carcere (...). Tale situazione non è priva di conseguenze. La funzione del Direttore, in una realtà multiforme e complessa come quella carceraria, svolge un fondamentale ruolo di baricentro e mediazione tra le molteplici istanze delle differenti componenti: Polizia Penitenziaria, Area educativa, detenuti, familiari, operatori sanitari, volontari e tutte le altre persone che, a vario titolo, svolgono la loro attività in carcere. Se tale punto di equilibrio si sposta e si indebolisce (...) e la conduzione del carcere viene ad essere, nella sostanza, affidata al Comandante della Polizia Penitenziaria, si ha un inevitabile slittamento verso una logica custodiale, di contenimento, a detrimento di quella funzione rieducativa che dovrebbe essere il fine della detenzione (Art. 27 Costituzione, artt. 1, 15 Ordinamento Penitenziario, artt. 41, 42 Regolamento di esecuzione)».
Ricordo ciò al fine di sottolineare quanto tenga al rispetto dei ruoli e delle prerogative e come ritenga importante che il Garante, nel suo ruolo, non si sovrapponga in alcun modo al Direttore, ma possa intrattenere con l'Istituzione nel suo complesso un rapporto di leale e fattiva collaborazione, affinché si possa congiuntamente operare per potenziare le opportunità dei detenuti e favorire così il loro positivo reinserimento, abbassando la recidiva e migliorando il livello di sicurezza del territorio.
Devo purtroppo rilevare che, malgrado questa mia convinzione, nel corso del 2015 l’arrivo di un Direttore stabile non è coinciso né con un miglioramento dell’attività del Garante, né con un rafforzamento delle relazioni istituzionali.
1. I colloqui coi detenuti. Mentre per anni ho effettuato incontri quindicinali (in date concordate), in ognuno dei quali parlavo con 10-12 persone, sì che in 2-3 mesi avevo modo di conoscere tutti i detenuti e farmi così un’idea precisa, articolata e diretta dell’andamento e dei problemi della Casa Circondariale, ora il numero dei colloqui si è drasticamente ridotto fino, praticamente, ad azzerarsi. Dopo che il 26 ottobre ho ricevuto una mail dell'Educatrice che mi comunicava «d'ordine del Direttore» «non essere emerse problematiche da sottoporre alla mia attenzione», per più di tre mesi non mi sono pervenute richieste di colloquio. Solo il 29 febbraio ho parlato con un detenuto che aveva chiesto di incontrarmi.
Questo improvviso e drastico cambiamento ha coinciso con l’imposizione di nuove regole. La Direzione pretende che le richieste di colloquio avanzate dai detenuti vengano motivate, sì da conoscere gli argomenti che intendono trattare. Può essere che il dover dichiarare i motivi per cui chiedono il colloquio scoraggi: non sempre il detenuto desidera far sapere a tutto il personale l'argomento di cui vuole parlare con il Garante. E questo anche se gli argomenti non riguardano problemi interni. Ci sono questioni delicate sulle quali si desidera riservatezza. Qui si tocca un nodo fondamentale. I detenuti vedono nel Garante - a mio avviso a ragione - un ponte con l'esterno ed una persona con la quale, proprio perché non è parte dell'istituzione, si possono rapportare “alla pari”, da persona a persona. L'intromissione della Direzione e della Polizia Penitenziaria snatura questa relazione, tanto da arrivare, in certi casi, ad impedirla. Inoltre il “filtro” esercitato dalla Direttrice stessa blocca la possibilità di colloquio se la Direzione ritiene (ma con quale legittimità?) che la motivazione sia “impropria”. Non toccherebbe al Garante stabilire quali richieste possono essere confacenti al suo ruolo?
In precedenza i colloqui avvenivano in un locale all'interno della sezione. Questo li rendeva più agili e diretti; metteva tutti i detenuti - ed in particolare gli stranieri - nella condizione di rendersi agevolmente conto di persona della esistenza e della funzione del Garante (non sempre per tutti facilmente comprensibile) e dava la possibilità di cogliere il “clima” all'interno dell'Istituto. Ora sono stati spostati in altri locali e la richiesta di ripristinare la prassi precedente sulla base della circolare n. 3622/6072, che suggerisce di «non modificare in pejus le prassi già instaurate secondo cui i colloqui si svolgevano nelle sezioni», ha avuto risposta negativa.
Così, mentre sono riuscito a seguire - in alcuni casi con buoni risultati - i problemi di detenuti provenienti dal nostro territorio ma reclusi in altri Istituti, si è praticamente interrotto il rapporto con quanti si trovano ristretti in quello di mia più stretta competenza.
2. Anche l’attività da tempo intrapresa di creazione di una rete di contatti volti a favorire ed incrementare le iniziative atte a potenziare le attività formative e lavorative per offrire ai detenuti strumenti per migliorare le proprie possibilità di reinserimento, ha dovuto venire sospesa. Il laboratorio di informatica (esplicitamente previsto dal Protocollo di intesa tra Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria ed Amministrazione Provinciale) non è stato allestito ed il relativo corso è stato annullato, nonostante una precisa richiesta dei detenuti ed ignorando le disposizioni della recente circolare ministeriale (0366755 - 02/11/2015: «L'utilizzo degli strumenti informatici da parte dei detenuti appare oggi un indispensabile elemento di crescita personale ed un efficace strumento di sviluppo di percorsi trattamentali»).8 Una seconda aula-laboratorio, sempre realizzata con il contributo dell'Amministrazione Provinciale, è, per quanto ne so, a tutt'oggi inutilizzata ed il promettente processo di coinvolgimento dell'Associazione Artigiani con cui si stavano studiando concrete possibilità di avviare attività produttive con valenza formativa e professionalizzante si è interrotto. È stato così chiuso un lavoro di relazione (delicato e non facile) di anni.
3. Le attività di informazione e sensibilizzazione svolte all'esterno (in incontri pubblici e nelle scuole) sono proseguite, ma in modo del tutto separato da quanto parallelamente condotto dalla Direzione e senza alcuna ricaduta all’interno dell’Istituto, risultando così, almeno parzialmente, svuotate di efficacia. Il percorso di Educazione alla legalità, avviato da anni con alunni ed insegnati del Liceo “Piazzi - Perpenti”, viene svolto (contrariamente a quanto avveniva in precedenza) con interventi totalmente disgiunti della Direttrice e del Garante, tanto che quest’ultimo preparerà ed accompagnerà i due gruppi che effettueranno le visite negli Istituti di Bollate e di San Vittore, ma non quello che visiterà la Casa Circondariale di Sondrio.
Alla luce dei dati sopra esposti, sono quindi costretto a segnalare come, dal momento dell'assunzione della Direzione della Casa Circondariale di Sondrio da parte della dott.ssa Stefania Mussio, l’attività del Garante abbia subito una radicale battuta d’arresto proprio in quello che rappresenta il suo nucleo essenziale: gli interventi in e per il carcere, il che fa emergere con assoluta chiarezza due problemi simmetrici, strettamente correlati. Da un lato l'ampiezza e la estrema discrezionalità dei poteri dei Direttori, dall'altro l'inadeguata tutela del ruolo e delle prerogative dei Garanti dei diritti delle persone detenute. E questo proprio nel momento in cui Parlamento e Governo sono impegnati in un profondo processo di analisi e riflessione, volto a realizzare una radicale revisione dell'Ordinamento Penitenziario nella organizzazione e scansione della vita detentiva e nella relazione tra carcere e società esterna. Tale processo, che si è fin qui concretizzato nella elaborazione degli Stati Generali dell'esecuzione penale9 articolati in 18 gruppi di esperti (“Tavoli”), ha posto in luce, in modo particolare, la necessità di incrementare i rapporti con l'esterno (Enti Locali, Soggetti produttivi, Volontariato organizzato, Scuole), superando l'autoreferenzialità e potenziando tutti i canali di comunicazione tra interno ed esterno: «se la pena deve tendere al reinserimento (...) la responsabilità della progettazione e della realizzazione di tali percorsi non è prerogativa della sola Amministrazione penitenziaria, ma deve essere posta a carico di tutti gli attori sociali (pubblici e privati) che operano sul territorio».10
Mentre a livello nazionale ci si muove in questa direzione, che presuppone un pieno riconoscimento della funzione dei Garanti ed un loro maggiore coinvolgimento nell'organizzazione degli Istituti e nello svolgimento della vita detentiva,11 sul piano locale - in assoluta controtendenza - il ruolo del Garante comunale viene svuotato e svilito, fino a vanificarlo.
Ciò induce ad una riflessione: se l'istituzione del Garante è stata determinata dalla consapevolezza della necessità che l'Istituzione Penitenziaria uscisse da un isolamento e da una impenetrabilità assolutamente incompatibili con un assetto democratico e costituzionale, occorre che, da un lato, il potere del Direttore venga riportato a forme di confronto, dialogo e mediazione con espressioni rappresentative della società esterna (come è, appunto, il Garante). D'altro lato si richiede che il Garante possa esercitare le proprie prerogative nella maniera più libera. Altrimenti si cade nell'assurdo (che è esattamente quanto sto sperimentando) che il ruolo del Garante può esercitarsi in maniera incisiva e costruttiva solo se trova nel Direttore del momento disponibilità al dialogo ed alla collaborazione, venendo, invece, a vanificarsi laddove (per una sostituzione o per altro) si trovi di fronte ad un Direttore che tende ad esercitare la propria carica in maniera autoritaria ed autoreferenziale. Cioè: la funzione del Garante si riduce fino ad annullarsi proprio nelle situazioni in cui sarebbe più necessaria e per contrastare le quali è stata pensata.
Considero questo situazione penalizzante per il ruolo del Garante e nociva per la realizzazione di alcuni fondamentali diritti dei detenuti. Quello al lavoro o alla formazione, ad esempio, non possono venir tutelati esclusivamente dall'iniziativa del Direttore. Come ho più volte sottolineato in varie sedi, sono profondamente convinto che vada costruito qualcosa di nuovo, perché quello che c'è non è sufficiente. E questo richiede una ampia e stretta cooperazione proprio tra l'Istituzione Penitenziaria ed il Garante, che non è solo “autorità di controllo” ma anche espressione e canale di comunicazione con la società esterna. Occorre che tra Direttore e Garante si instauri e mantenga un rapporto di collaborazione.
In concreto, affinché il ruolo e la funzione del Garante possano venire esercitati in maniera efficace e significativa, a mio avviso occorre stabilire in maniera chiara:
1. Che il Garante abbia la facoltà di incontrare i detenuti, sia singolarmente sia in gruppo, senza alcun filtro, restrizione o controllo. A tal fine gli incontri devono avvenire in sezione, dove il Garante deve poter accedere liberamente. Non deve essere esercitata, da parte della Direzione, dell'Educatore o della Sorveglianza, alcuna forma di valutazione preventiva dei motivi della richiesta di colloquio avanzata dai detenuti. Allo scopo di non creare intralci all'attività dell'Istituto, le date dei colloqui verranno, di norma, concordate, salvo casi di particolare gravità o urgenza;
2. Che sia, parimenti, riconosciuta al Garante la facoltà di interlocuzione con tutto il personale delle diverse Aree; condizione imprescindibile per consentire conoscenza e comprensione reciproche, una maggiore consapevolezza dei problemi ed un'efficace interazione e collaborazione;
3. Deve essere, altresì, consentito al Garante libero accesso a tutti gli spazi e gli uffici dell'Istituto, ed in primo luogo all'Ufficio Matricola, essenziale per la conoscenza della situazione e dell'andamento delle pratiche sulle quali i detenuti chiedono la sua assistenza;
4. Che sia riconosciuto al Garante il ruolo di rappresentante ufficiale dell'Amministrazione che l'ha eletto e, per suo tramite, della Comunità esterna, sì che vengano concordate con lui le iniziative volte a sensibilizzarle, informarle e coinvolgerle;
5. Che il Garante sia attivamente coinvolto in ordine alle proposte formative, educative e ricreative da rivolgere ai detenuti. Questo in quanto il ruolo del Garante consiste nell'agire efficacemente per la tutela dei diritti delle persone detenute ed in quanto questo comporta (come ripetutamente denunciato dalla Corte Europea dei Diritti Umani ed ampiamente riconosciuto dalla stessa Amministrazione Penitenziaria) la realizzazione ed il potenziamento di molteplici e variamente articolate iniziative - in gran parte da attivare ex novo, essendo l'attuale situazione gravemente carente - volte a rendere concretamente agibili diritti quali la formazione, lo studio, il lavoro ed a creare le condizioni che consentano di attuare percorsi individualizzati realmente orientati al reinserimento.
Queste esigenze risultano, per altro, riconosciute nel Protocollo d'Intesa tra Provveditorato Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria ed i Garanti della Lombardia, sottoscritto il 1° marzo di quest'anno allo scopo di «realizzare la più ampia collaborazione finalizzata alla tutela dei diritti dei detenuti e al miglioramento degli standard di qualità della vita e il rispetto della legalità negli Istituti penitenziari della Regione Lombardia».12 Nell'art. 1 «si precisa che: le richieste di colloquio con il Garante non dovranno essere necessariamente motivate; le Direzioni non dovranno effettuare alcuna operazione di filtro sulle istanze che verranno prodotte dai ristretti». All'art. 2 viene affermato che «il Garante potrà effettuare colloqui individuali anche contestualmente alla visita» e che «sia nel corso delle visite sia in altri momenti in cui ne ravvisi l'opportunità, il Garante avrà facoltà di interlocuzione con il personale delle diverse aree». L'art. 4 stabilisce che «le Direzioni degli Istituti si impegnano a richiedere ai Garanti l'opportuna sensibilizzazione e l'attiva collaborazione degli Enti di cui sono espressione». L'art. 5, dopo aver ribadito il «ruolo di interlocutori dell'Amministrazione Penitenziaria» rispetto agli Enti Locali svolto dai Garanti, prescrive: «le Direzioni si impegnano a coinvolgere attivamente il Garante in ordine alle proposte formative, educative e ricreative da rivolgere ai detenuti, in vista della realizzazione e del potenziamento delle iniziative volte a creare le condizioni che consentono di attuare percorsi individualizzati orientati al reinserimento».
Ritengo che Consiglio ed Amministrazione Comunale, che hanno istituto la figura del Garante dei diritti delle persone limitate nella libertà, possano e debbano parimenti intervenire per far sì che la sua funzione venga adeguatamente riconosciuta ed esercitata nella sua pienezza.
Sondrio, 9 marzo 2016
Francesco Racchetti
Garante dei diritti delle persone limitate nella libertà
1 «Il Garante presenta al Consiglio Comunale, entro il 31 marzo di ogni anno, la relazione sull’attività svolta nell’anno precedente, segnalando con la stessa eventuali disfunzioni riscontrate e formulando eventuali proposte per la loro soluzione».
2 Ministero della Giustizia. .
3 Art. 35 Ordinamento Penitenziario. Cfr. Allegato 1 (tutti gli allegati vengono omessi in questa sede, ndr)
4 Cfr. Allegato 2
5 Art. 1 c. 6 Ordinamento Penitenziario: «Nei confronti dei condannati (...) deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale d2. strumento di sviluppo di percorsi trattamentaliegli stessi. Il trattamento è attuato secondo un criterio di individualizzazione (...)».
6 Che in Come intervengono i garanti diritti dei detenutiItalia è più del 68%, una delle più alte in Europa, ma scende sotto il 5% per chi, nella fase dell'esecuzione, abbia avuto un inserimento lavorativo.
7 Art. 27 c.2: «Le pene (...) devono tendere alla rieducazione del condannato».
8 Cfr. allegato 3. Vale la pena di sottolineare, a questo riguardo, come sia stata particolarmente evidenziata, nei recenti lavori degli Stati Generali sull’esecuzione penale, l'esigenza di fornire alle persone detenute un'adeguata formazione informatica (indispensabile per non aggravare ulteriormente l'esclusione e l'emarginazione da cui la maggioranza proviene e per non rendere ancora più difficile il loro reinserimento) e quanto sia stato caldeggiato l'uso delle tecnologie, tra cui e-mail e Skype, per comunicare con famiglie ed avvocati.
9 Cfr. allegato 4
10 Tavolo 17: Processo di reinserimento e presa in carico territoriale. Cfr. allegato 5
11 Si riporta, a mo’ di esempio, la Lettera del Provveditore Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria del Lazio al presidente della Regione per sollecitare la nomina del Garante per le persone sottoposte a limitazione della libertà personale. Cfr. allegato 6
12 Cfr. allegato 7