Questo anticipo di primavera interrotto mi fa pensare ai sogni rubati con la violenza, a quelle speranze di un’umanità in cerca di pace, di un’armonia autentica tra le persone, di una giustizia sociale. Sogni distrutti in nome del potere e di una dilagante demagogia.
Quei canti di libertà soffocati nel sangue spezzano il cuore, ma guardando i giovani che come usignoli scendevano e continuano a scendere a petto nudo nelle piazze, armati soli delle proprie voci e del proprio desiderio di libertà, qualche barlume di speranza sembra farsi strada.
La primavera non può cancellare quasi mezzo secolo di oscurità. Serviranno molte albe e molti tramonti, tanti giorni che si rincorreranno sui calendari appesi a pareti che continuano a crollare. La strada è in salita, i germogli fioriscono solo schiudendosi, i frutti maturano solo quando i petali danzano a terra cullati dal vento.
La Siria è piena di germogli e quando splende il sole, o quando la luna rischiara il cielo, anche coperta di macerie, la Siria è bellissima. Adornata dei vessilli di libertà che rendono omaggio a chi, in nome della libertà, è caduto come un fiore ancora chiuso.
Perdere il proprio sogno è come sopravvivere a una persona cara, è come essere morsi al petto e vedersi strappare strati di pelle e carne; la ferita non si richiude e continua a bruciare. Ma le persone che amiamo continuano a vivere dentro di noi e intorno a noi, proprio come il sogno di libertà, che sarà vivo finché avremo respiro.
E mentre scrivo queste parole vedo sorridere quelle schiere di giovani che non ci sono più, e tra loro anche il mio angelo che ha la luce nel suo nome perché lei stessa era luce…
Asmae Dachan
(da Diario di Siria, 10 marzo 2016)