Sia in lingua araba, che in italiano, la parola libertà è femminile. Non è un caso; è un messaggio, un segno. Oggi, che in molti Paesi del mondo si celebra la festa della donna, voglio dedicare una riflessione a tutte le donne che lottano e vivono in nome della libertà.
A quelle donne che non cedono a compromessi e affrontano i percorsi tortuosi e in salita a testa alta. A quelle donne che sanno trasmettere amore e altruismo anche nei contesti più ostili. A quelle donne i cui pianti soffocati fanno da ninnananna a orfani indifesi. A quelle donne che anche sotto le bombe riescono a dare la vita. A quelle donne che con le loro piccole mani spostano gli ostacoli più grandi, quelli della mente e del cuore. A quelle donne che ti guardano negli occhi e ti raccontano il viaggio complesso, sofferto, ma anche felice del vivere quotidiano. A quelle donne che trasformano il loro dolore in ricerca di armonia e il loro disagio in opportunità.
Ho conosciuto donne dalla forza straordinaria nella mia vita e ognuna di loro mi ha insegnato molto. Parlano tutte con un tono di voce delicato, ma le loro parole hanno più forza del fragore delle armi. Bisogna solo imparare ad ascoltarle. Io credo che il cambiamento di cui oggi ha bisogno il mondo passi proprio attraverso lo sguardo e l’impegno femminile. Dobbiamo riprenderci gli spazi di confronto e dialogo che nessuno ha il diritto di negarci. Dobbiamo difendere la nostra dignità umana, religiosa e lavorativa ad ogni costo. Possiamo farlo solo insieme, condividendo il senso più profondo della parola libertà.
Asmae Dachan
(da Diario di Siria, 8 marzo 2016)