Firenze – Il 22 febbraio Telecom ha pubblicizzato su alcuni quotidiani il raddoppio delle tariffe per la telefonia fissa; raddoppio che -in una realtà media- è un quadruplicamento. A partire dal 1° aprile 2016 il costo di ogni chiamata dal telefono di casa – se non si ha un piano a forfait – aumenterà da 10 a 20 cent al minuto con uno scatto alla risposta pari a 20 cent. Si parla di circa 700 mila utenze, per le quali fare una telefonata di un minuto costerà quattro volte di più: mentre prima costava 10 cent, ora costerà infatti 40 cent (20 + 20).
Il precedente
Potremmo definirlo un “vizietto” della Telecom, e forse non è un caso che l'annuncio abbia preceduto di pochi giorni il comunicato stampa con cui l'Agcom annuncia di aver condannato Telecom a pagare una multa di 2 milioni di euro per una condotta simile, che risale all'anno scorso.
Nel 2015 infatti Telecom ha trasferito automaticamente quasi tutti i suoi clienti di linea fissa da tariffa a consumo (costo 18,54 euro al mese per il canone più 10 cent al minuto di conversazione) all'opzione tariffaria a forfait “Tutto Voce" (29 euro al mese per chiamate illimitate), così obbligandoli a pagare 10 euro in più al mese.
Una “manovra” che ha riguardato circa 5,2 milioni di utenze, e contro la quale il Garante intervenne diffidando Telecom al rispetto delle norme in materia di modifica delle condizioni contrattuali e di servizio universale, violata per due motivi:
- l'informazione resa agli utenti sulla modifica contrattuale fu giudicata non esaustiva né trasparente;
- la modifica tariffaria avrebbe danneggiato i clienti più deboli, prevalentemente persone anziane che sono meno attente alle comunicazioni commerciali e che solitamente non fanno molte telefonate e non sono interessate a “pacchetti” tariffari.
Telecom decise di procedere comunque al cambio tariffario, limitandosi a dare più tempo ai consumatori per recedere.
Come statuito dal Garante, Telecom ha violato le norme sul servizio universale e sulle modifiche contrattuali poiché «il passaggio forzoso all'offerta flat “Tutto Voce” ha prodotto effetti negativi sui livelli di spesa mensile di un numero molto consistente di utenti che in precedenza fruivano solo eventualmente del servizio telefonico e con una tariffazione a consumo. Di dimensioni rilevanti il pregiudizio economico da essi subiti e il conseguente vantaggio di Telecom Italia».
Oggi Telecom si ripete, segno evidente che 2 milioni di multa sono un importo insignificante rispetto al guadagno possibile.
La violazione delle norme sulle modifiche contrattuali
Le condizioni contrattuali – anche economiche – possono essere modificate dal gestore (se previste dal contratto, e non caso in quello di Telecom ciò è previsto), dando ai clienti un preavviso di almeno 30 giorni. Entro la data di entrata in vigore delle modifiche, il cliente potrà recedere dal contratto (anche passando ad altro operatore) senza dover pagare alcuna penale e senza costi di disattivazione a suo carico. Se non recede, il contratto proseguirà alle nuove condizioni.
È fondamentale quindi che i clienti siano avvisati in modo idoneo, chiaro e ben percepibile e l'Agcom ha dettato precise regole sugli avvisi da dare alla clientela (Delibera AGCOM n. 519/15/CONS):
- la comunicazione deve essere separata dalle altre comunicazioni commerciali, e deve avere un'intestazione simile a questa: «COMUNICAZIONE IMPORTANTE: MODIFICA DELLE CONDIZIONI DEL CONTRATTO»;
- nella comunicazione deve esserci scritto: «Hai diritto entro il (gg.mm) di recedere dal contratto, o di passare ad altro operatore, senza penali»;
- il gestore deve affiggere appositi avvisi nei propri punti vendita;
- la comunicazione della variazione delle condizioni di contratto deve essere riportata sulla HomePage del sito Internet del gestore.
L'ultima prescrizione è ad oggi sicuramente violata, poiché nella HomePage del sito della TIM/Telecom non ce n'è traccia.
La violazione degli obblighi di servizio universale e la rappresaglia di Telecom
Quei 700.000 utenti ai quali verranno aumentate le tariffe (così come i 5 milioni e 200 mila dell'operazione illegittima dell'anno scorso), sono clienti di “fascia bassa” che spendono poco. In linea di massima si tratta di persone anziane e famiglie di basso reddito. “Fasce deboli”, prime destinatarie del cosiddetto “servizio universale” che Telecom Italia Spa (ex Sip) deve garantire. L'art. 53 del Codice delle comunicazioni elettroniche stabilisce infatti che sul territorio nazionale tutti gli utenti, a prescindere dalla loro ubicazione geografica, devono poter fruire di determinati servizi di comunicazioni elettroniche ad un livello qualitativo prestabilito e a costi accessibili.
Il nodo è proprio lì, ed è – nemmeno a dirlo – economico. Perché i costi sostenuti da Telecom per garantire il servizio universale devono essere vagliati dall'Agcom, che ogni anno verifica se la fornitura del servizio universale comporta per Telecom oneri ingiustificati (calcolando il costo netto degli obblighi del servizio universale, cioè la differenza tra i costi sostenuti da Telecom Italia per fornire il servizio universale ed i costi netti sostenuti dalla stessa nel caso in cui non fosse soggetta a tali obblighi; in questo computo vanno considerati anche i vantaggi, tangibili e non, che derivano a Telecom dal fatto di essere il soggetto che fornisce il servizio universale).
Se il saldo complessivo è passivo, l'Agcom impone la ripartizione di questi costi fra tutte le imprese che gestiscono e usufruiscono delle reti pubbliche di comunicazione e fra le imprese di telefonia mobile. Per l'anno 2007 Telecom Italia aveva chiesto la rifusione di oltre 32 milioni di euro, ma l'Autorità ha ritenuto che non vi fossero oneri ingiustificati e quindi non ha riconosciuto a Telecom alcun compenso economico.
Da qui la rappresaglia di Telecom, che di fatto le somme richieste se le riprende – con lauti interessi – dagli utenti del servizio universale.
Abbiamo quindi denunciato la condotta della Telecom Italia Spa all'Autorità per la garanzia nelle comunicazioni affinchè provveda per quanto di sua competenza.
I consigli per i consumatori
Il nostro consiglio per i clienti di rete fissa a consumo Telecom è, a prescindere dall'eventuale intervento dell'Agcom nella vicenda, di decidere entro il 30 marzo 2016 se accettare o meno la modifica e, nel caso di non accettazione, formalizzare l'esercizio del diritto di recesso (anche in caso di passaggio ad altro operatore) dandone comunicazione a Telecom con raccomandata AR o pec.
In caso di mancata ottemperanza da parte di Telecom, o di addebito di penali o costi di disattivazione, contestare l'accaduto con raccomandata AR o pec di messa in mora.
In caso si sia ricevuta la comunicazione sulle modifiche contrattuali successivamente al 2 marzo 2016, o non sia stata ricevuta affatto, occorre fare una segnalazione all'Agcom.
Emmanuela Bertucci, legale Aduc