Firenze, 2 Marzo 2016 – È notizia di oggi, che sarebbe quasi pronta la bozza di decreto attuativo del canone Rai in bolletta.
Un punto in particolare desta forti perplessità, sul quale chiediamo al Ministero dello sviluppo economico di correggere il tiro ed evitare di danneggiare i consumatori/contribuenti favorendo abnormemente le società elettriche.
Si apprende infatti che, se l'utente/contribuente effettua un pagamento parziale della bolletta, le somme pagate andranno a soddisfare con priorità la quota per l'energia elettrica, e quindi che la morosità vada a incidere sul canone, con le immaginabili conseguenze per il contribuente (Equitalia e cartelle esattoriali).
È fatta salva la possibilità per l'utente di imputare il pagamento al canone Rai anziché alla bolletta.
Esemplificando, se su una bolletta di 100 euro ne pago solo 80, e voglio che questo pagamento copra il canone, dovrò inviare alla società elettrica una comunicazione formale di imputazione del pagamento: “Caro gestore, di questi 80 euro 20 devono coprire il canone, il resto è per te”, in buona sostanza.
Se ogni pagamento parziale non è accompagnato da tale comunicazione, le somme andranno al gestore e risulterò moroso per il pagamento del canone Rai.
Un enorme – o meglio abnorme – regalo alle compagnie elettriche da parte del Governo (forse parte del “pagamento indiretto” dei servizi di riscossione?): una netta diminuzione delle morosità nel rapporto contrattuale utilizzando come leva un tributo.
Ricordiamo che in questo periodo di grave crisi economica tante famiglie si trovano costrette a effettuare pagamenti parziali delle bollette, accollandosi poi le morosità verso le compagnie elettriche. Ma una cosa è una ordinaria morosità in un rapporto privato contrattuale, tutt'altra cosa è una morosità erariale (iscrizione a ruolo, Equitalia, fermo amministrativo dei veicoli ecc. ecc.).
In pratica il governo ostacola il contribuente che vuole pagare l'imposta, imponendogli di comunicare l'imputazione di pagamento, dunque di attivarsi inviando al gestore una raccomandata AR (euro 5,45).
Tutto ciò è illogico e costituzionalmente illegittimo. La Costituzione italiana all'art. 53 prevede che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il nostro sistema tributario si fonda sui principi generali della capacità contributiva, della proporzionalità della partecipazione del singolo alla spesa pubblica e – soprattutto – della indisponibilità dei crediti tributari. Pagare le tasse (imposte in questo caso) è un dovere del cittadino e un provvedimento ministeriale non può impedire – come parrebbe fare la bozza di decreto – al contribuente che vuole pagare le tasse di farlo, subordinando il pagamento di queste tasse al pagamento di un credito privato.
I crediti/debiti tributari sono indisponibili sia per il cittadino che per lo Stato, il che vuol dire che nessuno dei due può fare accordi (contrattuali o regolamentari) per disporne (stralciandoli, diminuendoli, modificandoli) e i provvedimenti di conciliazione, accertamento con adesione e affini devono essere motivati, e tali motivazioni possono essere oggetto di vaglio e verifica da parte della Corte dei Conti.
Né lo Stato può, con un decreto ministeriale, rinunciare indirettamente ad un credito fiscale decidendo di riscuoterlo solo subordinatamente alla soddisfazione, in prelazione, di un credito privato da parte di una società onerando il contribuente di ulteriori attività (non solo chi non ha la tv deve inviare l'autocertificazione, ma chi non può pagare l'intera bolletta deve comunicare cosa paga).
Se per un intero anno ho difficoltà a pagare la bolletta, alla fine dell'anno avrò pagato 100 euro di canone più euro 27,25 per cinque raccomandate AR, una per ogni bolletta. Un buon affare per Poste italiane.
Emmanuela Bertucci, legale Aduc