Addio a Umberto Eco, l'uomo che sapeva tutto: così ha titolato la Repubblica on line di sabato 20 febbraio 2016.
Io mi limito con: Eco nel vento.
È stato colui che ha venduto più di quaranta milioni di copie de Il nome della rosa, ovvero il titolo italiano narrato nel mondo. Il vento narra in sumero ‘titolo’: con ‘ti, vita, tu15, vento, lu, soggetto’.
Ma è anche l’autore de La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, col soffio divino che abbatte la torre di Babele in copertina.
Adesso, che è nel vento, io provo a considerare il suo cognome sperando che prevalga il significato letterario di ‘riconosco (ku) il cuore (e)’ e si perda nel vento, invece: ‘riconosco (ku) la casa’ d’origine del battito. Io riconosco il cuore di Um-ber-tu: ha il vento dello Spirito (-tu15), che ‘spezza’ (-ber-), il nodo (um-), nella parola, la narra, ma non riesce a capirne completamente il senso.
Nego che la torre di Babele sia solo un mito; è, anche (gis) mitum(2) l’arma divina che ha distrutto la torre dell’orgoglio a bab.il, ‘porta (di) Dio’. Soprattutto, nego che la rosa sia solo un fiore, il più venduto nella borsa telematica di Amsterdam, ed anche tutte le altre cose osservate dal narratore, solo.
RU.SHA è il top del sacro sumero-accado, il fiore spinoso che Bilgamesh (accado Ghilgamesh, che Giovanni Pettinato rese famoso con La saga di Gilgamesh) colse per avere l’immortalità. Pare sia solo uno degli attributi, o indigitamenta della Rosa del Rosario.
Credo che se ne sia andato un italiano di vastissime letture ed abbia chiuso un’epoca per lasciarci in un’altra che lo celebra come colui che sapeva tutto, istintivamente consapevole di navigare nella corruzione della conoscenza.
Per il nome più antico di Dio, Il, prego il Padre che lo accolga per l’amore alle parole da lui curato.
Carlo Forin