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Giuseppe Iannozzi. L’angelo imperfetto 
Intervista a Mimma Leone
18 Febbraio 2016
 

Ne Il mare per le conchiglie (Edizioni Edit@), tu, Mimma Leone, hai optato per il Nouveau Roman (o l’école du regard). Prima di parlare del tuo racconto, “L’angelo imperfetto” incluso nell’antologia Salento. Quante storie 3 (Edizioni Città Futura), vorrei togliermi e togliere un dubbio a tanti lettori: esiste la letteratura al femminile, e se sì, è giusto appiccicarle addosso questa etichetta?

Non sono abituata a ragionare per categorie. Tuttavia, credo che la letteratura al femminile esista, soprattutto in Italia, come il risultato di una determinata evoluzione editoriale. Oggi le scrittrici che approdano alla pubblicazione sono moltissime, e anno dopo anno aumentano anche le donne che decidono quali libri lanciare sul mercato.

Ma credo anche che, nell’atto dello scrivere, non si possa veramente prescindere dal proprio vissuto, e quindi dalla propria identità sessuale. La questione si fa grave quando la presunta etichetta diventa un marchio che condanna allo scaffale in fondo, quello dei libri da leggere sotto l’ombrellone. Succede spesso. Ma esiste anche una tendenza contraria, che preferisce il fenomeno in questione e ne fa materia d’indagine; penso per esempio ad Elena Ferrante, dietro il cui pseudonimo sembra nascondersi proprio un uomo. Credo sia molto interessante cercare linguaggi e sensibilità differenti, non porsi limiti e allontanare qualsiasi pregiudizio.

A me, per esempio, ha divertito molto l’esperimento di guardare il mondo con altri occhi; non a caso, la voce narrante dell’Angelo Imperfetto appartiene a un uomo, Francesco.

 

– “L’angelo imperfetto” è un racconto ambientato tra Lecce, New York e la Russia. È, a mio avviso, un lavoro un po’ diverso rispetto ai racconti presenti ne “Il mare per le conchiglie”. Mimma Leone, innanzitutto vorrei che tu ci spiegassi, per sommi capi ovviamente, qual è stata la genesi dell’angelo e delle sue presunte imperfezioni.

La bellezza dell’imperfezione è un tema molto ricorrente nei miei scritti.

L’Angelo Imperfetto nasce come atto d’amore verso la mia terra, perché mi piaceva l’idea di poter far parte di un progetto nel quale confluiscono altri autori salentini. È giusto affermare che si tratta di un lavoro molto diverso dal precedente, lo è. Dopo le Conchiglie sentivo il bisogno di dedicarmi ancora alla forma del racconto, ma volevo anche permettermi di spaziare dando più respiro alle pagine, regalare un nome ai miei personaggi, farli dialogare. E così sono nati Elena, Francesco, e la loro storia d’amore che parla russo e americano, ma nel Salento ritrova sempre la propria ‘scena madre’.

In un discorso narrativo più generale, invece, mi rendo conto che L’Angelo Imperfetto rappresenta il ‘ponte’ giusto fra i primi racconti e il prossimo lavoro; è l’intermezzo necessario che mi ha consegnato gli strumenti adeguati per tentare un salto decisivo, e forse anche un po’ spericolato.

 

I personaggi presenti ne “L’angelo imperfetto”, con occhio soggettivo, tratteggiano i luoghi che vivono e attraversano, ma, alla fine, a distanza di tanti anni, tutti si ritrovano a Lecce. Par quasi sia impossibile slegarsi dall’influsso dell’Uroboro. Potrebbe essere così?

Per me lo è. In questo senso, l’Angelo Imperfetto diventa anche un ulteriore pretesto per tornare a parlare della terra che mi ha visto nascere e crescere, e ogni volta mi piace trattare l’argomento in modo diverso. Amo raccontare i luoghi perché trovo molto stimolante studiare ogni aspetto dell’appartenenza, insieme al significato dell’origine.

Allo stesso modo m’intriga sbirciare l’altrove, dilatare lo sguardo per spalancare orizzonti, sfiorando l’ignoto. Anche per questo ho adorato Emilio Salgari, che riesce a muovere i suoi personaggi entro scenari che l’autore non ha mai visitato. Nel suo caso, esemplare, gli spazi definiscono percorsi infiniti dell’immaginario e, a mio parere, diventano anche proiezioni dei sentimenti dei protagonisti, che il lettore riscopre propri. Seguendo questo itinerario, anche il tempo diventa un viaggio.

 

Nel tuo racconto, forse per la prima volta, subentra un elemento fortemente allegorico che ha i connotati di un bambino. Puoi approfondire?

Il personaggio del bambino rappresenta la chiave del racconto, che consegno direttamente nelle mani del lettore. L’interpretazione dell’allegoria è affidata alla sua sensibilità, come sempre. È chiaro che ogni simbolismo utilizzato racchiude il mio modo di vedere il mondo e di essere al mondo. Per me il destino è un bambino che gioca per strada mentre mangia un gelato in pieno inverno, e quando passa accanto a un adulto non può fare a meno di tirargli la manica della giacca. È una visione che rientra nello stato onirico che stimola la mia mente e io mi limito a muovere la penna, arginando il flusso surreale solo quando rischia di confondere troppo.

 

Per te, Mimma Leone, che tipo di rapporto c’è fra l’arte e la realtà?

Per me si tratta di un legame indissolubile. Nella mia scrittura questo rapporto è centrale; oscillo continuamente fra il simbolico e l’aspetto sensibile delle cose. L’osservazione della realtà ci distingue, l’arte ci avvicina. La creatività è un atto inclusivo che si traduce nel tentativo di fare un passo oltre. I miei libri ci provano. E se non riuscissi a far ‘viaggiare’ il lettore e ad accendere il suo fuoco interiore, se la sua immaginazione stentasse a spiccare il volo, penserei che forse non ho fatto un buon lavoro.

 

Che cosa vuoi e puoi dire degli autori raccolti in Salento. Quante storie 3? E: perché val bene la pena di leggere questa antologia?

Dico che sono tutti molto bravi e che meritano di essere letti. In un’unica antologia il lettore ha il privilegio di immergersi in molti generi diversi e di percepire lo stesso amore per la propria terra coniugato in tanti linguaggi narrativi. Una varietà di punti di vista preziosa, che conferma quanto questa terra sia fertile di talenti e di artisti del raccontare.

Ma era così anche molti anni fa, quando i riflettori non erano accesi su studiosi e intellettuali che solo di recente sono stati riconosciuti come importanti esponenti della letteratura quali erano. Spero che anche la Scuola inizi ad accorgersi di figure come Salvatore Paolo, Vittorio Pagano o Emilia Bernardini, oltre che dei più noti Vittorio Bodini e Rina Durante. Ecco, mi piace pensare che in Salento Quante Storie 3 ci sia la versione ‘moderna’ e aggiornata di qualcuno di loro.

 

Credo sia per te giunto il momento giusto per qualcosa di più impegnativo e importante: ci sarà o non ci sarà un tuo romanzo, Mimma Leone? Se sì, potresti stuzzicare la curiosità del pubblico con una breve anticipazione?

Il mio romanzo c’è ed è in corso di editing. Confermo che si tratta di un lavoro impegnativo e importante, un passaggio decisivo, che sentivo di fare. La protagonista è una donna che i miei lettori conoscono già e che ritroveranno nelle vesti di un’affascinante antropologa, che non rispecchia lo stereotipo femminile a cui siamo abituati, non a caso si rivela un personaggio complesso che non mancherà di riservare sorprese. La vicenda è molto articolata e ripercorre gli ultimi decenni della storia d’Italia.

È il racconto di un’emarginazione, di un viaggio, di una crisi, di una sorellanza di cuore. Mi piace vederlo come un romanzo di formazione, ma credo che lo apprezzerà molto anche chi ama il mistero e le storie non convenzionali. Per il momento mi fermo qui, ma presto ne saprete molto di più.

 

Giuseppe Iannozzi

 

 

Autori Vari, Salento. Quante storie 3

Edizioni Città Futura, Lecce, pp. 192, € 10,00


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