Leggere Fiori del mare di Gianni D’Elia, voce poetica tra le più significative dello scenario italiano, è come visitare una galleria d’arte dove sono esposti quadri in versi.
È il libro forse il più importante, ricco e complesso dell’autore – scrive il critico letterario Enrico Capodaglio – «ambientato in un microcosmo, Pesaro, la città delle Marche tra i due colli, che è diventata nelle sue mani una forma della vita, come Recanati e Trieste per i due poeti, insieme a Baudelaire e Pasolini, più presenti nella sua opera».
In realtà sembra percorrere tutta la costa marchigiana in un variopinto mondo di paesaggi con i suoi effetti naturali, le sue figure umane, ma soprattutto avvertire il perfetto equilibrio dialettico tra la rigorosa specificità del linguaggio poetico e la realtà sociale del proprio tempo.
La poesia di Gianni D’Elia, legata a percezioni sensibili e alla corporeità, per molti aspetti, è anche poesia civile e, nata sotto il segno di Pier Paolo Pasolini, ha saputo trovare, nel tempo, forme sempre più personali, coniugate ora con il lirismo naturalistico ora con la riflessione letteraria e filosofica.
Su questo filone può collocarsi Fiori del mare, libro civile e al tempo stesso di memoria letteraria, che rimanda, già nel titolo, all’opera Les fleurs du mal di Charles Baudelaire dal cambio di consonante del titolo e dalla dedica a Mario Richter (molto simile a quella di Les fleurs a Theophile Gautier)… con tutta l’amicizia / più umile e profonda / come tele d’una mostra / lunga d’ansia e di letizia / offro questi nostrani / Fiori del mare…
Si direbbe quello di D’Elia un viaggio tra il reale e il fantastico, un percorso che conduce il lettore per i luoghi della terra natia del poeta, in andamento quasi narrativo non dissimulante il proprio stato d’animo, riflesso nelle tredici Sale in cui è strutturata l’opera.
I versi di Gianni D’Elia sanno toccare anche le corde più semplici e non per questo meno vere come nel “Al barbone addormentato” (III. Sala degli esercizi al vero). …questo barbuto imbacuccato in saldi / ricco di disgrazia, giovane invecchiato… o in altri versi, apparentemente banali, ma che fanno riscoprire l’incanto delle piccole cose alle quali, spesso, non prestiamo attenzione: Onda, che rotolando torni / piccina nel mare che ti mosse, / e nel retrocedere ti frastorni / come se il mare nulla fosse…
Da una “Sala” all’altra i quadri-versi si succedono con immagini di particolare bellezza… una luce di lacrime e cera / sarà l’improvvisa preghiera …rappresentando, tra l’altro, anche scene del tempo nel suo divenire… sopportare l’addio / sia un nostro piccolo pregare… sì, perché il tempo, come un piccolo fantasma si aggira e trasforma: …quel senso strano che ci prende, / a volte, di passare sulla terra / sotto il cielo, solo una volta / di non poterlo dire o tacere; / come un fiore silente sulla sponda, / stordito dal brusio delle riviere…
Tutto appare in perfetto ordine: la serietà e la leggerezza, le ascendenze e le prospettive, la partecipazione emotiva e il linguaggio.
È il tempo che si fa storia, storia intessuta di emozioni… l’ombra al tramonto, sul mare infinito... ecco l’erboso e ondoso Paradiso, // riemerso al fuoco, dalle età profonde, / che una città sommersa in sé nasconde…
Contenuto e struttura aderiscono perfettamente nelle tonalità ed assumono le forme della compostezza e dell’armonia anche se, passando da una Sala all’altra, si avverte come un’ansia di movimento che attraversa i testi legandoli in continuità di partenze che si susseguono -sembra- senza meta finale. Ogni poesia rappresenta, in certo senso, una tappa di viaggio, una stazione senza il dolore dell’approdo ultimo. E in tutto questo “andare” lungo la costa adriatica rimane irriducibile il sentimento del tempo: …è passato sulle cose l’anno, / e nelle cose è rimasto inciso, / come resta sul corpo il sole e il danno…
Poesia modulata su un tono piano, a volte sussurrato, talora circonfuso da quella “grazia” che è cifra, a livello formale, della nostra migliore tradizione (da Leopardi a D’Annunzio, da Bertolucci a Saba, Giudici, Penna).
Poesia come canto alla vita, come invito a cogliere… lo stupore che è tutto il nostro scibile… rimormorando, al franto verso umano / il dolce mantra dell’andare umano… a innalzare il canto fatto di gioia e di dolore… a procedere …verso una riva sempre al sole e in fiore / a questa enorme tomba, e a questa immensa culla / in cui la vita viene e va oltre il suo nulla…
Giuseppina Rando
Gianni D’Elia vive a Pesaro, dove è nato nel 1953. Libero docente e traduttore, tiene corsi e seminari di letteratura italiana e francese. Ha fondato e diretto la rivista Lengua (1982-1994), collaborando come critico a numerosi quotidiani e riviste.
Ha pubblicato le raccolte poetiche: Non per chi va (Savelli, 1980; Marcos y Marcos 2000), Interludio (Taccuini di Barbablù, 1984), Febbraio (Il lavoro editoriale, 1985), Città d'inverno e di mare (Campanotto, 1986), Segreta (Einaudi, 1989), Notte privata (Einaudi, 1993), Congedo della vecchia Olivetti (Einaudi, 1996), Sulla riva dell'epoca (Einaudi, 2000), Guerra di maggio (San Marco dei Giustiniani, 2000). Ha tradotto poeti simbolisti e surrealisti: Taccuino francese (Edizioni di Barbablù, 1990), I nutrimenti terrestri di Gide (Einaudi, 1994) e Lo Spleen di Paris di Baudelaire (Einaudi, 1997). Sempre presso Einaudi, la traduzione di Paradisi artificiali di Baudelaire.
Ha pubblicato il romanzo Gli anni giovani (Transeuropa, 1995). Nel 2001 esce in Francia la traduzione del suo Congedo della vecchia Olivetti, a cura di Bernard Simeone. Nel 1993 ha vinto il premio “Carducci”.
Gianni D’Elia, Fiori del mare
Giulio Einaudi Editore, 2015