I
La sigaretta si consuma
tra le dita: ridotto
a un niente
sono io dalla passione.
Per prima ti ringrazio
del seguito, della ferita:
noi siamo nel dolore
liberi davvero.
Un mozzicone si abbandona
di spalle, si fida della neve
nella salvezza che congela.
II
Ieri ho letto poesia
sino a tarda notte,
mentre tu facevi la vita
e fremente ad essa ti univi.
Lo scarto tra noi e l'esistenza,
mio tradimento che contempla
e non s'incarna:
senso di colpa di chi riesce,
di chi vince la mano col piacere.
Corrotti di natura,
il timore è dannarsi insieme
in paradiso.
III
In capo al nostro corrimano
ti ho chiesto scusa:
lìamore risolto invecchia,
quello insoluto eterna.
IV
Cosa ho fatto di sbagliato
per meritare questo?
Io non sono dispensato,
sono rimasto per le tue parole,
per spargerle nel grande fiume,
il Po che ci ha divisi.
Ceneri alla foce comune.
Le troppe rose sono il paradosso,
un frutto dal sapore sconosciuto,
il tuo nome adesso
di seconda fioritura, in maggio,
primavera della tua sepoltura.
La vita ti ha chiamato
per ciò che sei stato.
Per chi mi aveva dato
un amore terreno
avevo un pianto disarmato
in cambio, che l'avrebbe seguito.
V
Sono nati i narcisi ovunque:
sugli argini del fiume consumati,
nelle cune verdi dei rifiuti,
intorno ai binari dismessi.
Non hanno aspettative
e se li cogli, non si tengono:
un vaso non vale il rimpiazzo.
Sono liberi,
ma non lo sanno.
Poesia è un soffio sui narcisi:
il mio legno diviene anima
e il mio sasso ragione.
Noi siamo
solo se accettiamo di non essere.