Le donne del paese cuciono e ricamano a quattro mani il vestito per il funerale di donna Vittoria; hanno organizzato una cerimonia alla grande.
È tutto bianco come per una sposa, eppure donna Vittoria non è morta, ma vive i suoi quasi cento anni all’ospizio del paese; abita una stanza grande che guarda il mare.
La sua villa è poco distante, ormai piena di topi, scarafaggi ed erbacce. Circola voce sia invasa dai fantasmi. In quelle stanze che oggi sanno di muffa è stata una donna difficile e scorbutica. Sul comò della camera da letto sono ancora visibili i tanti pettini con i quali si faceva acconciare; brontolava sempre su come le sue trecce si dovessero raccogliere a corona al centro del capo.
Non hanno amato questa donna diversa ed orgogliosa. Senza marito e con un solo figlio che sembra abbia dilapidato patrimoni e attese, il signorino del paese, più dimostrava un carattere difficile più lei ne era contenta; lui non se ne sarebbe andato come i poveri in America, sarebbe stato lì con lei, per sempre.
Dopo la morte del figlio, il viale di pini si trasformò in brughiera.
Dimenticò i pettini, gli amori e i vestiti rimasero per sempre all’armadio. La sua casa la vide per un po’ girare di notte, cercare il figlio, il mare, la vita.
Un giorno si vestì con un corsetto bianco ed una gonna frangiata di nero e ripercorse il viale per l’ultima volta; prima del vestito che, con perle di fiume sul corsetto, avrebbe stabilito la sua pace.
Patrizia Garofalo
(da Mare d’anime, Schifanoia Editore, 2003)