Le droit de s'en aller*
[Italia, frammento orfico]
(138, XI)
Come venimmo a così persi tempi,
che nemmeno il morire è più concesso,
il diritto d’andarsene nei tempi,
oltre lo spazio dell’Italia ossesso?
Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro,
l’uno cosciente e schiavo della pompa,
l’altra incosciente d’un volere chiaro,
stelle comete della propria tomba…
E intorno un coro d’avvoltoi raro,
certe facce sbiancate dai livori,
il dovere di vita vaticano,
di tutti i Monsignori e Lorsignori.
Non affoghiamo nel lievito pravo
dei farisei che ci vogliono cloni,
sotto la dittatura del più bravo
a mischiare milioni e confessioni.
Nella melma del perverso italiano
tempo del Papa Re e del Caimano,
noi vediamo bruciare la cometa
della vita, che alla morte si piega,
della morte, che la vita ha già intesa,
la lunga coda della propria attesa,
se dal male la vita è stata lesa,
perché almeno la fine non sia presa.
Eluana agli sciacalli non si è arresa,
a questa gente che ci affama e asseta.
Gianni D'Elia
* Espressione usata da Baudelaire nel saggio “Edgar Poe, la sua vita e le sue opere” (Opere, Meridiani Mondadori, 1996, pagina 795), a proposito del suicidio di Nerval; il diritto di andarsene, cioè di morire:
«In mezzo all’enumerazione abbondante dei diritti dell’uomo che la saggezza del XIX secolo ricomincia da capo così spesso e con tanta compiacenza, due diritti molto importanti sono stati dimenticati: il diritto di contraddirsi e il diritto di andarsene.
Ma la Società considera colui che se ne va come un insolente; essa castigherebbe volentieri certe spoglie funebri come quello sventurato soldato in preda a vampirismo che la vista di un cadavere esasperava fino al furore». (Traduzione di Giuseppe Montesano).
(dal blog Notte privata, 12 febbraio 2009)