Caro Bertoldo mio, io ti confesso
che di auguri son talmente carco
ch’io barcollo e ho l’omero già fesso
e la schiena ricurva come un arco.
Facciamo tanti auguri e d’ogni sorta,
a tutti, ad ogni canto, col buongiorno,
sì che Bontà nel mondo par risorta
e il regno di Saturno di ritorno.
E pace e bene e amore e vita sana,
giustizia, onestà, cura, rispetto,
e amicizia e fratellanza umana,
cibo per tutti e un sicuro tetto;
e libertà e crescita e cultura,
benevoli stagioni e buoni frutti,
acqua pulita e aria linda e pura,
lavor, diritti, dignità per tutti…
Ma gli augurati beni chi li invera?
Avvengon per miracolo o magia?
Li portan la Fortuna o Primavera,
San Silvestro oppur l’Epifania?
Tutti questi auspici e desideri,
perché diventin pane e vino e oro,
di cuori e mani e piedi c’è mestieri
e miei e tuoi e nostri e vostri e loro.
La filastrocca vale, forse, un soldo,
e di bellezze certo non fa scialo,
pur t’auguro buon anno, mio Bertoldo,
perché speranza stessa è regalo.
gf