Mi è capitato tra le mani Musée de poche, un catalogo artistico edito da Arte Tivù, curato da Simona Scopelliti, che ripercorre l’opera di Sergio Vanni, livornese di nascita (Rosignano, 1944) e milanese d’adozione. Per avere un’idea delle produzioni dell’artista consiglio una visita al sito www.sergiovanni.it, che spiega bene l’idea del museo tascabile, della collezione di opere in piccolo formato, scelta dal sapore zavattiniano per far assaporare la produzione artistica. Sergio Vanni lavora sin dalla metà degli anni Ottanta, realizzando all’interno di teche in plexiglass (30 per 30) composizioni a tema, ispirate a capolavori dell’arte moderna e contemporanea. Vanni non copia, non riproduce pedissequamente, ma interpreta in senso comico-umoristico i capolavori artistici. Siamo dalle parti della satira della storia dell’arte, operazione mai compiuta, con un artista divertito e divertente che cita i grandi e li dissacra, ma al tempo stesso li fa conoscere e li rispetta. Ridendo castigat mores, ha detto qualcuno. Ridendo e scherzando quante verità si possono dire, ha ripetuto un altro grande del passato.
Per Vanni è tutta colpa di Aristotele, più che altro del suo libro sulla commedia andato perduto, quindi della mancanza di un supporto culturale che renda artistico il lavoro comico. Noi che ci occupiamo di cinema comico italiano – da Steno a Franco & Ciccio, passando per Totò e Nando Cicero – ne sappiamo qualcosa dei pregiudizi critici. Tutto quel che non è impegnato e che non profuma di drammatico non merita attenzione, secondo certa critica con la puzza sotto il naso. Bergson e Pirandello non sono bastati, ma non è servita a niente neppure la grandezza e la modernità di Plauto. Niente da fare: il comico – per certi soloni – è un prodotto di serie B. Vanni prova a sfatare certe credenze, lui non vuole provocare né profanare, solo fare satira artistica alla Duchamp, che dipinse i baffi alla Gioconda, cercare di far sorridere con l’arte, emozionandoci, imparando a conoscerla e ad apprezzarla. Vanni gioca con le opere d’arte, dipinge la Madonna del Perugina con il sottofondo di carte argentate dei Baci Perugina, il David e Golia con le cartine delle caramelle Golia, il Mickeylangelo con le orecchie da Topolino, Il grido di Munch come se fosse il muggito di una mucca, Il taglio di Fontana ricucito con ago e filo, la merda d’autore di Manzoni come Merde de vache Manzonin, per arrivare ad alcune composizioni ispirate a Andy Warhol. Fantastico il Non ci capisco una segal che mette alla berlina la Pop Art di George Segal. E che dire di Arte povera che raffigura un misero centesimo nel bel mezzo della cornice? Dulcis in fundo con Mogli e beuis dei paesi tuois, perfida ironia su Joseph Beuys, lo sciamano naturista.
Sergio Vanni è un artista completo, il suo punto di forza sono le parodie d’opere d’arte miniaturizzate e dissacrate, pubblicate da Pulcino Elefante ed esposte in mostre itineranti nelle catene Feltrinelli. Interessante il libro-catalogo L’arte è un pacco (2003), ristampato nel 2011, vera e propria summa della produzione artistica. Vanni completa la sua attività intellettuale con la scrittura, pubblica tre gialli, indagini del commissario livornese Eros Canti, ambientate a Castiglioncello e inserite nel mondo dell’arte che conosce molto bene: Classica moderna criminale (2008), Un delitto educato (2010) e L’uomo con la mano alzata (2011). Eclissi Editrice, Milano. Da leggere.
Gordiano Lupi