Lo sai, disse lei, ti hanno fatto
[un vestito di fuoco,
ricordi come arse nelle sue vesti
[la sposa di Giasone?
Medea, disse lei, fu tutto opera di Medea.
Devi essere prudente, disse lei.
Ti hanno fatto un vestito fulgente
[come brace,
ardente come carboni vivi.
Come, lo indossi? disse lei, non farlo.
Questo non è vento che sibila, è veleno che gorgoglia.
Non sei neppure principessa, contro Medea che puoi?
Le voci devi saperle distinguere, disse lei,
questo non è vento che sibila.
Ricordi, le dissi, quando avevo sei anni?
Mi lavarono la testa con lo shampoo e uscii così sulla via.
L’odore del lavacro mi seguì come una nuvola.
Poi il vento e la pioggia mi fecero ammalare.
Non sapevo ancora leggere tragedie greche.
Ma il profumo si spandeva e fui molto malata.
Oggi capisco: quel profumo è innaturale.
Che sarà di te, disse lei, ti hanno fatto un vestito ardente.
Mi hanno fatto un vestito ardente, dissi, lo so.
E allora che aspetti, disse lei, devi essere prudente,
non sai cos’è un vestito ardente?
Lo so, io dissi, ma non so la prudenza.
Quel profumo mi confonde la mente.
Le dissi: non chiedo a nessuno di darmi ragione
non credo alle tragedie greche.
Ma il vestito, disse, il vestito sta bruciando.
Che cosa dici, gridai, che cosa dici?
Addosso non ho nulla, sono io che ardo.
Dalia Rabikovitch
(da Poeti israeliani, a cura di Ariel Rathaus, Einaudi, 2007)