Secondo una ricerca dell'Aduc (Associazione per i diritti degli utenti e consumatori), otto piccole università private degli Stati Uniti spendono più di tutti gli atenei pubblici italiani. Sempre secondo questa indagine, la spesa per ogni studente nelle otto università americane è di oltre 157 mila euro, a fronte degli 8 mila euro spesi per gli studenti italiani. Il risultato è che queste otto piccole università private hanno più volumi nelle loro biblioteche di tutte le biblioteche universitarie pubbliche italiane. Mentre le nostre università pubbliche sono state premiate con 6 premi Nobel, le otto piccole università statunitensi ne hanno ricevuti ben 105. (Qui il testo dell'indagine)
Sono dati terrificanti, come ha giustamente commentato il rettore dell'Università di Roma 3, Guido Fabiani. Nonostante gli sforzi di alcuni straordinari ricercatori e docenti, il nostro sistema universitario pubblico è da quarto mondo. Come possiamo mai pensare di stare al passo con Paesi come gli Usa, se l'intero sistema universitario pubblico dell'Italia è lontano anni luce dal competere anche con otto piccole università straniere?
L'unica via percorribile, oltre ad investire maggiori risorse pubbliche, è aprire ed incentivare gli investimenti privati. In Italia mancano i grandi centri di eccellenza. La gestione dei fondi è talvolta fatta in palese conflitto di interesse (qui una mia interrogazione sui fondi per le staminali). I nostri migliori studenti sono costretti ad andare all'estero non solo per trovare lavoro, ma anche per fare ricerca su materie che storicamente dovrebbero essere il nostro cavallo di battaglia. Chi vuole fare ricerca sul rinascimento italiano o sull'opera italiana, oggi deve andare in università straniere, dove poi spessissimo rimane. Sono gli stessi professori universitari a consigliare ai loro migliori studenti di andarsene via dall'Italia.
Se i dati dell'Aduc non sono sufficienti a provocare un dibattito sull'opportunità di trovare altre strade -oltre a chiedere l'elemosina ogni anno in Finanziaria- per ricostruire il nostro sistema universitario, non so cosa altro possa farlo. Invito pertanto tutti i parlamentari a riflettere sul degrado delle nostre università pubbliche, e sulle conseguenze che per generazioni dovremo scontare a causa della quasi totale assenza di formazione di alto livello.
Rivolgo un invito anche agli operatori del mondo universitario e della ricerca affinché si facciano promotori di idee e strategie. La mia porta sarà sempre aperta.
Donatella Poretti