…o cuore, apriti al sole
Felice Damiani
Dopo lo spettacolo estivo della Compagnia Drago, “Arctos, ul ber del Gerlu”, dedicato alla scoperta del bassorilievo che raffigura l’Orso (foto 1), i fratelli Angelini hanno proseguito la ricerca in Val Tarten e dintorni scoprendo il simbolo del Sole, caratteristico degli Orobi, e quel culto che gli è preposto del dio Sul, di cui gli stessi Orobi si sentivano figli. Nomen, Numen.
Ώρος divinità egiziana identificata da Erodoto con Apollo. Oro è il metallo che splende dello stesso colore del Sole. Ώρος monte, nelle Alpi il Sole sorge dai monti e vi tramonta. Il viaggio di Odisseo dimostra che la civiltà greca si è fatta presto conoscere in Europa e prima in Italia, coi suoi prodotti, la sua lingua. Un dato interessante: le tribù celtiche, in particolare i Galli adottarono l’alfabeto greco.
Non meravigli che nomi di lingua greca sono presenti negli idiomi di origine indoeuropea. Conosciamo le Alpi Graie e la tribù gallica Graioceli che le abitò.
Si traduce “orobi” con “abitanti dei monti”, perché gli altri abitavano le paludi del fondo valle?
Camuni erano quelli che abitavano i monti della Val Camonica.
Orobî e Reti quelli delle opposte rive dell’Adda.
Tra le incisioni rupestri dei Camuni si trova la cosiddetta “Rosa camuna”, una specie di quadrifoglio con cinque punti all’interno a indicare le quattro direzioni, il punto al centro il mondo di sopra e di sotto. I quattro punti esterni lo spazio illimitato.
Il simbolo evolvendosi a forma di svastica o di spirale richiama l’energia del Sole che vivifica ogni cosa. Gli Orobî significando figli, βίος vita, del Sole Ώρος, ci hanno infatti lasciato il simbolo pregnante del Sole, cioè il disco con al centro un foro dove passa la luce, il principio creativo.
Al cuore delle Orobie in Val Tarten sotto Sant’Antonio presso il fiume è presente scolpito su due pietre proprio questo simbolo, che pure viene richiamato sul masso dove sta il bassorilievo dell’Orso ‘Arctos’. (foto 2 e 3)
Anche alla casera di Lema si trova una pietra rotonda con un foro al centro, usata dai pastori come desco (foto 4). Anticamente l’utile e il sacro si scambiavano o si identificavano, perciò il sacro disco era pure il desco, il nome ne dà la memoria, su cui si imbandiscono quei cibi doni innegabili del Sole.
Due piccoli dischi provenienti dalla valle orobica confinante di fabbricazione ne danno ulteriore conferma. (foto 5 e 6)
Orobici, avete il vostro simbolo che vi incita ad amare il Sole e a condividere ai monti un cibo frugale e pastorale!
Presto è Natale, è giusto ricordare la nascita di Gesù, ma con essa le precedenti generazioni hanno sempre salutato il Sole, che nel Solstizio invernale par che muoia, e subito rinasce:
A Natal ul pas del gal,
a Pasqueta ün’ureta,
a sant’Antoni ün’ura buna.
Al dü del Febré l’è fo l’urs da la tana.
Finalmente il Sole ha lasciato la sua tana.
L’invito degli avi: andèm a scultà ul Sul.
Dono inestimabile sono questi versi del Foscolo (Dei Sepolcri, vv. 121-122):
Perché gli occhi dell’uom cercan morendo
Il Sole; e tutti l’ultimo sospiro
Mandano i petti alla fuggente luce.
In Val Tarten cuore delle Orobie:
Turensöl, al gira intùren all’omonima montagna.
Gerlu, porta il Sole da quando sorge fino al tramonto.
Cūminel, venente il Sole, qui sorge all’Equinozio e lo segue con lo sguardo fino all’ultimo.
Durduna, dono del Sole. “Durduna erba buna”.
Gli alpeggi nominati di nord-est sono posti sul versante sud-est.
Zuk, indica lo Zenit, montagna de Gàvet sopra la Biurca.
Pesēl, passa il Sole, è il monte ove tramonta all’Equinozio.
Cülī, la montagna che segue sul versante occidentale, ül Sul al mustra ül cū, espressione per dire che se ne va.
Purscīl, nevaio di fuoco, di rimando ultimo splende in fondo e alto nella Val Lunga col Piz Tarten.
Suna in Val Lema, qui il Sole riceve un lungo abbraccio ed è qui su un masso in bassorilievo un volto battezzato Amnis (foto 7) in devozione delle acque alpestri. «Il Sole può essere ‘rozzamente’ raffigurato come un volto», da Enciclopedia dei simboli-Garzanti. Il dio Sun! Il dio Sul!
Dàssola a Campo, dà sole tutto il giorno, un occhio che spazia fino al lago di Como. In questo alpeggio si trova un graffito su pietra della ruota solare con otto raggi e un cerchietto che gli fa da orecchia, forse la Luna? (foto 8)
Il termine latino è Orumbovii “pastori dei monti”. Orum più che mons (latino) sta per Sole: greco Ώρος.
Il mestiere può identificare un popolo, ma è soprattutto la fede di riconoscenza a indicarci la sua meta più alta. Egli il Sole garantiva loro la permanenza su quei monti ricchi di acque. «Deorum numero eos solos ducunt, quos cernunt et quorum aperte opibus iuvantur, Solem et Vulcanum et Lunam, reliquos ne fama quidem acceperunt» (De Bello Gallico VI, 21).
Orsù, Sole e Fuoco e Luna, la devozione dei popoli naturali!
Sole e Luna e terza a darci l’unità triadica o celtica Madre Terra, che ci porta in grembo.
Fratelli Adriano e Luciano Angelini