Dopo la scomparsa del pilota di deltaplano Angelo D’Arrigo, nacque la proposta di intitolare al campione l’aeroporto di Catania, terra che gli diede i natali 44 anni prima. Nei fatti la procedura sembra arrivata a buon punto, grazie anche all’appoggio di numerosi enti ed associazioni, pubblici e privati. Oltre a quelli siciliani, come il Consiglio degli ordini dei professionisti di Catania e l'associazione degli Industriali, non sono mancati altri nazionali ed internazionali, quali le ambasciate di Perù ed Inghilterra, associazioni umanitarie come l’AIDO, culturali e sportive.
Angelo D’Arrigo è passato alla storia del volo libero per imprese al limite dell’estremo, come il volo sull’Everest nel maggio del 2004, o quello in Aconcagua, la vetta regina della Cordigliera delle Ande, lo scorso capodanno, ed anche per l’interesse al volo dei rapaci.
Per seguire le loro migrazioni si spinse fino nel Sahara, attraversò il canale di Sicilia, volò dalla Siberia fino al mar Caspio e salì sulle montagne più alte del pianeta. Il tutto in deltaplano, con decollo al traino di un ultraleggero per poi planare in condizioni spesso al di sotto dei 40 gradi e venti sostenuti.
Per sfidare tali limiti, non esitò a coinvolgere strutture tecnologicamente avanzate quali il Centro Sperimentale Volo dell'Aeronautica Militare ed il Centro Ricerche Fiat-Elasis, dove ebbe modo di sperimentare a terra le condizioni che avrebbe trovato in volo.
Meno note sono altre imprese, quelle umanitarie, dove non serve un deltaplano, ma lo stesso grande cuore dei voli d’alta quota. D’Arrigo si è prodigato a sostegno di bambini del Tibet e sudamericani, quelli che aveva conosciuto durante I suoi viaggi, quelli che probabilmente avranno manifestato stupore di fronte all’uomo volante ed al suo insolito mezzo, un deltaplano di tela, senza motore.
Gustavo Vitali
Ufficio Stampa FIVL - Federazione Italiana Volo Libero