Si è svolta mercoledì 18 novembre scorso la presentazione della nuova raccolta di poesie di Barbarah Guglielmana, firma del nostro Gazetin e di Tellusfolio.
Autrice di diverse pubblicazioni, la poetessa era presente alla Libreria Albo di Morbegno, insieme a Patrizia Garofalo, altra nota poetessa di Ferrara, co-curatrice della rubrica Bottega letteraria, su questo sito, cui va il merito di aver saputo condurre un’emozionante serata, col suo delicato approccio intimistico e dal sapore di una bella chiacchierata fra amici. L’attore Gianluca Moiser, con la consueta bravura, si è occupato, invece, della lettura e interpretazione di alcuni componimenti, arricchendo così l’offerta a favore di spettatori attenti e che hanno molto gradito.
Nell’annunciare la serata e il libro, Patrizia mette in luce quanto sia centrale nei nuovi versi di Barbarah la ferita dell’abbandono dell’infanzia. Un cercarla negli attimi complessi, un tornare al passato per poi andare oltre…
Passano gli odori (…)
Le castagne bollite, ma di più quelle arrostite nella padella nera con i buchi
I giochi da ridere, e quelli da piangere con Francesco
I liquidi umani all’ospedale la mattina presto, e nelle altre ore
L’aglio ovunque con il piatto della valle, ma anche nascosto nelle polpette
Il risotto giallo la domenica, anche se si litigava
Ripassano, di tanto in tanto
Mi alzo con loro in aria,
Annusata dentro.
Nasce spontaneo il quesito: la poesia può essere cura?
Barbarah pare ritenere di sì, qualche volta. E lei, che è medico di pronto soccorso, sa di cosa sta parlando.
«Ringrazio il cielo di potermi esprimere con la scrittura. Ho saputo da subito che, come medico, non ho la bacchetta magica ed è stato difficile accettare l’impotenza. Diventa utile, quindi, appoggiare di tanto in tanto questa che chiamerei gerla di pensieri e dolori, per aiutare me stessa e poter poi riprendere a rivolgermi all’altro; a questo mi serve il fermarmi e scrivere. Scrivo a me, innanzi tutto, e per me; cerco un ordine, una collocazione alle tante preoccupazioni che per diverso tempo macino in testa e poi faccio sfociare in una poesia che, infine, si realizza in un impeto».
(…)
E poi la musica di quelle note buttate nel vento nella corrente di una stazione
come una brezza vaginale, mi avevano riportata alla guerra di quella donna
che stavo curando senza guarirla, come lei mi aveva detto
prendendo le medicine che le davo per trovare la forza
di accettare quel suo male profondo, come il tuffo nell’oceano di un uccello senza ali
(…)
La quotidianità della vita di Barbarah, e della Barbarah-medico, è un tutt’uno con la sua produzione poetica; la poetessa sottolinea la forte convinzione di unitarietà fra anima/spirito e corpo: se non li si considera insieme, si può solo vedere una persona a metà. «Nello scrivere poesie non avverto mai una dissociazione verso la mia esistenza di ogni giorno e la mia professione di medico, il mio vivere pragmatico di medico è una sola cosa col mio creare poesia».
Ed è davvero così. Anzi, la materia di cui è fatta la poesia di Barbarah attinge molto spesso, come naturale, al suo vissuto, e si caratterizza così per un sapore di forte autenticità; per essere, come commenta Patrizia Garofalo, intellettualmente e sentimentalmente onesta.
Ricordando anche che da qualche anno, Barbarah presta servizio come volontaria partecipando ai progetti di Emergency Italia, presso i centri di accoglienza a Siracusa e altri in Sicilia. Qui ha incontrato tante persone e tante vicende, da alcuni di questi incontri sono nati versi come questi:
Qualche volta ho pregato il Cielo
quando è caduto in mare
Aveva il gusto di una fisarmonica
sentiva dell’abbraccio che mi manca
e che un giovane migrante dava al suo peluche
(…)
Davanti alla tenda racchiude in sé il ricordo di una ferita; trascorsi gli anni si può forse cominciare a pensare di andare oltre. Ma senza dimenticare del tutto. La tenda del titolo ricorda le stoffe di una nonna molto amata, i suoi scusalini, i suoi grembiuli colorati, i suoi vestiti da casa e di vigna, tessuti-ricordi che si possono riportare alla luce, ma anche trasformare in altro: tende acrilico di mercato, che regalano fantasie per nasconderci le nostre fole di ragnatele antiche. È una tenda un po’ logora, con segni di strappi, la tenda trasparente nelle trame rotte, ma è proprio grazie a questa sua imperfetta fattura che può divenire viatico per accogliere l’altro, per andargli incontro, aiutando noi stessi mentre offriamo aiuto a chi ci è prossimo. «In fondo, riconoscere quel che manca all’altro e cercare di dargli quel qualcosa, significa darne un po’ anche a noi stessi» ci ricorda la poetessa.
(…)
L’avrei presa tra le mie braccia per alleggerirle la fatica del tragitto
Scivoloso, nelle buche asfaltate
Lontane dai boschi delle corse spensierate delle fate
A lei avrei dato il sorriso leggero che chiedi a me
La poesia di Barbarah Guglielmana nasce spesso da un fatto reale, osservato e ripensato dalla poetessa: «In seguito» ci racconta lei «il pensiero mi scappa, mi scivola via, lasciandomi stupita mi sfugge, trasformandosi in una realtà diversa da quella di partenza, a volte surreale, caleidoscopica».
Patrizia Garofalo mette l’accento su come questo emerga chiaramente dai suoi componimenti: una poesia, quella di Barbarah, a suo parere, da cui non si accede attraverso sterili intellettualismi. Sa raccontare come reagisce il corpo, a un dato stimolo-vicenda-emozione osservati… Gli effetti che esso provoca: la reazione tattile, olfattiva, veramente fisica.
(…)
L’altrui respiro
l’altrui
l’altrui
l’altrui andarsene
Odore di uova sbattute, usate per cucinare
marcite nel pollaio senza dare nuova vita
(…)
Una peculiarità tipica, ad esempio, di Saffo.
E come lei, nella poesia di Barbarah un prevalere di un meraviglioso Io-lirico, come sottolinea Patrizia, che sa spogliarsi di quel che invece pare imperversare di questi tempi, in tante forme d’arte: un rovinoso Ego-lirico, che non aiuta la condivisione di tutto ciò che sia afflato poetico autentico.
Mi piace concludere questo breve viaggio nell’universo poetico di Barbarah Guglielmana con una frase dell’altra poetessa presente, Patrizia: la poesia è un atteggiamento del vivere, è vivere la quotidianità con atto e pensiero poetico, non è mera produzione di versi. Si può essere poeti con un componimento in versi, quindi, ma anche con un racconto, con una produzione artistica, con un gesto e perfino con un silenzio.
Annagloria Del Piano