Quest’altra notte senza un mattino
… quest’altra terra
senza una nuova terra
è ciò che rimane indisvelato
… nella parola viene custodito
Flavio Ermini
(Anterem, n. 83 - Editoriale)
Gritzko Mascioni è un poeta di grande raffinatezza espressiva e di profonda elaborazione intellettuale, una delle voci più intense della poesia contemporanea.
Poeta dal pensiero robusto nel senso più vasto del termine, “vede” e “ ascolta” il sé e il reale mediante un universo simbolico da cui sembra egli stesso allontanarsi per dare spazio all’incandescenza del magma delle mute mutazioni. (Envoi)
La sua scrittura poetica, per chi si accosta la prima volta ad Angstbar, si presenta come un’antica e sapiente tessitura con apici espressivi che aprono al travaglio interiore del poeta cristallizzato in un dire come … il divagante gioco / di ore consunte a un frullo / di paura da passero impigliato / nella rete del tempo… o come costruzioni del linguaggio in cui la proiezione semantica si trasforma in soluzione musicale (ramaglia sotto cui s’oscura / la chiazza verde e in fiore/ di una chiara radura) di originale registro lessicale accordato a modulazioni ritmiche.
Poesia legata alla vocalità e non solo come funzione espressiva di una poetica della soggettività, ma soprattutto come “narrazione” intensa con frammenti di vita espansi all’universale: ...Piuma che vola e ignora la coerenza / che configura / l'assoluta assenza, / la pallida deriva della luce/ nel cielo dove sfuma / ogni parvenza).
Un attimo, per il poeta, è anche eterno, ogni parola si identifica ora con la solitudine e il silenzio ora si fa storia del proprio vissuto, ma nell’uno e nell’altro caso si muove alla ricerca di un significato esistenziale: (...Non dico nulla e osservo le gentili / figure nello specchio che rifrange / il mio stare nel tempo provvisorio) o (la scabra verità che crocifigge…)
È la verità della malattia, la bufera che scuote e devasta, incidendo il cuore ed esacerbando lo spirito. Il poeta si difende con la scrittura di cui il lettore avverte la drammaticità del rapporto con il pensiero e l’esistenza; la sua “parola” così nasce ai bordi dell’inesprimibile, è parola che chiama ed è chiamata, parola come parabola di più mondi di cui la poesia è strumento di testimonianza.
È l’autore dunque il protagonista della silloge e il suo spazio è un campo di forze in vibrazione libera, con ipotesi infinite scaturite dalle sue visioni simboliche (La stecca del cantore / lacera il drappo di un sudario…); il poeta è dentro il mondo che racconta nei suoi versi.
L’impianto di alcune poesie sembra la scena di un film che il regista segue con occhio vigile per ricavarne comunicabili e nel contempo silenziosi significati.
Ogni componimento è permeato da un ritmo incalzante, fluido e si modula secondo registri che indicano scelte intellettuali originali: il narrato, la memoria, la consistenza del linguaggio e la musicalità si fondono al proprio vissuto.
Cesellati con la parola poetica, individualità e temporalità appaiono frammenti di un’esistenza che ha conosciuto la difficoltà di misurarsi con l’abissalità dell’ignoto e del mistero.
Mascioni conduce così la poesia su nuovi versanti e su varie possibilità espressive. È in questo senso forse che potrebbe essere interpretato anche il titolo Angstbar: “bar dell’angoscia” o “bar angosciabile”?
All’unisono si congiungono soggettività e “mistero-umano”.
Mistero, tra l’altro, scandito in ogni sequenza della silloge e tutto annodato al filo rosso del dolore, della malattia, della fine (il refe perso nel vuoto dell’arresa vita… tutto… ridiventa il niente) tanto da “vedere” il vuoto o il nulla là dove prima era presente ed attivo un corpo, una mente creativa.
Il mistero è ovunque, anche nella realtà microscopica, dove non si riescono a distinguere i contorni sfumati che permettono ai sensi di “capire” il mondo, la realtà che viviamo (… questa immota / malata povertà…).
L’insondabile, parte integrante del realismo di Mascioni “canta” a testimonianza della tragicità dell’umano destino immerso nel buio, in un’oscurità profonda, più vera di quella apparente, e segna l’orizzonte oltre la frontiera della morte.
È il mistero, anche nostro, quello che ci rivela la lezione di Gritzko Mascioni.
Giuseppina Rando
Per una lettura di Grytzko Mascioni
7 – FINE
Cristina Pedrana e Gianluca Moiser (a cura di)
Tanto per dire non è stato invano
I ragazzi del Liceo Donegani di Sondrio leggono Grytzko Mascioni
Associazione “Grytzko Mascioni”, 2007, pagg. 188