Avvocato Besostri, lei venerdì 6 novembre ha presentato ricorso al tribunale di Milano contro l’italicum. Ci vuol spiegare come è giunto all’idea di opporsi alla nuova legge elettorale? Ha forse nostalgie proporzionaste?
Non le è bastato di aver già affossato il porcellum?
Avvocato amministrativista e docente di diritto pubblico comparato. Felice Carlo Besostri è stato capogruppo dei Democratici di Sinistra nella Commissione affari costituzionali del Senato nella XIII legislatura. Ha fatto inoltre parte dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa dal 1997 al 2001 (Commissione giuridica dei Diritti dell’Uomo, Commissione Ambiente, sottocommissione selezione dei giudici della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo). È stato ricorrente contro l’ammissione dei referendum elettorali e la legge elettorale per il Parlamento europeo, presidente della Rete Socialista – Socialismo Europeo. È conosciuto in Italia come l’uomo che ha affossato il famigerato porcellum, ovvero la legge che è stata formulata principalmente dall’allora ministro per le riforme Roberto Calderoli, da lui stesso definita «una porcata» in un’intervista televisiva a Matrix allora condotta da Enrico Mentana. Una legge che, in seguito a quella famosa intervista, il politologo Giovanni Sartori ribattezzò col fortunato nome di porcellum, termine con il quale è ormai unanimemente conosciuta.
«Ai Tribunali civili di Milano e Venezia» risponde Besostri «sono stati presentati i primi due ricorsi per far accertare il diritto dei cittadini italiani di votare secondo Costituzione. Ne seguirà un’altra ventina presso i Tribunali delle città capoluogo di Distretto di Corte d’Appello: in generale i capoluoghi di Regione. La ragione è semplice» spiega ancora Besostri: «l’italicum presenta gli stessi problemi di costituzionalità del porcellum, una legge che con gli avvocati Aldo Bozzi e Claudio Tani avevo contribuito a far annullare dalla Corte costituzionale nel gennaio 2014. Le leggi elettorali proporzionali sono state demonizzate ingiustamente, ma questo non c’entra nulla. Davanti alla Corte costituzionale ho detto chiaramente che un sistema maggioritario all’inglese o alla francese sono assolutamente costituzionali».
Quindi, avvocato, qual è il vero problema secondo lei?
Il trucco di dare la maggioranza a chi non ce l’ha. Cerco di spiegarmi meglio. Nei sistemi maggioritari bisogna conquistare la metà più uno dei seggi. In quelli proporzionali avvicinarsi al cinquanta per cento dei voti validi. La Corte Costituzionale nella sentenza n. 1/2014 ha detto che se il legislatore vuol adottare un sistema maggioritario lo può fare, ma se sceglie un sistema, anche parzialmente proporzionale, deve essere coerente.
Tuttavia i sistemi proporzionali sono generalmente instabili.
Non è vero. La Germania, che è il paese più stabile d’Europa, ha un sistema proporzionale con una soglia di accesso del cinque per cento. Ebbene, dal 1949 ad oggi ha avuto in sessantasei anni appena otto cancellieri e si vota ogni quattro anni e non ogni cinque come in Italia. Da noi non è il sistema elettorale, ma il sistema dei partiti che crea instabilità. Nella tredicesima legislatura (1996-2001) con la legge maggioritaria chiamata mattarellum abbiamo avuto quattro governi. Nella quindicesima (2006-2008) con l’iper maggioritario porcellum, la legislatura è finita prima. Berlusconi nel 2008 ha avuto la più grande maggioranza della storia repubblicana alla Camera e al Senato. Non ha finito la legislatura. L’ha portata a termine Mario Monti, ma con una maggioranza diversa.
Quali sono, a suo modo di vedere, i motivi più eclatanti che renderebbero l’italicum incostituzionale? Li vuol spiegare in termini comprensibili a un profano della materia?
Il premio di maggioranza prefissato nel cinquantaquattro per cento dei seggi. Ovvero trecento quaranta seggi e senza contare i dodici della circoscrizione estero, e indipendentemente dal consenso elettorale. Prendo lo stesso premio con il quaranta o con il quarantacinque per cento. O addirittura il cinquanta per cento dei voti. Lo scandalo comunque è il ballottaggio, dove una lista con il venticinque per cento dei voti al primo turno può conquistare il cinquantaquattro per cento dei seggi. Cioè può più che raddoppiare quelli che gli elettori le avrebbero assegnato. Questo non esiste in nessuna parte del mondo democratico. Inoltre, per far scattare il premio non c’è nessun quorum di partecipazione: che vada a votare il settanta per cento degli elettori o il trentacinque per cento, il premio è uguale. Un partito che rappresenta in termini reali meno del venti per cento degli italiani, governerebbe da solo. Si eleggerebbe il Presidente della Repubblica e quindi la maggioranza dei giudici costituzionali.
Lei si avvale della collaborazione di una rete di giuristi con cui opera a livello nazionale. Come l’ha costituita? C’è qualcuno che la “ispira” politicamente? E soprattutto, come opererà ora che lei ha presentato il ricorso al tribunale di Milano.
Ho partecipato alla fondazione del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, dove sono presenti associazioni e singoli soggetti di varia ispirazione politica ed ideologica.
Per quanto mi riguarda sono un socialista democratico e quindi credo nel nesso indissolubile tra socialismo e libertà e che il potere si conquista e si gestisce unicamente con la democrazia. Dopo il porcellum ho impugnato la legge elettorale per il Parlamento europeo e le leggi elettorali regionali di Lombardia, Sardegna, Toscana, Umbria, Puglia e Campania. Ho impugnato, sempre con un gruppo di avvocati democratici, l’elezione della Città Metropolitana di Milano. La differenza è che con l’italicum devo coordinare una ventina di ricorsi, che sono nella responsabilità di gruppi locali.
Come spiega l’appoggio che dal mondo politico le viene da parte di formazioni parlamentari come SEL e Movimento 5 Stelle? Stando all’ultimo sondaggio del Tg la 7 il movimento di Grillo avrebbe tutto da guadagnare dall’italicum. Non le sembra incongruo?
Si fanno battaglie di principio. I 5 Stelle e SEL hanno bollato l’italicum come antidemocratico e pericoloso per la concentrazione di potere che permette di ottenere. Sarebbe incongruo che lo sostenessero perché porta dei vantaggi. L’appoggio alle mie iniziative si spiega con il fatto che SEL e 5 Stelle fanno parte a titolo diverso del Coordinamento, e questa iniziativa non è un’iniziativa personale, ma collettiva del Coordinamento.
Mediamente, che tempi ci sono per una risposta da parte della Consulta? Crede che si andrà a votare con l’italicum? E in caso che la sentenza della Consulta avvenisse prima della data prevista delle prossime elezioni politiche nel 2018 e fosse favorevole alla sua tesi, con quale sistema elettorale si andrebbe a votare?
Il problema non è la Consulta ma i giudici che devono sottomettere la questione alla Consulta. Purtroppo nel nostro paese non è consentito, come in Germania e Spagna, un ricorso diretto alla Corte Costituzionale. Confidiamo che almeno uno dei venti Tribunali presso i quali presenteremo il ricorso, lo giudichi non manifestamente infondato, e lo mandi alla Consulta nella primavera del 2016. Quanto ai restanti suoi quesiti, ovvero se andremo a votare ancora nel 2018 con l’italicum, oppure con quale sistema elettorale ci chiameranno a votare se il mio ricorso venisse accolto prima, temo sia troppo presto per poter rispondere.
Claudio Madricardo
(da ytali.com, 9 novembre 2015)