Parlare di educazione significa anche conoscere i documenti fondamentali che riguardano la storia dei diritti dell’umanità. Accanto alla ‘Dichiarazione dei diritti dell’uomo’ del 1948 c’è la ‘Dichiarazione dei diritti del bambino’ del 1959, che segue quella storica di Ginevra del 1924 su ‘I diritti dei minori’. L’ultima in ordine cronologico è la ‘Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza’ che riconosce il minore soggetto attivo di diritti e non più solamente oggetto passivo di cura.
Il 20 novembre ricorre l’anniversario della Convenzione sui diritti dell’infanzia, siglata a New York dalla assemblea delle Nazioni Unite nel 1989. La convenzione è formata da 54 articoli e si fonda su quattro principi fondamentali:
1. la non discriminazione del bambino per credo religioso, razza, sesso e condizione
2. il miglior interesse del minore da determinare in accordo alla situazione del bambino in quel momento
3. la tutela delle condizioni di esistenza, ovvero il diritto di avere attenzioni per migliorare la vita
4. la partecipazione del bambino alla sua vita quotidiana, considerandolo come portatore di diritti in quanto soggetto attivo e protagonista della sua crescita.
A ciascun diritto corrisponde un dovere per gli adulti, famiglia ed educatori, enti locali, istituzioni che lavorano con i bambini. Infatti ogni argomento affrontato, dalla vita alla salute, alla formazione prevede azioni positive che garantiscano quel diritto e quindi investimenti di energie e risorse perché ogni bambino abbia un percorso di sviluppo adeguato.
Ciascun paese che ha firmato la Convenzione ha dovuto ratificarla con un legge interna per adeguarla alle norme e alle proprie pratiche educative, pur con le difficoltà del caso. Potremmo fare un lungo elenco sui bambini maltrattati, in istituti, di strada, violati, sottoalimentati e malati, in guerra e analfabeti che a turno riempiono qualche pagina di giornale o qualche servizio televisivo! Per loro non c’è ricorrenza, forse ci sarà un futuro; per molti, purtroppo, già segnato. La Convenzione impegna i governi ad inviare annualmente un rapporto al Comitato di Ginevra che ne sovrintende l’attuazione; li obbliga a rendere prioritari i diritti economici, sociali e culturali dei loro bambini, nella misura massima consentita dalle loro risorse disponibili; impone loro di operare dei cambiamenti fondamentali nelle leggi, nelle istituzioni, nelle politiche e nei programmi nazionali per uniformarli alla Convenzione stessa.
L’Italia, dopo la ratifica del 1991, ha poi attivato una serie di azioni fra le quali vi è stata la legge 285 del 97 che ha dato la possibilità agli enti locali di occuparsi dell’infanzia e dell’adolescenza progettando sul proprio territorio interventi mirati sui bisogni dei propri cittadini.
La caratteristica di questa legge era costituita dal metodo di lavoro che chiedeva di costruire sinergie fra chi opera per l’infanzia e l’adolescenza per lavorare al meglio e non disperdere energie.
Insieme alla legge sono nati l’Osservatorio nazionale per l’infanzia, il centro di documentazione a Firenze, la commissione parlamentare e l’istituzione della giornata dell’infanzia proprio il 20 novembre.
Anche nella nostra provincia ci sono stati molti progetti grazie alla legge 285, ne sono stati compartecipi i comuni, alcune comunità montane, l’ASL, le scuole, alla ricerca di azioni positive finalizzate al benessere dei nostri ragazzi che vivono, a volte, situazioni di disagio.
La convenzione è lo strumento che introduce un cambiamento nella cultura dell’infanzia. Oltre alla definizione del valore e della dignità della persona proclama che solo le varie procedure e i differenti percorsi educativi riescono a far interiorizzare questi principi in valori e obblighi morali. Servono azioni positive che concretizzano i pensieri, buone prassi che li consolidano, molte persone che le attuano. Allora vedremo davvero cura, attenzione, assunzione di impegno da parte degli adulti verso la crescita consapevole dei bambini. L’infanzia è un bene comune, rappresenta il nostro futuro.
Fausta Svanella