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Alberto Figliolia. In viaggio con Walter Bonatti in capo al mondo
11 Novembre 2015
 

Quello che riportai dal K2 fu soprattutto un grosso fardello di esperienze personali negative, direi fin troppo crude per i miei giovani anni.

La realtà è il cinque per cento della vita. L'uomo deve sognare per salvarsi.

 

 

C'è stato il Cervino scalato per la Parete Nord, in inverno e in solitaria. Un'impresa mai tentata prima d'allora, un'avventura – del corpo e dello spirito – eccezionale. O si dovrebbe parlare dei bivacchi in parete durati lunghi e tormentosi giorni o di scalate creative e perfette. E c'è stato il K2, anno 1954, una spedizione epocale e di successo, ma con l'esito di innumerevoli strascichi di polemiche durate decenni. Questa pure fu per Walter Bonatti (22 giugno 1930 – 13 settembre 2011), magnifico alpinista-esploratore nonché eccellente scrittore-fotografo, un momento quasi sovrumano (e di profondo malessere interiore)... Sopravvisse a una notte all'addiaccio ben oltre gli 8000 metri dopo aver portato a Lino Lacedelli e Achille Compagnoni (che le presero il mattino seguente) le bombole colme d'ossigeno che servivano per la conquista della vetta, infine dai due raggiunta. Perché Bonatti fu emarginato e vituperato, lui che aveva svolto il suo compito con diligenza portando in quota le bombole d'ossigeno, lui che non aveva consumato un atomo di ossigeno di quelle stesse bombole, lui che aveva atteso invano l'arrivo dei compagni laddove essi avrebbero dovuto essere, ossia all'appuntamento previsto, lui che poté scorgere, per una storia di equivoca superficialità di altri, la morte in faccia in quella notte a – 50°, nella terribile bufera di neve, nella tragica maestosità della Natura?

La giustizia ha poi ristabilito la verità e ogni onore è stato restituito a Walter, il quale tuttavia rimase segnato dentro da quella esperienza. Da allora divenne un solitario, vedi il Cervino, ultima sua scalata da grido, per dedicarsi soprattutto ai viaggi nei luoghi più selvaggi e inesplorati della Terra: dal profondo deserto australiano alla discesa in canoa delle immani e immense acque fluviali del Grande Nord americano; dal bagno con gli ippopotami alla discesa nel cratere di un vulcano; dalle isole più remote alla convivenza con gli indios; dalle ataviche foreste pluviali alle Ande dai cieli smisurati, e il Kilimangiaro, il Ruwenzori, Sumatra, le Isole Marchesi sulle tracce di Herman Melville, la Patagonia e Capo Horn, la Nuova Guinea. Non vi è stato luogo dove la sete di conoscenza e la curiosità non abbiano spinto Bonatti, che poi confezionava per il periodico Epoca reportages, a dir poco, strepitosi e avvincenti, facendo sognare giovani e meno giovani, destando l'attenzione di coloro che erano comodamente seduti sul divano di casa o esortando all'azione nel mondo e alla sua interpretazione.

In capo al mondo. In viaggio con Walter Bonatti, in scena sino al 16 novembre al Teatro Libero di via Savona 10, Milano, celebra questa meravigliosa figura dal punto di vista umano e culturale ripercorrendone le fascinose orme esistenziali, sin dai primi sogni sulle rive del Po, attraversato a nuovo con gli amici, e dagli anni di formazione, quando il giovane Walter si fabbricava da sé i chiodi o i cappelli da usare nelle arrampicate. Un viaggio lungo, dalla Grigna al Gasherbrum IV e al Cerro Torre (seppur fallito), dai già citati K2 e Cervino alla "stabile" dimora di pietra e legno a Dubino, Valtellina, nel mezzo delle Alpi, come una freccia puntata dall'arco nel cuore del mondo. E l'amore con Nausicaa, vale a dire l'attrice Rossana Podestà, la bellissima e dolcissima Rossana, trent'anni di vita trascorsi insieme, e i libri di London, Conrad, Conan Doyle, le fantasie e le rotte immaginarie e reali... Artefici della rappresentazione al Teatro Libero sono Federico Bario e Luca Radaelli, quest'ultimo, lecchese, anche interprete del monologo. Pregevole peraltro la sottolineatura della chitarra di Maurizio Aliffi, che aggiunge ulteriore pathos alla già drammatica e splendida narrazione. E, con le parole, immagini che scorrono su uno schermo fatto di scatoloni, smontabile e rimontabile – un po' come i casi della vita, fra il labile e il definitivo, fra il volatile e il necessario –, in questa inesausta ricerca dell'armonia che è stata la vita di Walter. Il più grande alpinista-esploratore che mai abbiamo avuto, sempre vivo nella nostra immaginazione e nel nostro cuore.

 

Alberto Figliolia

 

 

In capo al mondo. In viaggio con Walter Bonatti, sino al 16 novembre. Teatro Libero di Milano, via Savona 10.

Orari: ore 21, domenica ore 16.

Info: tel. 02 8323126; www.teatrolibero.it; biglietteria@teatrolibero.it

 

Prossime date di In capo al mondo: 27 novembre 2015 Trento, Teatro Portland; 30 gennaio 2016 Piacenza, Spazio Trieste 34; 13 febbraio Verona, Teatro Scientifico; 27 febbraio Cassano Valcuvia, Teatro Periferico; 22/23 marzo Avezzano, Teatro dei Colori; 24 marzo Lucerna (Svizzera), Società Dante Alighieri, 23 aprile Belluno/Dolomiti, TIB Teatro.

 

Note di regia: Lecco, la città dove sono nato, è una delle capitali mondiali dell’alpinismo. A Lecco tutti vanno in montagna, parlano di montagna. Io amo la montagna, ma ho scelto di occuparmi di teatro. Qual è il nesso? Come diceva Carlo Mauri, un grande alpinista lecchese: L’avventura, l’amore e l’arte sono le tre cose che ti fanno battere il cuore. Racconterò l’epoca degli alpinisti pionieri, priva di grandi sponsor e di grandi mezzi tecnologici. Racconterò le grandi scalate del Dru, del Cervino, del Gasherbrum IV, i successi internazionali così come le sconfitte: la tragedia del Monte Bianco, e quella sfiorata del K2. Il passaggio dall’esplorazione in verticale a quella in orizzontale, nel vasto mondo. La celebrità, l’amore, la morte. Dietro Walter Bonatti non ci sono solo le leggendarie imprese alpinistiche, né le celebri esplorazioni condotte per Epoca, dietro Bonatti c’è una filosofia di vita. C’è la volontà di arrivare alla meta senza compromessi, in un confronto leale con la Natura. C’è la curiosità, la voglia di conoscere, quella che condusse Ulisse oltre le colonne d’Ercole. C’è l’umiltà di confrontarsi con culture diverse dalla nostra, magari da noi considerate arretrate e invece più sagge perché in armonia con gli elementi naturali. C’è un grande senso della giustizia, quello che portò Bonatti a lottare per cinquant’anni, ostinatamente, per ristabilire la verità sulla spedizione del K2. Perché sono gli uomini a incrinare l’armonia del mondo, con le invidie, le falsità, gli opportunismi. L’ideale di Bonatti è invece un ideale di purezza.


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