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Barbara Bonfadini: Fotogrammi dal mio viaggio in Bolivia
Bambini Boliviani
Bambini Boliviani 
16 Novembre 2006
 
La giovane viaggiatrice inaugura su questa sezione un auspicio del curatore di Critica della Cultura e cioè che chi nel mondo viaggia riesca poi con l’ausilio della foto o del ricordo fotografico a “narrare” luoghi e visitati e il riflesso che essi hanno nel gomitolo dell’anima che sembra si addipani sulla via del ritorno. Barbara Bonfadini, con il suo viaggio in Bolivia dal 16 luglio al 24 agosto 2006, prosegue poi una tradizione che alcuni valtellinesi hanno avuto da sempre: quella del viaggio incontro ai popoli del Terzo Mondo. (Claudio Di Scalzo)
 
 
FOTOGRAMMI DAL MIO VIAGGIO IN BOLIVIA
 
Evo
È la sera del 6 Agosto e io e Charly, di rientro da un faticoso giro nel deserto del Salar e tra le lagune colorate, ci siamo appena infilati in un ristorante di Uyuni, una cittadina sull’altipiano boliviano che somiglia ad una di quei posti che si vedono in certi vecchi film western, fatti di poche casupole e qualche polverosa strada, dove la terra è aspra e la gente parla poco. Fuori il freddo è pungente e noi siamo stanchi e affamati. Ordiniamo una bistecca di lama e mentre aspettiamo guardiamo alla TV il discorso per l’anniversario dell’indipendenza nazionale del nuovo presidente, Evo Morales. Mentre cerco di capire quello che sta dicendo sulla lotta al narcotraffico, resto colpita dal fatto che tutti, ma soprattutto i gestori del locale, che sono gli unici boliviani presenti, stanno con gli occhi fissi sullo schermo, e ascoltano, e si vede che credono davvero in quello che dice quest’uomo che poi è uno di loro…Anche io vengo catturata dall’enfasi che lui mette nel parlare, dai tratti spigolosi della sua faccia da Boliviano, e mi riscopro a invidiare un po’ questa gente… anche se io sono occidentale e tutto il resto… però la mia parte idealista si emoziona perché nelle parole di Evo c’è tutto il calore di chi ha seriamente intenzione di fare qualcosa di buono per il suo popolo... risulta credibile… E da noi, in occidente, il fatto di poter credere a un politico è qualcosa di improbabile!!
In questi giorni ho visto la sua faccia ovunque tappezzata sui muri delle città, e stralci di quel discorso verranno rimandati in onda infinite volte nei tg del paese. Evo Morales è stato eletto dalla stragrande maggioranza del popolo, è uno di loro. Conquista anche me, così tanto che lo chiamo come lo chiama la sua gente, solo Evo, e tifo per lui, per una Bolivia che non si faccia più sfruttare e derubare delle sue immense risorse e che riesca a restituire dignità al suo popolo.
 
Il lago sull’altipiano
In mezzo al grande lago che segna il confine tra Bolivia e Perù c’è l’Isla del Sol, un luogo fuori dal tempo, dove la gente vive realmente senza sovrastrutture. Il lago è un po’ il mare della Bolivia, dato che l’accesso a quello vero è andato perso con la sconfitta nella guerra del Pacifico di fine ‘800 contro il Cile. Quando approdiamo sulle rive dell’isola, dopo aver preso un’imbarcazione locale, per un attimo mi sembra di trovarmi su un’isola dell’Egeo, prima di sentire una folata di vento che mi risveglia dall’incanto e mi riporta alla realtà, perché il lago si trova sempre sull’altipiano e le temperature sono decisamente più rigide rispetto alla Grecia!! Mi volto verso il lago e sullo sfondo noto una incredibile vista di tutta la Cordillera con le sue cime innevate che fa venire i brividi…non avevo mai visto niente di simile!!
L’isla del Sol è una delle mete turistiche più ambite dagli stranieri: ogni giorno una miriade di sgangherati traghetti va e viene da Copacabana e porta la gente da una zona all’altra dell’isola. Noi naturalmente questo percorso lo facciamo via terra (!), a piedi, da nord a sud, con gli zaini pesantissimi, per andare a vedere le rovine Inca, che mi ricordano i ruderi che ci sono da me in montagna... Per la verità non è che sia rimasto granché del palazzo del primo re Inca... Intorno a noi i bambini locali come tante mosche ci chiedono continuamente soldi per una foto con loro, o ci chiedono direttamente i soldi !!…penso che nonostante la povertà sia meglio per un bambino nascere qui piuttosto che tra le infinite distese di baracche di El Alto per esempio… Vabbè… son tutte riflessioni di una turista di passaggio… che ne so io della povertà in fondo? ...Lasciamo che se ne occupi Evo mi dico tra me e me.
 
Caos cittadino
Della grande città La Paz, capitale amministrativa del paese, nonché nostra “base operativa”
conservo nella memoria tante immagini e anche i suoni, gli odori, buoni e cattivi, il totale disordine del traffico, i clacson che suonano in continuazione, i centomila taxi di tutti i tipi che intasano le strade, l’inquinamento da gas di scarico, le signore piccole e grosse dagli enormi gonnelloni e la bombetta inglese sulla testa, che Charly chiama simpaticamente “comodini”, i fili elettrici che corrono tutti attorcigliati e in mille direzioni sopra le nostre teste, le bancarelle con sopra di tutto, dolci, frutta, verdura, accanto ad altre dove ti vendono bidet e vasche da bagno… un casino incredibile da cui vorrei scappare a gambe levate dopo due minuti che ci sono dentro!! ...Questa è la mia prima sensazione, poi mi adatto, ma mai abbastanza!! Charly è più abituato di me alle città sudamericane… io vorrei tanto chiudere gli occhi e teletrasportarmi nella baita di famiglia a Sondrio, isolata e raggiungibile solo a piedi, dove non trovi nessun vecchietto a vendere candele all’angolo della strada o bambini che si fanno di colla come succede qui davanti all’albergo di sera…
Invece sono lì… e sono lì per qualcosa di importante…
 
La tanto agognata vetta
E poi… ho impresso nella mia mente tutto l’intero film della conquista di una vetta… la nostra prima vetta da seimila, dico seimila e ottantotto metri!!.. il sogno di un anno intero: tutto quello che si è fatto prima era preparatorio a questo momento… e quando partiamo per il Passo Zongo, dopo un primo trekking in altura di qualche giorno, in jeep, con Juan e Franklyn, le due guide, il cuoco Francisco e i portatori mi rendo conto all’improvviso che ci siamo!
Già, perché io e Charly non abbiamo scelto la Bolivia per ripercorrere le orme di Che Guevara, è meglio chiarirlo: non siamo quel genere di persone… no… apparteniamo a un altro genere, quello degli appassionati della montagna… ma poiché se Charly leggesse questa definizione senz’altro si indignerebbe è meglio che io specifichi: lui è mountain-addicted, amante viscerale della neve, del ghiaccio, della fatica necessaria per arrivare in cima, che si traduce in cibo per lo spirito, insomma della montagna intesa come ricerca interiore; mentre io più che altro sono montanara, nel senso che, essendo valtellinese, ho le montagne dentro, e credo che questo da solo basti per spiegare il mio carattere e il mio modo di pensare l’esistenza.
Quando arriviamo a Campo de Rocas, il campo alto, realizzo all’improvviso che veramente dovrò andare là su quella vetta che si staglia minacciosa di fronte a me...già perché come al solito io non penso mai troppo a quello che devo fare finché non sono sul punto di doverlo fare: così mi sono allenata per mesi, ho organizzato con Charly il viaggio, i trekking e questa spedizione nei minimi dettagli, e in tutto questo tempo ho evitato volutamente di riflettere seriamente sulla cosa, tanto c’era già Charly che ci pensava in modo ossessivo! E così mentre guardo quello che ho sopra la testa mi domando come diavolo potrò fare una cosa del genere… mi do della pazza e per un attimo faccio per dire a Charly con sguardo supplichevole qualcosa tipo “sai pensavo di aspettarti qui”… invece sto zitta mentre sistemo nella tenda i miei ramponi e la picca, e da quel momento in poi decido di tenere per me questa sensazione di inadeguatezza all’impresa e di ostentare tranquillità, se non altro per un fatto di orgoglio…
È la prima notte in tenda e fuori ci sono -15, nevica. La tenda è molto valida e noi siamo nei nostri sacchi termici. Tutto sembra regolare fino a quando provo a dormire: per via della scarsità di ossigeno ho continue apnee: ogni volta che sto scivolando nel sonno il mio organismo mi fa risvegliare bruscamente, ed è in realtà un bene, perché significa che non riesce a raccogliere ossigeno a sufficienza e se mi addormentassi rischierei di non svegliarmi più!… Charly non ha questo problema perché respira bene con il naso, mentre io da sempre tendo a respirare con la bocca di notte… Casco dal sonno ma non posso dormire… e ben presto mi sento ansiosa, anzi ho proprio una crisi di ansia che Charly cerca di calmare parlandomi, ma io penso di tutto nelle due ore successive: soprattutto ho paura di morire soffocata… una sensazione orribile… poi mi viene la dissenteria e così sono anche costretta ad uscire nella notte diverse volte… Vado avanti così tutta la notte e al mattino sono naturalmente esausta. Charly sta bene. Juan a colazione mi dice che sono sintomi normali, e io nel frattempo sono tornata razionale, però mi sento davvero stanca e debole… sono completamente svuotata delle mie riserve di energie… Mi trascino su con gli altri fino a 5500 mt per fare un po’ di pratica: camminare è diventato faticosissimo per me e più che altro poi sto a guardare mentre fanno una specie di esercitazione che consiste nel simulare una scivolata dentro un crepaccio e provare poi a recuperare chi cade… Guardo Charly mentre si impegna a recuperare Franklyn dal crepaccio e, dubitando di poter recuperare le energie per la partenza, cado un po’ nello sconforto… Ritorniamo all’accampamento e mentre aspettiamo le cinque per la cena riposiamo un po’ in tenda… Charly è carico a mille, è lì che sistema tutti i suoi materiali con estrema attenzione, disponendo tutto quanto in attesa del grande evento, che avrà inizio verso l’una di notte… È il suo momento: sono anni che sogna di conquistare la sua vetta e io tra me e me spero che ce la faccia almeno lui… Su di me ho seri dubbi…
Ceniamo e mi accorgo che Juan mi osserva… credo che abbia capito che sono in seria difficoltà… Non mi piace quello sguardo… E penso tra me e me che io comunque parto… vedo dove arrivo… ma di certo non rinuncio... Anche se non mi sono mai sentita così debole… Cerco di mangiare in modo equilibrato, ma non tanto, perché vorrei provare a riposare dopo. Nel frattempo la dissenteria è passata, per fortuna… Io e Charly ci ritiriamo in tenda… sono le sei e la sveglia è a mezzanotte, fra sei ore…
E nella notte succede una cosa strana: le apnee sembrano nuovamente non volermi far dormire… ma in qualche modo entro in uno stato di relax… forse perché non mi aspetto più nulla dal mio corpo stanco… non lo so… comunque quando usciamo dai sacchi per prepararci mi accorgo che non ho più le gambe pesanti e, incredibile, mi sento riposata… Charly invece è spossato perché per la troppa adrenalina non ha chiuso occhio... è veramente arrabbiato… prendiamo un po’ di vitamine e sali minerali, sciogliamo il polase nelle borracce con l’acqua e andiamo a fare colazione: incamero una buona dose di zuccheri ma senza esagerare… mi viene in mente mio fratello Chicco, che una volta mi ha detto che in montagna non bisogna mangiare, ma alimentarsi, e cerco di seguire questa regola.
E poi bevo tanto mate de coca… le foglie di coca aiutano contro il mal di montagna…
Bene… è il momento della partenza...il mio zaino è già leggerissimo perché sono stata previdente ma Juan decide di darlo a Franklyn da portare, poi stabilisce che io sarò subito dietro di lui in cordata, dietro ci sarà Charly e infine Franklyn. Cominciamo la lenta salita: io sono molto concentrata e cerco di respirare bene, vado su bene e non faccio fatica… sono stupefatta di questo mio corpo che reagisce inaspettatamente bene… mi sembra una specie di miracolo!! Purtroppo Charly dopo un paio di ore di cammino comincia a mollare un po’: è stanco e le gambe non vanno, dice… Ogni tanto chiede di fermarci… vedo che è proprio in difficoltà e questo capovolgimento dei ruoli mi sembra un vero e proprio tiro mancino della sorte!... Stava bene ieri… Boh… Andiamo avanti fermandoci ogni tanto per Charly, mentre io sto sempre bene, ogni tanto mangio un pezzo di barretta e bevo, resto vigile perché so che prima della fine avrò anche io la mia crisi… Ma mi sento forte, sto riuscendo a gestire bene la situazione con la testa, sono davvero contenta, e questo mi gasa!!... Probabilmente a Charly in questo momento sta succedendo il contrario… so come vanno queste cose… d’altra parte ieri ero io quella in crisi… Però per Charly è peggio, perché questo è il suo grande sogno… Quando Juan capisce cosa c’è nella testa di Charly prende in mano la situazione e ci annuncia che cambieremo le posizioni… Franklyn sarà capocordata con dietro Charly, poi Juan e infine io..Speriamo che serva a motivare Charly!! Ragiono e penso che riuscirà a riprendere il controllo della situazione, perché in certe condizioni è la testa che comanda e non le gambe, ho fiducia in lui! Ancora in piena notte arriviamo ad una seraccata da oltrepassare praticamente scalando con la picca una parete che a me sembra verticale! È un bene che sia buio mi dico, così non vedo le dimensioni di questo bestione che dobbiamo in qualche modo domare!.. Quando poi lo rivedremo durante la discesa più tardi ci verrà un colpo!!... Superata la seraccata mi sembra di aver fatto una bella prova, però mi ripeto che c’è ancora tanta strada da fare, perciò devo restare molto concentrata e fare attenzione alle mie reazioni, ai miei pensieri, alle dita dei piedi e delle mani, perché a queste temperature basta un attimo e sei fritto, anzi congelato!!
Incontriamo un gruppo in cordata fermo: c’è uno che vomita… saranno saliti troppo in fretta mi dico… e la montagna non perdona… Comincio a pensare che abbiamo scelto bene la nostra guida, questo piccolo boliviano di nome Juan ci sta guidando in modo sicuro ed autorevole fin lassù, e mentre seguo alla lettera quello che mi dice di fare mi rendo conto che molti di quelli che ci hanno superato nelle prime ore li abbiamo in seguito ripresi e lasciati dietro… sì, Juan è veramente un manico!!... Cresce dentro di me la considerazione che ho dell’uomo, e anche Charly, poi mi dirà, sta pensando le stesse cose.
Verso le sei del mattino, dopo aver superato un dislivello di alcune decine di metri arriviamo su un pianoro e alziamo la testa, restando di sasso per quello che ci troviamo davanti: una parete altissima che ci dicono essere di 180 metri… a me sembra una parte verticale, anche se mi dicono che arriva al massimo a 45/50 gradi di pendenza!!
Io e Charly ci guardiamo… lui è a pezzi, io penso che magari i primi dieci metri di quel muro li faccio... ma i restanti 170?!.... Juan si gira verso di noi e dice “O la cumbre o la muerte!”…
Be’… dopo questa frase non serve altro… Chiamiamo a raccolta le energie residue, veramente scarse, e percorriamo gli ultimi metri che ci separano da quella terribile muraglia e poi diamo l’assalto alla vetta!... Procediamo con Franklyn davanti che va su con due piccozze, dietro Charly, che sembra rinato, galvanizzato com’è, e poi il grande Juan che sembra leggermi nel pensiero e mi incita e sostiene… Io arranco e ogni metro mi costa degli immani sforzi di volontà, forse anche perché adesso siamo veramente in alto e la fatica è doppia!... A metà guardo su e vedo la vetta ancora troppo lontana, è veramente dura, la cosa fisicamente più dura di tutta la mia vita, piango per la sofferenza, ma vado avanti… gli ultimi metri sono interminabili… non capisco più niente, sono stravolta e quando finalmente tocco la cima mi abbandono in un pianto liberatorio, mentre in me si fa strada la consapevolezza di aver fatto qualcosa di grandioso… Ci abbracciamo tutti e guardiamo dalla cima il sole che sta nascendo su La Paz e El alto, una visione che purtroppo non riesco a godermi a causa di un principio di congelamento a una mano e a un piede… vedo le stelle… Facciamo un paio do foto e scendiamo di corsa… Più tardi, al campo, dalle foto noteremo la faccia gonfia come un pallone di Charly e ci diciamo che abbiamo fatto bene a scendere subito!
 
E così l’obiettivo centrale di questo viaggio è stato raggiunto… e mi son portata a casa, oltre a un bagaglio di ricordi e immagini che resterà a lungo scolpito nella mia memoria, anche la consapevolezza di aver portato un po’ più in là i miei limiti, guadagnando una nuova forza interiore… che mi servirà anche nella vita al di sotto dei ghiacciai… dove non ci sono crepacci, ma dove a volte la strada può essere dura come quei 180 metri finali, e ci vuole una buona gamba, tanta pazienza e tenacia, e un briciolo di pazzia!!
 
Barbara Bonfadini
 
 
«Sono così varie le interpretazioni che si possono dare e vivere della montagna, perché lei rivela il proprio volto, severo o sorridente, tenero o spigoloso, solo a chi la ricerchi in prima persona; inoltre poiché resta, massiccia e acuminata, sempre più grande di ogni nostro sforzo per lambirla. Proprio per questo, accedere alla sua presenza presuppone un atteggiamento umile, di chi non pensi di poterla toccare solo grazie alle proprie capacità individuali. Interpretare autenticamente la montagna significa, allora, far esperienza del venir meno delle nostre attese, forze, aspirazioni, così soltanto riuscendo ad ascoltare la spontaneità delle sue forme viventi, di emozioni e colori che sa riverberare. Non saremo noi a conquistare la cima, se prima lei non avrà sospeso da noi ogni egoismo troppo volitivo. Discesi dalle sue bellezze sempre più elevate, potremo tornare più comprensivi nel mondo quotidiano: dediti ai nostri operosi lavori nei quali, se capaci di aprirci una via personale, ma non prevaricatrice, sapremo ancora ascoltare la verticalità più naturale». (da Filosofia della montagna di Francesco Tomatis)

Foto allegate

Acque di Bolivia
Quadretto boliviano con lama
Huayana Potosì
Real Cordillera
Sulla vetta
 
 
 
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