Dio non può che essere uno, nell’unità di natura, uno nel suo cerchio infinito: perché tutto non può derivare che da un unico principio; perché il mondo è una continua proiezione divina. Tutto il creato è contenuto, nella sua essenza, nella sua idea, in Dio. Dio è l’Essere per l’uomo. E l’uomo è il più bell’albero che liberamente cresce nel suo giardino.
Uomo, albero di Dio,
dalla sua stessa vita spinto
a fiorire (…)
(David Maria Turoldo, Diario dell’anima, Milano, Ed. San Paolo, 2003: 23)
Io sono un te-onomasiologo, non un teologo, come l’antropologo Turoldo. Ovvero, studio i nomi degli dèi ed i paleonimi, i nomi antichi, per cogliere le origini esatte del syntagma. Questo, che cos’è in parole di chi ha definito il termine per primo? [‘Uomo albero buono’ è sintagma, ad esempio].
Syntagma è prova che abbiamo fatto centro, l’Albero buono, che mi indeizza,1 ed io.
Questa è la prima scoperta: io sono due. Con me è l’Albero buono (GESH.BU sumero) che mi fa chiarire:
sintagma [Termine introdotto in linguistica da F. De Saussure (1857-1913) per indicare qualsiasi segno in quanto sia costituito da una successione di unità lessicali e grammaticali minori. Nell’uso attuale, unità, di varia complessità ed autonomia, di livello intermedio tra la parola e la frase (per es., a casa, di corsa, contare su [qualcuno]; in partic., con riferimento alla categoria grammaticale: s. nominale, verbale, aggettivale, preposizionale. Si usa chiamare s. cristallizzato, in linguistica, un sintagma risultante non dalla libera unione di due o più morfemi (come potrebbe essere, per es., la frase un incontro inatteso) forma fissatosi stabilmente in una determinata forma nella lingua, e ripetuto quasi passivamente da chi parla o scrive (per es.: un imbarazzante silenzio, un viaggio di piacere, in un raptus di follia, ecc.); è detto anche stereotipo2 (Psic. Percezione o concetto eccessivamente rigido ed eccessivamente semplificato o distorto di un aspetto della realtà, in particolare di persone o di gruppi sociali. Ling., Successione fissa e ripetuta di parole, che assume un significato globale e autonomo). Re.: lo Zingarelli’98]. Albero buono riferito ad una persona è sintagma.
Lo strutturalista De Saussure colse questo significato complesso, che riteneva valido al presente, mentre al passato la diacronia tendeva a differenziare il significante dal significato, secondo lui con poco senso. Io leggo linguisticamente in sumero il sintagma sin-tag-ma, combinatorio di ‘luna-pezzo-generante. generato’. Dunque, questo termine rende falso il convincimento di De Saussure –diversità di significante-significato sui 4000 anni-!
Resta valida, a parer mio, la sua intuizione di un allontanamento ontologico dei micro-significati dal significante nel tempo, ma il concetto centrale della lingua, sum. dingua, era chiaro ai Zumeri più che a noi: Sin è la dea luna, si, che entra, -in, nell’essere umano con la ‘conoscenza zu’ (En zu, signora luna), tag è il pezzo (di luce -me-), ma è la fonte che genera ed anche il generata.
L’Albero buono entra in me e mi fa ge.me.re di gioia.
Per il tag rimando al precedente "La lingua sumera in Tages".
La seconda scoperta è l’albero, medium tra gli ultimi 2000 anni ed il precedenti 2000:
geshbu, gespu, gesba, gespa
bow; boomerang; throw-stick (gish, ‘tool’, shub, ‘to cast, throw’, + nominative a; ending reflects vowel harmony prior to vowel contraction).3
geshbu2, geshpu2 [SU.DIM4]
fist(s); hook; handle; grappling hook for a wrestler; wrestling (often linked with lirum3, ‘athletics’) (gish, ‘wooden tool’, + bu(4), ‘to pull, draw’).4
GESH.ba = ‘animaba alberogesh’. L’anima è l’elemento connettivo di una civiltà animistica, come la sumera, ed una personalistica, come la nostra (dove vivono persone con anima e persone con animo).
GESH.BU, sumero ‘albero. conoscenza’ ed ‘albero. buono’: due significati in un solo albero.
Albero lat. è arbor. Sum. bur-ra, a class of priests or temple servants; one who fills bowls (?); negligence.5 Bur-ra va letto in modo circolare: ar-bur. Comprova: 23: (ar), ara4-bumusen an edible waterbird [uccello, musen, su albero, ara/ar-bu].
E l’Uno?:
unug(2), unu(2)
dwelling; dining or banquet hall; fortress; jewelry, adornment; cheek; the city of Uruk (uga3/un, ‘people’, + ig, ‘door’) [UNUG archaic frequency]. [Halloran 299].6
Halloran rende qui eguale unug, unu.
Ovvero: uno di luce, ig, uno di buio, gi, ed Uno. Igigi sono ‘dei superiori e demoni’, poi ‘angeli e demoni’ -daimones-, ‘occhi aperti, igi, occhi chiusi, gi’. L’albero si distingue dai suoi frutti, ed il buono è diverso dal cattivo.
bun (2); bu (7)
n., lamp, light; blister; bag-type of bellows; rebellion (hollow container + nu11 , ‘lamp’? –si noti la corretta inversione inconsapevole un-nu-).
v., to be swollen; to blow; to ignite, kindle; to shine brightly (cf., bul, ‘to blow; to ignite’).7
Carlo Forin
1 Indeizzazione: azione di entrata di Dio (di una divinità per i pagani) nell’uomo. È la comunione eucaristica, prova che il cristianesimo può imparare in linguistica.
2 Vocabolario della Lingua Italiana Treccani, Roma 1994.
3 John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Logogram Publishing, Los Angeles, 2006: 97.
4 Idem.
5 John Alan Halloran, op. cit.: 35.
6 Ivi: 299.
7 Ivi: 35.