Al giornale radio di Radio3 delle 13:45 (del 24 settembre), il giornalista della Rai Riccardo Cristiano ha dato notizia della canonizzazione di Fra’ Jupitero Serra (dichiarato santo da papa Bergoglio, nonostante le proteste degli indiani) e lo ha definito “difensore degli Indiani” della California. Se avesse intervistato gli esponenti delle tribù indiane avrebbe saputo che tale gli indiani non lo definiscono. Così scrivono al Papa in un appello pubblicato da Adista, il 14 settembre: «L'autorità morale sulla nostra storia siamo noi! Molte tribù californiane e coloro che le appoggiano si oppongono alla canonizzazione di padre Junipero Serra da parte di Sua Santità papa Francesco. La canonizzazione di padre Junipero Serra è un oltraggio. La fondazione del sistema delle missioni nel 1769 da parte di Serra nelle terre ora note come California meridionale fu l'esatto opposto di un'opera santa. La canonizzazione di Serra legittimerebbe le azioni di un sistema che provocò la morte di migliaia di nativi, i quali vennero costretti con la forza a far parte del sistema delle missioni. Esistono testimonianze più che sufficienti per dar corpo a questa tragica verità, incluse le lettere scritte dallo stesso padre Serra… Le missioni erano prigioni per la mia gente, veri e propri campi della morte. Seguendo gli ordini di Serra, durante le notte i nativi venivano rinchiusi nelle missioni, dove non ricevevano cibo sufficiente, venivano torturati e violentati. Durante il giorno, invece, essi costituivano una fonte di lavoro gratuito attraverso il quale vennero erette alcune delle architetture più belle del nostro stato, le quali tuttavia erano soltanto una facciata per i campi della morte, devastati dalle malattie» (Andrew Salas, capo tribù della Kizh Nation).
Lettere a appelli sono stati vani, la voce degli indiani ieri come oggi, non merita alcun ascolto, neppure da papa Francesco. Delle proteste degli indiani nessun cenno nel servizio. Così va l’informazione dei nostri valenti giornalisti “vaticanisti”: scrivono col turibolo al posto della penna.
Luigi Fioravanti