Uno scherzo lo si dice innocente quando è fatto soltanto per divertimento, senza recare danno od offesa ad alcuno.
Il blockbuster di Hollywood appena uscita al cinema – Mission: Impossible. Rogue Nation – ha, come vedremo, i tratti di uno scherzo; forse è anche uno scherzo riuscito, ma può dirsi davvero innocente?
Come sa chi ha visto altre puntate della saga di Mission Impossible, anche qui si raccontano le avventure di un agente segreto, certo Ethan Hunt, e della squadra che ha allestito, al servizio degli Stati Uniti.
Stavolta l’eroe intende smantellare una potentissima organizzazione terroristica – composta da agenti segreti di tutti il mondo, dati per morti e dispersi (è la “Rogue Nation”, la nazione canaglia, a cui allude il titolo) – che ordisce attentati in tutti gli angoli del pianeta ai danni dell’America e dei suoi alleati. Se il volto del Male nel film ha connotati fantastici, fumettistici, forse ancora più apertamente inverosimili sono le azioni dei “nostri” e in particolare del protagonista. Che resti aggrappato al portello di un aereo mentre decolla, che svolga in apnea la delicatissima manipolazione di un sofisticato sistema di sicurezza, che si muova come un acrobata tra le cantinelle di un palcoscenico all’inseguimento di un killer, sfidando ogni volta le leggi di gravità e quelle di resistenza di un comune organismo umano, tutte le sue imprese sono così rocambolesche che è evidente l’ironia che le avvolge per intero. Si aggiunga che l’eroe ha la faccia stolida, impassibile, che gli regala chi lo interpreta, Tom Cruise; e che i suoi modi da seduttore, rivolti al paio di ragazze con cui ha a che fare, sono risibili.
Tutto ciò va detto, beninteso, a elogio del film, sia pure un elogio senza entusiasmo. Come si dice: il divertimento è assicurato, ma un divertimento del tutto superficiale, che non può coinvolgere le emozioni e i sentimenti profondi dello spettatore.
Ma se il film è uno scherzo, non è uno scherzo gratuito. Lo scherzo è anche il veicolo di un messaggio, fatto arrivare, con la potenza di un kolossal americano, in tutto il mondo.
L’organizzazione segreta di Mission Impossible – quella dei buoni – agisce al di fuori di ogni regola e di ogni controllo, tanto che all’inizio del film il capo della CIA – che, nel film, invoca trasparenza – vorrebbe scioglierla (salvo ricredersi alla fine, visti i successi conseguiti dall’organizzazione).
Come nel film si ripete più volte: a mali estremi, estremi rimedi. E fra i rimedi evocati, si profila perfino il sequestro del Primo Ministro inglese. Il quale, beninteso, è tra i buoni. Ma si lascia subornare dal capo dei propri servizi segreti. E saranno gli agenti americani ad aprirgli gli occhi.
E anche il cancelliere austriaco non ne esce tanto bene, se è il bersaglio di un attentato del quale non sembra avere alcun sospetto, e che sembra minimizzare fino all’ultimo, per poi lasciarci le penne, nonostante gli eroi americani si siano prodigati fino davvero all’inverosimile per salvarlo.
Se intromissioni fuori legge e benevole violenze sono, a quanto pare, necessarie per il bene degli alleati europei, buoni ma ingenui, o impreparati rispetto all’efferatezza del Male, è certo e ovviamente meno benevola la violenza riservata al capo dei malvagi. Quando viene catturato, è imprigionato in una scatola di vetro, nella quale, sotto gli occhi compiaciuti degli agenti di Mission Impossible che la circondano, è introdotto un gas tossico. Si tratta di una ritorsione, perché lo stesso metodo fu utilizzato dalla vittima. Il gas ha probabilmente soltanto lo scopo di sedarlo. È una forma fantasiosa di arresto. Eppure, se si osserva la “coreografia” della scena, i gesti compiuti dai carnefici, si ha l’impressione di assistere a un’esecuzione extragiudiziaria. Ed è la scena che suggella lo “scherzo”.
Gianfranco Cercone
(da Notizie Radicali, 26 aosto 2015)