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Alberto Figliolia. Omaggio a Darryl Dawkins, morto il 27 agosto 2015
28 Agosto 2015
 

Baby Gorilla. Un gigante buono. Anche se la faccia poteva sembrare cattiva... Di una simpatia travolgente era Darryl Dawkins, improvvisamente scomparso, il 27 agosto, per un attacco cardiaco. Aveva solo 58 anni. Di travolgente simpatia era l'uomo e di squassante potenza il giocatore: Chocolate Thunder, Tuono di cioccolata, era un altro suo nickname. Le sue schiacciate erano terribili, proverbiali, e lui le vezzeggiava battezzando ciascuna di esse con un nome diverso. Riuscì a rompere un po' di tabelloni, data la devastante potenza del gesto tecnico-atletico. Fu, lui, una delle cause per cui si pensò all'introduzione dei canestri sganciabili, con molle, elastici sino ad assorbire i più poderosi urti e pressioni. Ai giovanissimi non dirà molto il suo nome, eppure Darryl è un pezzo di storia NBA e anche della pallacanestro italiana.

Dawkins, nativo di Orlando, sito di Disney World (in effetti il soggetto aveva qualcosa del mondo Disney: una sorta di genuina fantasia e allegria esistenziale), era un centro di 211 cm x 120 kg (o di più). Era enorme, colossale, una stazza paurosa, una forza fisica immane: gli avversari, anche quelli belli grossi, al suo cospetto parevano piccini. Avrebbe potuto abusarne, volendo, ma il cuore era gentile. Avrebbe potuto ottenere ben di più dal suo pur consistente passaggio NBA: non vinse un titolo, ma giocò in finale. Compagno di squadra di Julius Erving – altro schiacciatore leggendario, ma dissimile da Darryl, contraddistinto il Dottore da una grazia sublime nei suoi voli da libellula o evoluzioni da danzatore – e avversario di Magic Johnson, Jabbar, Bird & Co., transfuga poi in Italia dove comunque lasciò un non trascurabile segno: Torino, con promozione dalla A2 alla A1, sotto la guida dell'eternauta Guerrieri, Milano, Forlì. E dappertutto schiacciate e simpatia, simpatia e schiacciate. Era un personaggio il vecchio Darryl, arrivato alla NBA senza esser mai passato dal college, forte e amabile. Vero è che per vincere il titolo NBA Philadelphia dovette appoggiarsi a Moses Malone, ma Darryl è rimasto in ogni caso indimenticabile.

Negli States oltre che nei Phila 76ers Darryl militò anche nelle file di Nets, Utah e Detroit. Dopo il passaggio nel Bel Paese il centrone fece la sua apparizione anche con la maglia degli Harlem Globetrotters soddisfacendo quella parte così giocosa della sua anima, poi ancora basket in leghe americane minori: Sioux Falls Skyforce, Winnipeg Cyclone, Penn ValleyDawgs. E, infine, poiché l'ex bambinone prodigio aveva qualità non solo di simpatia, ma anche intellettive e relazionali, allenatore. Con pregevolissimi risultati: due volte campione USBL, coach dell'anno. Passaggi per Winnipeg, Tampa, Pennsylvania, Newark etc.

Ah Darryl, Darryl, eroe di un basket che non c'è più... La generazione dei cinquantenni-sessantenni l'ha davvero amato. Emblema di forza senza prepotenza, nel mondo antico uno con la sua figura e imponenza sarebbe stato venerato come un dio, ma un dio sorridente. Anche quando con espressione in apparenza tremenda saliva in cielo a schiacciare, e gli avversari giù annichiliti, di certo la gioia lo invadeva per la bellezza dell'azione che sapeva di star compiendo. Senza arroganza, lui, così immenso fisicamente e pur leggero leggero... come le nuvole da cui ora ci guarda, un'arancia che compare, o scompare, fra le sue manone.

Ci hai regalato tanto divertimento, non poco spettacolo e invincibile umanità; siamo stati bene con te, Chocolate Thunder, Baby Gorilla, Darryl. Buon viaggio, amico.

 

Alberto Figliolia


 
 
 
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