Lo Zingarelli è favorevole su
buio o buro [lat. parl. *buriu(m), da burius ‘rosso cupo’ (…)]
A me piace farvi osservare il latino parlato buriu(m) per due motivi: il finale –riu(m) svela la pronuncia ‘francese’ della sumero-accada vocale u, che maschera la ‘o’ sacra, mai enunciata scritta; -(m) adombra la pronuncia accada, come mi scrisse Giovanni Semerano in una delle cinque lettere che passai ai figli in occasione del convegno di Vittorio Veneto del 5 aprile 2008: “Antares, alle origini perdute della cultura occidentale”, di cui non abbiamo gli Atti ancora.*
Giovanni Semerano scrisse in Le origini della cultura europea, vol. II, Dizionari etimologici (Leo Olschki, Firenze, 1994):
*buro si ritiene derivato dal composto di ‘uro’, ‘amburo’; uro, -is, ussi, ustum, urere ardo in senso proprio e figurato. ‘Uro’ viene accostato a gr. erw, sanscr. osami (io ardo), ustah (arso); cfr. ant. isl. ysia (fuoco): la -s- interna alla base del sanscr. e dell’isl. ci riconduce ad accad. esatu, isatu (fuoco, fire), ebr. es. Il lat. *buro invece si formò sotto l’influsso di voci come accad. (bu’’uru), buhhuru (cuocere, scaldare, to heat), abru (pira, catasta di legno, fuoco…), sinonimo di accadico isatu (fuoco, brush, pile); cfr. sum. bar (rilucere), ebr. ba’ar (ardere, to burn), be’era (fuoco, fire); cfr. Aquae Bormiae, le sorgenti calde di Bormio. [: 355]
Mi trattengo dalla tentazione di avanzare nell’analisi fatta dal mio maggior maestro per tornare nel buio assoluto nel quale era caduto l’universo antico causa uno sciopero degli dèi, le stelle, meacula – aghetti della parola creatrice, me-acula –, luna e sole compresi, dentro il vento (tu15, vel U.en.tu, mia ipotesi), En lil, il dio sovrano degli Accadi, riconosciuto dai due popoli nella città sacra ad Accadi e Sumeri di Nippur/Nibur.
En lil volle avvisare gli inferi dello sciopero e mandò il figlio Nusku – ridotto poi da altre etnie a gran visir – in mezzo al buio con la lampada G. La pronuncia diretta Gi della lampada/lucerna/torcia è ancora ‘buio’.
Giovanni Pettinato, il giuda di Semerano (che frequentò per imparare e poi tradirlo con i tedeschi) ha tradotto La saga di Gilgamesh, quella che dovrebbe venir detta La saga di Bilgamesh perché Bilgamesh è il nome sumero del uomo-dio che cercò l’immortalità. Il senso di Bil è ‘fuoco (bi) di Dio (il)’. Bil-ki-lib-ba è ‘il doppio giro di fuoco che avvolge il cielo e la terra’, la totalità sumera, che mette l’anima ba – che riluce bar con la -r = resh, ‘profumo di vita’ – in tutte le cose, res latina. Totalità fatta di umani e di igigi, massimi dei e demoni in antico, poi angeli-demoni che rendevano incapace l’orante a distinguere il bene dal male, il puro dall’impuro. Gi è buio, iG è apertura. Gi è canna per incidere su di una tavoletta e tantissime altre cose. Eme = lingua, girru = dio fuoco. Eme gir = lingua sumera.
Uruburu, il serpente che si morde la coda, è in agguato. La conoscenza, bu, del fuoco dell’amore da quella dell’odio fu ambigua fino alla venuta di Gesh.bu, albero (di) conoscenza, che si fa leggere Gesh.ub, albero (del) Cielo, ed è completo, senza accento nel sumero GESU.BI, ‘tutto ciò che è di‘ bi GESU.
Dimenticavo, quasi: G. Nusku ci ha lasciato la latina gnosco, comincio a distinguere, ed anche cognosco, dove il ku, ‘battito di tamburo’ batte due volte in ku.g.nus.ku, ‘distinguo.buio/luce, immagine di morte. distinguo’. Credereste voi che ku = distinguo, emerge in questo confronto e non nel diz. Halloran?
Carlo Forin
* Pro-memoria all’amico Vittorino Pianca, allora direttore delle biblioteche, oggi in pensione, che potrebbe concluderne la correzione.