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Prostituzione. Tutte le donne parlamentari a favore della repressione? No. Chiedo che questo lavoro sia legalizzato e controllato
11 Novembre 2006
 

 

Da ciò che riportano agenzie di stampa e giornali, appare che le donne parlamentari, seppur con qualche differenza, sono unite nel condannare la prostituzione e nel perseguire la via da decenni tracciata dai loro colleghi uomini: la repressione. Le proposte spaziano dalla lotta allo sfruttamento, all'arresto per i clienti, all'installazione di telecamere, e così via. Insomma, una lotta prevalentemente militare.

Vorrei ricordare che vi è anche un'altra posizione non solo di una donna parlamentare, la sottoscritta, ma di un intero gruppo parlamentare, la Rosa nel Pugno, ovvero la legalizzazione della prostituzione.

Da laici e liberali, non esprimiamo giudizi moralistici sulla prostituzione. Ciò che vogliamo combattere è lo sfruttamento della stessa e la completa assenza di diritti e tutele per quelle donne e quegli uomini che scelgono questo mestiere, alla pari dello sfruttamento dei lavoratori clandestini e del lavoro nero.

Da parte mia riproporrò una proposta di legge di iniziativa popolare a suo tempo elaborata dai Radicali Italiani che si ispira ai principi delle normative più avanzate e delle migliori prassi adottate all'estero, nella convinzione che governare i fenomeni sociali sia più efficace che proibirli ciecamente, nell'interesse delle persone che si dedicano alla prostituzione o che fruiscono della prostituzione altrui, nonché della società intera.

In alcuni Stati europei, ed in particolare nei Paesi Bassi, anche su pressione delle stesse organizzazioni dei cosiddetti “sex workers” (lavoratori sessuali), si è deciso di procedere alla legalizzazione della prostituzione ed alla trasformazione di questa attività in una normale professione, sotto forma di lavoro dipendente, indipendente o cooperativo, con i diritti e doveri che conseguono, di assicurazione previdenziale e di tassazione compresi. Questa misura ha innanzitutto permesso di separare la prostituzione volontaria da quella coatta: la prima è “emersa” e ha trovato forme legali di svolgimento, minimizzando i costi che ricadono sulla società e sulle persone che svolgono l'attività. L'apparato repressivo si è potuto così concentrare in modo più efficace ed efficiente sulla lotta alla prostituzione coatta ed allo sfruttamento, compreso quello dei minori, delle persone minorate o tossicodipendenti che vengono costrette a prostituirsi.

 

Donatella Poretti


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