Seppur condivisibile, la critica di Galantino sulle politiche in materia di immigrazione, risente di almeno tre limiti: è in ritardo, inappropriata e inopportuna.
In ritardo perché i mali denunciati connotano da oltre vent'anni il nostro sistema di gestione dei flussi migratori, retto da leggi, la Turco-Napolitano prima e la Bossi-Fini poi, che sono il parto dei tecnici del ministero dell'interno e concernono così solo gli aspetti burocratici sull'ingresso e la permanenza in Italia. Negli ultimi venti anni dove era la CEI?
Inappropriata, appunto, perché la CEI e le associazioni di natura cattolica che si occupano di immigrazione, negli ultimi venti anni hanno fatto parte di questo sistema lacunoso e paludoso, dove i soldi stanziati sono stati spesi per lo più male. Piuttosto che lavorare ad un sistema di diritti, doveri e regole che favorisse l'integrazione e prevenisse illegalità e sfruttamento, l'attenzione è stata posta sul lato dei servizi, cioè sulla convenzione da stipulare o l'affidamento da assegnare. Servizi peraltro anche inutili, con cui l'autorità pubblica, eccezion fatta della sanità, si è svuotata delle sue competenze sul campo.
Inadatta perché, seppure descriva problemi reali e gravi, giunge nel momento in cui l'opinione pubblica è meno disposta ad accoglierla e finisce per fare gli interessi dei demagoghi della paura, che giocano facile su fobie quali invasione, terrorismo e crisi economica.
Detto questo, le parole del Papa sono bellissime ed è un bene che siano ripetute ad ogni omelia, ma è anche vero che da parte della Chiesa Cattolica manca un po' il buon esempio, con le iniziative sul territorio che ci sono, ma lasciate alla buona volontà di parroci e parrocchiani che dal Vaticano non ricevono il becco di un quattrino, anzi lo versano. Il primo esame di coscienza, la CEI, dovrebbe farselo in casa propria.
Marco Lombardi