Chi si affaccia in Ordine di farfalla ha diritto di conoscere chi occupa il suo tempo.
Io sono nato da Luigia Dal Mas, Gigetta, e da Gino Forin il 1° giugno 1948.
Dunque, avvio questo spazio dopo aver celebrato il 70° della Resistenza; ho da poco compiuto il 67° anno, che terminerà il giorno prima della celebrazione del 69° della Repubblica Italiana. L'Italia si diede formalmente l'anno successivo una Costituzione entrata in vigore nel 1948, pienamente il 2 giugno, memore della vittoria nel referendum di scelta della repubblica.
Il mio tempo, dunque, è iniziato nell’area alle origini della repubblica italiana.
Sono nato in Vittorio Veneto, a Serravalle in via Gherardo Da Camino, primo di quattro fratelli (Maria Luisa, Alessandro, Paolo). Mia madre, n. il 31/01/22 morì il 01/05/08, fu una sarta; esercitò solo in famiglia e nel clan, sorella di Katy e di Rina, viventi. Mio padre Gino nacque il 17/05/20 e morì due mesi dopo la mamma, il 29/06/08, giorno dei santi Pietro e Paolo; fu fratello di Teresa (Nina) e Fortunato. Fu un ragioniere, e manager, diciamo oggi -per la sua conduzione dirigenziale-. Diresse la Bacologia Michele Mozzi, con produzione di seme bachi da seta. La nostra famiglia visse nella residenza attigua alla bacologia fino al 1962. Poi, ci trasferimmo “in Centro” città, via Torricelli n. 3, dove rimasi solo, fino al 2009 in questo periodo, sei anni fa.
Io ricevetti il seme dell'interesse al potere durante un'ora di insegnamento in supplenza fattami al liceo scientifico dal preside Ippolito Pinto, che ci illustrò Nicolò Machiavelli. Nell'ottobre 1967 mi iscrissi alla facoltà di Sociologia di Trento per conoscere meglio il potere. Nel '68 scontrai il potere frontalmente insieme con 'potere studentesco'. Nel 1971 interruppi la ricerca di tesi di laurea (Sull'organizzazione e il controllo del sindacato dei metalmeccanici); onde posticipare il servizio militare mi trasferii all'Università di Venezia nella facoltà di economia e commercio. Diedi la tesi Partecipazione controllo autorità azione nella teoria dell'organizzazione col prof. Feliciano Benvenuti -rettore in pectore- per poi tornare a Trento a laurearmi in sociologia con tesi Utilizzazione dei concetti della teoria di campo per l'interpretazione dei concetti di autorità e potere di Weber col prof. Alberto Izzo.
Il 'marchio della contestazione' mi creò dei problemi seri nella ricerca di lavoro. Entrai nel Partito Socialista Italiano di Vittorio Veneto. Promossi la struttura di partito comprensoriale, che estendeva all'area vasta del Cenedese il controllo del territorio da Vidor a Cordignano e si proponeva in alternativa alla struttura provinciale. Come il repubblicano Ugo La Malfa, giudicavo la provincia ente superfluo dalla nascita dell'ente Regione nel 1970. Le province erano 92 allora. Lavorai per un periodo come funzionario alla Confederazione Nazionale dell'Artigianato. Alla fine ottenni un posto in banca, alla Banca Antoniana di Padova e Trieste, sede di Trieste. Il primo giorno di lavoro, nel giugno 1967, venni ripreso dal direttore per aver accettato un'ombra al bar offertami da un cliente. Decisi subito di cambiare, per uscire di prigione. Offrii del vino normale per celebrare l'assunzione, e vino speciale dopo 11 mesi per l'addio [Ho apprezzato Pizzarotti in seguito, per aver lasciato la banca e far politica. Oggi è sindaco di Parma].
Lasciai il posto fisso per la distribuzione di fondi comuni d’investimento con la Dival-Cofina del Gruppo Ras nel maggio 1978. Divenni un manager di gruppi con una trentina di agenti, su nove uffici, da Pordenone a Torino. Ero arrivato a percepire 60 milioni di lire in un mese, ma posi alla società il problema della carriera iniqua, strutturata a catena di sant’Antonio con l’esasperazione di 9 livelli di gerarchici. Mi si disse -o così o te ne vai-. Me ne andai, senza rapinare la società che avevo costruito. Alcuni agenti mi seguirono tuttavia.
Fondai la srl ‘Si Può Fare’ [implicito ‘consulenza finanziaria’] con l’amico Paolo Tommasini di Belluno. Distribuimmo il Fondo Professionale, gestito da agenti di Borsa, gestioni ad hoc di un’ottima società, Bana, di un agente, fondi immobiliari, però quasi illiquidi. Fondai la Titanio Spa per l’acquisizione e vendita di partecipazioni in piccole società.
Fu un’idea errata. Oggi, un superfondo di investimenti azzarda l’impiego di denaro in società minuscole secondo il principio: 1/3 andrà male, 1/3 andrà mediamente, 1/3 andrà benissimo e recupererà le perdite fatte altrove. Una società con capitale 2 miliardi non ha respiro.
Oltre a ciò, abbiamo avuto ‘sfortuna’. Abbiamo investito il massimo ad un’asta fallimentare commettendo l’errore di vincere su un avversario mafioso, intrecciato con un giudice corrotto, con un nostro amministratore in mafia. Ovvero, abbiamo agito nella società italiana.
Mi domando in qual altra società avrei dovuto muovermi.