Non ho mai sentito letto visto Tsipras dire che vuole uscire dall'Europa o dall'euro; Varoufakis non solo non ha nemmeno lui mai detto niente di simile, ma addirittura più bruscamente diceva che anche chi vuole, non può cacciare la Grecia. Tagliamo dunque almeno il 90% del dibattito in corso su che cosa succede se la Grecia esce ecc. ecc. e magari chi vorrebbe cacciarla dica schiettamente che vuole cacciarla.
Dopo molto tempo buttato in discorsi senza senso, adesso finalmente si incomincia a dire che la questione non è nemmeno economica, ma che il referendum di Atene mette in luce la mancanza di politica dell'Europa, e di strumenti per farla, se si vuole andare oltre l'esercizio quasi illegittimo o almeno puramente supplente svolto in proposito con esiti disastrosi da FMI, Troika, oligarchia franco tedesca ecc.
Bene: si poteva anche partire subito da qui, meglio tardi che mai. Adesso però bisogna venir giù dal pero e dire chi deve fare la politica, con quali strumenti e su quali testi. Gli strumenti che ci sono non riescono a funzionare, essendo spesso legati all'obbligo dell'unanimità, e i trattati sono disarticolati e inusabili, sicché la prima cosa da dire è aprire un dibattito al parlamento europeo o in una conferenza anche più ampia, preparatoria a come fare l'Europa politica.
Ciò che ho detto fin qui, a me serve come premessa generale su che cosa è l'Europa. Un territorio molto piccolo nel mondo, ma assai importante, una terra che da alcuni millenni produce fenomeni sociali culturali e politici molto espansivi, usa lingue che diventano internazionali ecc. ecc. Mantenendo un carattere molto vario e conflittuale, complesso e stratificato: infatti solo a pensare alle lingue, a cominciare dal greco e dal latino e poi alle lingue europee inglese spagnolo francese tedesco e italiano, ci si rende conto che sono praticamente tutte le lingue culturali nel mondo, che si parlano o studiano ovunque. Vale anche per le religioni le filosofie le arti e le tecniche ecc. Oltre a una straordinaria varietà e ricchezza culturale, però, l'Europa si è sempre segnalata per un altissimo tasso di bellicosità.
Faccio ora un salto di quelli olimpici e arriviamo alla fine della seconda guerra mondiale, alla fine della quale gli stati vincitori (Usa Urss Inghilterra Francia Cina) dettarono alcune norme agli stati sconfitti (Germania Italia e Giappone) per mettere il mondo al riparo dall'aggressività europea e imposero a Germania Italia e Giappone di inserire nelle loro costituzioni la rinuncia alla guerra aggressiva, che avevano appena subito e vinto. Infatti così dice il primo comma dell'art. 11cost., come anche analogo articolo del Grundgesetz tedesco e pure così è nella costituzione giapponese. Per noi dunque il famoso art. 11, “l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli” (cioè la guerra di aggressione). Niente altro, ma i nostri padri costituenti e le poche madri (e solo loro, non quelli e quelle degli altri due paesi vinti), aggiunsero un secondo comma che dice “e come strumento di risoluzione delle controversie internazionali” (cioè la guerra tout court, non solo quella di aggressione). In più aggiunsero che l'Italia era favorevole a riduzioni reciproche di sovranità. Io non so se sia vero ciò che sbandieriamo a pappagallo, cioè che la nostra costituzione sia la più bella del mondo, ma via! almeno conoscerne i primi 11 articoli, detti unanimemente fondamentali rappresentativi identitari intangibili ecc. ecc., sarebbe il minimo.
Credo che qui ci sia una proposta per andare avanti nella costruzione dell'Europa. Si indica anche la riduzione reciproca e controllata delle sovranità nazionali (detto anche articolo europeista della nostra costituzione), che altrimenti tornano a galla rilanciando un funesto nazionalismo di stati sovrani, che giustamente Fusaro teme, non dimenticando mai quando nomina la nazione, lo stato sovrano ecc. di aggiungere “democratico”, perché sa bene che cosa succede anche ai concetti più progressivi se connotati nazionalisticamente, per esempio il socialismo diventa nazionalsocialismo, nazismo, e il “socialismo reale” in un paese solo “stalinismo”. Per oggi basta per la prima puntata.
Lidia Menapace