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Maria Paola Forlani. Nelle antiche cucine 
Cucine storiche e cucine dipinte
05 Luglio 2015
 

Se un bel fregio d’alloro non disdice

E perché un cuoco laurear non lice?

Che importa che’egli sia sudicio e sporco

Tinto dal sangue o dai carboni, e unto

D’olio, e di grasso, e brutto come un orco

Signori miei, qui non si consiste il punto

Bisogna aver riguardo alla dottrina

Acquistata nel leggere il Panunto”.

(D. Poltri, 1723)

 

La cucina, luogo identificativo del focolare domestico e simbolo della casa stessa e del nucleo familiare, è la protagonista della mostra aperta al pubblico fino al 25 ottobre 2015 presso il Museo della Natura Morta della Villa medicea di Poggio a Caiano. Curata da Maria Matilde Simari (catalogo Sillabe), la mostra si colloca nell’ambito di EXPO 2015 che ne ha dato il patrocinio, e offre un punto di vista originale ed inedito per entrare in contatto con un particolare aspetto della pittura di genere del Sei e del Settecento.

Le opere, provenienti dalle collezioni fiorentine e da altri musei e collezioni italiane, sono raccolte in tre sezioni: la prima dedicata alle rappresentazioni di interni di cucine; la seconda riservata alle figure preposte alla preparazioni di cibi, i cuochi; la terza, infine, alle dispense, luoghi annessi alle cucine destinati alla conservazione dei cibi, ma – soprattutto – definizione assegnata ad alcuni splendidi dipinti che raffigurano grandi varietà di cibi e di preparazioni culinarie.

La presenza in mostra di vari oggetti d’uso domestico dà modo di comprendere come gli artisti specializzati in questo genere pittorico nel Sei e Settecento traessero concreta ispirazione dagli ambienti e dagli oggetti della vita quotidiana. Alcuni famosi manuali di cucina del XVI e XVII secolo fra cui la celeberrima Opera di Bartolomeo Sappi o quella di Cristoforo Messisbugo il Libro Novo nel qual s’insegna à far d’ogni sorte di vivande secondo le diversità de’ tempi, così di carne come di pesce, et il mondo di ordinare banchetti, apparecchiare tavole, fornir palazzi, e ornar camere per ogni gran Principe, in Venetia, per Giovanni della Chiesa, 1556. Edito per la prima volta a Ferrara, il Libro Novo di Cristoforo Messisbugo ebbe numerose ristampe nei secoli con aggiunte varie. L’autore, di discendenza aristocratica e imparentato con le più importanti famiglie di Ferrara, nella sua esegesi si riallaccia alla grande tradizione gastronomica umanistica di alto livello intellettuale del Platina, dimostrando di conoscere perfettamente sia la tecnica che l’ambiente di corte. Entrambi i trattati testimoniano l’interesse e il diffondersi delle tecniche culinarie e delle varietà gastronomiche, con un’impostazione didattica e si rivolgono a “Scalchi, Credenzieri e Cuochi” che desiderano perfezionarsi in quella che già dalla fine del Cinquecento diviene “l’arte del cucinare”.

Un’importante iniziativa affianca l’evento espositivo: per la prima volta vengono aperte al pubblico le cucine “segrete” della Villa medicea di Poggio a Caiano, progettate ed erette tra il 1614 e il 1619 durante il regno di Cosimo II dei Medici.

Queste cucine, chiamate segrete perché dedicate alla esclusiva preparazione per i cibi destinate al Granduca, e perciò separate dalle cucine comuni dove invece si preparavano i cibi per la corte.

 

Le Cucine

Le prime rappresentazioni pittoriche di interni di cucine si hanno nella pittura fiamminga della metà del Cinquecento e sono caratterizzate in questa fase d’esordio dalla presenza di scene religiose, talvolta inserite sullo sfondo, e con stretti rimandi allegorici e moraleggianti. Sulla scia dei maestri fiamminghi si inserirono diversi pittori italiani come il cremonese Vincenzo Campi e il veneto Jacopo Bassano.

Temi come Cristo in casa di Maria e Marta o la Cena in Emmaus divennero dunque l’occasione per sfoggiare brani di vita quotidiana derivati dalla vita reale del tempo.

Il dipinto in mostra di un pittore della scuola di Anversa con una Cena in Emmaus, dipinta in secondo piano e defilata rispetto al dettagliato ambiente dove due donne sono intente a cucinare, è un esempio significativo di questo genere pittorico che nasconde dietro alla piacevolezza descrittiva una molteplicità di significati allegorici.

La rappresentazione di nature morte, che nei primi decenni del Seicento si diffonde in Italia, trova spesso il luogo privilegiato di ambientazione nella cucina dove, alla varietà di cibi e frutti, possono accompagnarsi utensili, vasellame e arredi domestici. Egualmente tale ambiente viene scelto come cornice di scene popolari o di personaggi dal sapore satirico o grottesco. L’uomo delle lumache di Filippo Napoletano, un affascinante piccolo dipinto che ripropone in molteplici modi il simbolo scaramantico delle corna, è così inquadrato in un interno di cucina dinnanzi a un’apparecchiatura rustica e improvvisata.

 

I Cuochi

La seconda sezione della mostra è dedicata alle figure che popolavano le antiche cucine. In ambienti densi di ombre sono al lavoro cuochi, cuoche, fantesche e garzoni dinnanzi a banconi di legno ingombri di cibarie, sistemati accanto a scaffalature occupate da utensili o oggetti.

Il Cuoco del maestro denominato Pensionante del Saraceni, dalla forte impronta caravaggesca, e il cosiddetto Pollarolo assegnato a Camillo Berti, esemplificano le pitture dei primi decenni del Seicento in cui la presenza della figura umana al lavoro si affianca a splendide nature morte definite da luci taglienti.

In pitture cronologicamente successive prevale la descrizione di ambiente in cui la figura umana è protagonista. La Cuoca di Niccolò Cassana (1707) ha le sembianze della seconda avvenente moglie del pittore.

 

Le Dispense

Le dispense erano luoghi essenziali nell’organizzazione degli spazi articolati delle antiche cucine aristocratiche e signorili. In esse si conservava il cibo destinato alle mense di decine e decine di commensali per cui la grande varietà e abbondanza di provviste richiedevano ambienti ampi e attrezzati.

Anche le cucine della Villa di Poggio a Caiano erano dotate di grandi dispense, una delle quali – la più grande – era situata tra la cucina segreta, dove si preparavano i cibi esclusivi per il granduca, e la cucina comune riservata alle preparazioni per la corte. Sono famosi i quattro dipinti raffiguranti Dispense di Jacopo Cimenti detto l’Empoli, datati tra il 1621 e il 1625, tre dei quali esposti in mostra. In essi si rappresenta con lucido verismo e con acuta sensibilità pittorica una straordinaria varietà di cibi, dai salumi ai vegetali, dalle carni e volatili ai formaggi e ai frutti, associati al corredo di stoviglie necessarie alla cucina e alla mensa.

La stessa varietà di cibi disposti su tavoli insieme a pentole, piatti e utensili – isolati in nitidi primi piatti – si riscontra nelle altre pitture del Sei e Settecento esposte in mostra. Si tratta, in realtà, di nature morte dove però è prevalente l’aspetto del cibo predisposto per essere cucinato o per essere servito alla mensa e quasi sempre accompagnato da oggetti legati alla loro preparazione o al loro consumo.

 

Maria Paola Forlani


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