Ho scritto che bisogna agire perché non si spenga l'interesse che ha circondato il 25 aprile di quest'anno, aspettando che passi un altro decennio di silenzio: sarebbe un silenzio tombale, senza rimedio, la fine della memoria. E -a parte il legittimo desiderio di non essere dimenticati/e, noi che ci siamo stati/e- il fatto è che, se la memoria si estingue, non può più essere esercitata. E un popolo senza memoria può essere condotto ovunque lo voglia chi occupa il potere politico, indipendentemente a quale titolo e con quali metodi.
Tutto ciò premesso, comincerò a recensire brevemente libri che ricevo in quantità, in modo da offrire un suggerimento a chi desideri restare o essere informato/a. (Una 'bibliografia ragionata', come si suol dire. cioè non fatta col criterio della completezza, ma secondo criteri enunciati e discussi).
'Colmare le lacune' è il criterio massimo degli studi bibliografici, come è noto: ci si può persino ottenere una cattedra universitaria. Ma non è la mia mira, avendo già a suo tempo persa una cattedra. Voglio invece discorrere qualche definizione di Resistenza, tanto per sapere di che parlo.
E veniamo perciò alla prima domanda: quando si dice Resistenza, si parla di "guerra" di resistenza, "lotta" di resistenza, "lotta" di liberazione, quarta guerra del Risorgimento, "lotta armata", miltarmente organizzata, separata dalla vita civile? ecc.ecc.ecc.
Su questo capitale argomento è uscito un libro molto documentato e argomentato: Ercole Ongaro, Resistenza nonviolenta, Bologna 2013, € 19,00. È un libro di più di 300 pagine con indici per nomi e per luoghi, e argomentate notizie e commenti separati (secondo un buon criterio giornalistico). Entriamo perciò subito in una delle possibili definizioni del fatto in oggetto. E ci accorgiamo ben presto che per lo più questa domanda non è stata fatta da molti storici e storiche che della Resistenza si sono occupati/e, tanto che se non ci fossero state Rachele Farina e poi Mirella Alloisio e Giuliana Beltrame, a questa domanda non ci sarebbe risposta, dato che non sarebbe nemmeno stata fatta. Del resto a me capitò, essendo stata invitata dalla Rai (rete 2) per il 50° della Liberazione, di sentirmi chiedere dalla giornalista democratica che ci doveva intervistare (ad Alba), se io avessi fatto la Resistenza perchè avevo il ragazzo in montagna, non essendo contemplato dalla cultura politica allora dominante, che una ragazza potesse avere una opinione autonoma e una decisione propria. Siamo certi/e, che un atteggiamento simile sia del tutto scomparso?
Tornerò su questo interessante libro, ma prima voglio citare, di Gianluca Alzati, Piccola staffetta, uscito da pochi mesi e che parla anche di me, perché tra l'altro cerca e trova uno stile narrativo e compositivo, che mi sembra, oltre che ben riuscito nel caso, interessante comunque. È una sorta di storiografia narrata, romanzata, diciamo manzonianamente. Questo accorgimento stilistico/narrativo rende la lettura più facile e attraente e la divulgazione garantita, cosa da non sottovalutare nella nostra aristocratica tradizione culurale. Così la divulgazione è assicurata e la memoria certa. Aggiungo che con simile scelta sono scritti, di Bruna Franceschini, Ragazzi e ragazze del secolo scorso, Brescia 2015, nonché Plà lonc di Virtus Zallot, Brescia 2015 e della stessa Donne Valsaviore 1944. E forse il più bello di questo stile è, di Pierluigi Tedeschi, L'arvisèria, atlante delle lettere dal carcere di Serena Pergetti, un testo davvero prezioso anche editorialmente. Alla prossima,
Lidia Menapace