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Lidia Menapace. Per non perdere il filo...
26 Giugno 2015
 

Mi sono spesso chiesta come oggi -in una situazione così pericolosa e piatta insieme- si possa risvegliare l'interesse politico e la connessa azione.

Mi sono detta che intanto è molto utile, visto che il 70° della Resistenza ha avuto e sta avendo una forte risonanza e un permanente interesse, non lasciarlo spegnere. Non è utile sperare che lo si possa riaccendere per l'80°, se non si mantiene viva la memoria che quest'anno pare essersi accesa. Mi spiego: facciamo un bilancio di ciò che sta avvenendo: noto, ad esempo che vengono rilette o pubblicate molte nuove ricerche sui fatti dal '43 al '45, con intenti storici precisi e politici non meno forti. A mio parere questa è la strada giusta, non sarebbe possibile né utile costruire una ricorrenza burocratica e rituale, che ben presto diventa una noiosa "messa cantata". Invece proporsi di alimentare una conoscenza sempre più capillare e specifica di singoli eventi persone storie arricchisce la data, le dà consistenza e carne, vitalità e interesse. Si verrebbe così rafforzando l'ipotesi storiografica che, essendo la Resistenza un unicum nella nostra storia nazionale, servono pure strumenti metodi e prospettive storiografiche proprie per mettere insieme una storia scientifica di quel periodo, il che non significa spegnere domande magari anche polemiche e dibattiti, ma invece accoglierli come sfida interpretativa permanente.

Dopo questa ambiziosa premessa (che ho già spesso anticipato commentato esposto durante le molte presentazioni del mio Io, partigiana. La mia Resistenza), mi propongo di avviare un servizio bibliografico ragionato a partire da testi recenti o meno che illustrano figure eventi domande su donne che ne fecero parte. Una delle questioni rimasta senza risposta in questi primi 70 anni dopo i fatti, è appunto la conoscenza di quello che vien detto "ruolo presenza partecipazione" di donne ad essa. Rientra nell'impostazione generale della storiografia, che -pur prendendo come base la specie umana, fatta maggioritariamente da donne- assume come soggetto autonomo solo il maschile. Documenta il femminile sempre interrogativamente, in modo aggiuntivo, inessenziale. Per poter respingere questo atteggiamento serve certo la denuncia della sua intrinseca parzialità, ma perché non resti puramente esigenziale, serve -subito dopo- la raccolta lettura divulgazione del materiale documentario ad hoc.

Lo verrò facendo dalla prossima puntata a partire da "Piccola staffetta": a presto

 

Lidia Menapace


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