Firenze, 13 giugno 2015 – VII Conferenza Italia America-Latina. Il nostro capo del Governo è intervenuto nel suo abituale stile di sprono perché tutte le energie siano utilizzate al meglio. Soprattutto verso il Messico, che accoglie il 40% dell'export italiano verso il subcontinente. E poi impegni più o meno generici su energia, tecnologia e lotta al crimine organizzato.*
Quello che ci ha colpito di più è l'assenza di riferimenti al maggior prodotto che l'America-Latina e il Messico esportano verso il nostro Paese e il nostro continente, la cocaina. Esportazione che vede la 'ndrangheta calabrese come maggior referente di import per lo Stivale e per l'Europa. Un prodotto, la cocaina, il cui valore economico va molto oltre quelli che sono i livelli delle altre merci che viaggiano tra i due continenti. La cocaina, il cui mercato ha un costo di riflesso per l'economia e le istituzioni che ha e continua a sconvolgere i minimi assetti di legalità di ogni Paese al mondo. Aver relegato questa economia e questo prodotto nel generico “lotta al crimine organizzato”, al di là delle buone e indiscutibili intenzioni dei vari capi di governo e ministri che ne hanno parlato in questa Conferenza, ci dà la percezione di come, in tutto il mondo, sia sottovalutato il fenomeno e, soprattutto, sottovalutato l'attuale sistema e metodo di lotta al business criminale (proibizionismo) gestito da bande criminali sempre più transnazionali, bande in cui l'Italia è tra i primi Paesi per presenza territoriale.
In questa Conferenza, l'unica nota che è stata evidenziata dai media come dissonante, è stato il rinnovato rifiuto del presidente boliviano, Evo Morales, al trattato di libero commercio tra i due continenti. Il resto, cioè il macigno della cocaina e delle droghe illegali e del narcotraffico, non ha trovato spazio. È stato il grande assente. E siccome stiamo parlando del principale business tra i due Continenti (business che coinvolge anche l'Africa come ponte tra i due, e coi suoi strascichi di illegalità e disastri istituzionali ed economici), non ci sembra di fare la parte di coloro che “cercano il pelo nell'uovo”. Questo “uovo” è marcio, ed è tale per responsabilità degli Stati, per come lottano contro di esso (proibizionismo) e per come fanno finta che non esista o -peggio- relegandolo a fenomeno di semplice e complessiva “lotta al crimine organizzato”.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
* Ci ha colpito il nostro presidente del Consiglio che, per avvalorare e storicizzare il suo entusiasmo ha citato Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci. Con tutto il rispetto storico per questi due personaggi, in termini economici è come se il presidente messicano Enrique Pena Nieto avesse citato il fatto che il pomodoro è originario del Messico e solo dal XVI secolo in poi, dopo la “scoperta” delle Americhe (o l'arrivo nelle Indie, dipende dai punti di vista); e quindi avesse avvalorato la rinomata cultura gastronomica italiana, in cui il pomodoro ha un posto determinante, come figlia della civiltà aztecha-messicana. Più di qualcuno avrebbe alzato un sopracciglio... proprio come probabilmente hanno fatto alcuni americolatini/messicani alle pronunce del premier italiano.