Firenze – Il testo del disegno di legge che la Camera ha approvato sulla nuova azione di classe (class action) è sicuramente migliorativo rispetto alla normativa-farsa attualmente in vigore per due ordini di motivi: non scoraggia la proposizione di class action e, in caso di accoglimento della class action, si pone a carico dell'azienda chiamata in causa una serie di oneri economici punitivi. Vedremo se il Senato lo confermerà, migliorerà (dal nostro punto di vista) o lo snaturerà facendosi condizionare dalla strenua opposizione di Confindustria e dai sostenitori di queste posizioni in Parlamento.
La normativa attualmente in vigore sobbarca il consumatore/utente che propone l'azione di una serie di oneri il cui effetto (e scopo?) è quello di scoraggiare dal proporre una class action. Infatti: - rischia una condanna alle spese e al risarcimento dei danni per lite temeraria in caso di inammissibilità della domanda (quanto può chiedere ad esempio un gestore telefonico per i danni all'immagine??); - ha l'onere di pubblicizzare (come? E a che costo?) l'eventuale provvedimento che dichiara l'inammissibilità; - ha l'onere di pubblicizzare l'azione in caso di ammissibilità. Chi e perché dovrebbe “immolarsi” economicamente per il bene di tutti i soggetti che hanno avuto lo stesso problema? Non sarà meglio proporre una propria azione individuale e rischiare meno?1
Nel nuovo testo spariscono i riferimenti al risarcimento dei danno da lite temeraria e alla pubblicizzazione dell'inammissibilità dell'azione. Al contrario, se il giudice ritiene che la domanda proposta non sia manifestamente infondata, può ordinare che le spese di pubblicizzazione siano anticipate dal convenuto. In caso di accoglimento dell'azione e dunque di condanna dell'azienda chiamata in causa, i miglioramenti alla attuale legge sono diversi.2
Gli strali di Confindustria (“la manina anti-imprese continua ad andare avanti”, ha detto il presidente Giorgio Squinzi)3 ci sembrano preoccupanti: non sarebbe la prima volta che alcune leggi riescono ad adattarsi agli interessi di una corporazione piuttosto che servire quelli di tutti i cittadini.
Ci preoccupa il fatto che l'associazione degli industriali si inalberi per difendere le eventuali azioni illecite e illegali che gli industriali potrebbero commettere. Le motivazioni addotte contro il nuovo testo, sono del tipo “riduzione del danno”: se il riconoscimento di un torto ci deve essere -dicono fra le righe- che sia il meno oneroso possibile; non solo, ma è bene che gli strumenti dei danneggiati per farsi valere siano difficoltosi ed onerosi per gli stessi, sì da scoraggiarli all'uso. Confindustria e i suoi sostenitori in Parlamento sono memori e nostalgici della normativa oggi in vigore, che -tutta a vantaggio dei potenziali danneggiatori- di fatto impedisce qualunque tipo di azione collettiva. Poco importa -aggiungiamo noi- la legittimità di ogni danneggiato da una violazione di legge a vedere riconosciuto il proprio diritto e il proprio risarcimento. La parola e la pratica di “Giustizia uguale per tutti” sembrano loro estranee. Sembra che all'associazione degli industriali e ai suoi sostenitori interessi di più che i danneggiatori non siano mai riconosciuti tali e, quand'anche lo fossero, che paghino meno del giusto sì da poter continuare nel loro danneggiamento. Niente di nuovo in questo approccio a giustizia e risarcimento del danno. Né più né meno di quanto -per esempio- oggi è previsto per i milioni di illeciti e reati delle aziende tlc ed energetiche: viste le basse e rare sanzioni pecuniarie a cui ogni tanto devono far fronte per le condanne delle specifiche Autorità, continuano imperterrite a perpetrarle: il guadagno da illeciti è sempre e comunque maggiore di queste sanzioni, la cui reiterazione, fra l'altro, non costituisce per loro aggravante sì da -per esempio- inficiare le autorizzazioni per le loro attività in generale.
Sembra che Confindustria e i suoi sostenitori parlamentari mirino a questo anche per la class action, con tanto di rimpianto per l'attuale normativa immobilizzante per i diritti dei danneggiati.
Emmanuela Bertucci, legale Aduc
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
1 Aduc ha provato a fare una class action contro la Microsoft per le licenze Windows preinstallate sui computer e, rifiutata l'azione da parte del Tribunale di Milano, ha dovuto pagare un prezzo economico molto salato. Motivo per cui, in materia, abbiamo continuato le nostre iniziative con procedimenti “ordinari” che ci hanno dato eccellenti risultati, riconoscendo le nostre ragioni fino in Cassazione.
2 L'azienda dovrà pagare non solo le spese legali di soccombenza, come prevede la legge, ma tale importo sarà aumentato dal giudice in ragione del numero delle persone tutelate, una sorta di punizione da una parte, ma anche dall'altra un deterrente preprocessuale per i comportamenti scorretti e/o illegittimi;
- nella sentenza il giudice condanna l'azienda non al solo risarcimento del danno ma anche alla cessazione della condotta illegittima e alla rimozione dei suoi effetti e dispone una somma da corrispondere all'attore per ogni giorno di inottemperanza. La somma deve essere idonea a dissuadere il convenuto dall'inottemperanza, tenendo conto delle sue capacità economiche e della sua precedente condotta processuale;
- nella sentenza il giudice condanna l'azienda a pagare un'ulteriore somma equitativamente determinata in favore dell'attore, o dell'associazione o comitato aderente che lo abbia manlevato dalle spese del giudizio a titolo gratuito.
3 (ANSA) - ROMA, 05 GIU. Il voto unanime sulla class action? Grave “la fretta che ha portato a liquidare in poche ore alla Camera una legge che rischia di avere un impatto pesante sulle imprese”. A dirlo è Giampaolo Galli, parlamentare Pd ed ex direttore generale di Confindustria, intervistato dal Sole 24 Ore. Torna sull'allarme lanciato da lui e dalla Confederazione degli Industriali: “se al Senato non si rimedierà”, dice Galli, alle difficoltà che già oggi devono affrontare le aziende “si aggiunge anche questa versione dell'azione collettiva che non colpisce solo le grandi imprese, come ho sentito dire l'altra sera alla Camera nel breve dibattito che ha preceduto il voto, ma anche una start up, magari particolarmente innovativa, che potrebbe finire a gambe all'aria per un utilizzo strumentale dell'azione collettiva”. Tra i punti critici, “voglio sottolineare la possibilità di adesione successiva alla condanna. Una previsione che aumenterà in maniera considerevole i costi a carico delle imprese e, facendo crescere l'incertezza sulle somme da liquidare, renderà anche più arduo formulare ipotesi di transazione”. Quanto ai compensi premiali agli avvocati, “è una misura - dice Galli - che punta chiaramente a incentivare il ricorso all'azione collettiva facendo leva sui 250.000 avvocati iscritti all'Albo che, in questo modo, avranno una spinta economica nell'andare a caccia di mandati. Un volano al contenzioso di cui non credo si sentisse la necessità, considerate anche le condizioni del processo civile”. Quali sono le possibilità di cambiamenti al Senato? “Di sicuro la situazione adesso è complicata. Credo sia assolutamente necessario un intervento del Governo”.