Mi riferisco agli show televisivi sulla strage di pedoni procurata da pirati della strada rom di qualche giorno addietro.
Naturalmente sono d'accordo che la pirateria automobilistica è uno de segni della crescente barbarie, naturalmente sono d'accordo che l'abitudine di guidare senza alcun rispetto della vita altrui è un altro segnale, naturalmente so che i pirati della strada -se presi dalla folla inferocita- rischiano molto: e qui finisce la mia acritica comprensione e scatta l'allarme.
Raccontare episodi di barbarie, cercando quasi solo reazioni barbare, non è giornalismo. Non ho sentito nessun o nessuna giornalista chiedere: “Lei li ha visti?” oppure: “Ma lei, che cosa ha fatto? chi ha chiamato l'ambulanza?” Insomma il minimo di informazione e di scelta: se si interrogano i primi che gridano e urlano e vogliono “giustizia sommaria”, che blaterano di pena di morte, che vogliono ucciderli direttamente con le loro mani, la “cronaca” diventa invece una tribuna dell'intolleranza.
Sono decenni ormai che il giornalismo specialmente quello efficacissimo e affascinante della Tv, ha cercato e trovato come conciliare libertà di informazione e silenzio su particolari inutili e morbosi ecc. Il codice di comportamento studiato e applicato (spero che lo sia ancora) dalla BBC, che evita di insistere su scene particolarmente sanguinose ed efferate, solo narrando con parole precise e non emotive i fatti, indica appunto quella misura che contempera libertà di stampa, diritto all'informazione e umanità.
Quando questa misura non viene applicata, anche se ci si accorge che scatena un razzismo feroce, allora se ne è complici.
Lidia Menapace