In un cabaret affrancato come una lettera è giunta da Barbarah Guglielmana la poesia di Izet Sarajlic, che ho il piacere di degustare con voi:
La dedica
Ti dedico i miei occhi, le mie labbra, i miei denti.
Le poesie? Che te ne fai delle mie poesie scritte
perché non sapevo tacere?
Che te ne fai delle mie poesie che non ti possono amare?
Com’è bello che non siamo uccelli né devoti all’imbrunire
e non abbiamo le ali ma le braccia.
L’ultima rosa che ci attende non può essere la nostra morte,
perché i desideri del nostro sangue da qualche parte devono continuare.
Tu sei una donna piccola
Tu sei una piccola donna
e un immortale agosto ti ha portato nelle mie ballate.
Resta col mio ti amo che sopravviverà a tutte
le mie lamentevoli nenie, a tutte le mie trasformazioni.
Resta accanto ai miei occhi.
Sopravviveranno a noi stessi, non solo nel tumulo delle nostre tombe
perché abbiamo saputo, teneri e superbi,
fuggendo da coltelli e dalle granate, uccidere gli angeli in noi
continuando a restare angeli.
Posteri cercateci qualche volta in qualche rossa indagine,
solo i nostri corpi giaceranno sotto la terra muta,
ma calpestate piano
per non ferire le nostre labbra
e per non pestare i nostri sguardi morti.
Izet Sarajlic (1955)
Grazie Barbarah di questo meraviglioso abbraccio poetico!
patrizia