L'alba di una nuova umanità. Il sogno del progresso coniugato con la giustizia economica e sociale. Un uomo, la cui ombra si staglia ritagliando il cielo, fissa l'orizzonte – un orizzonte fisico, ma anche quello dell'ideale – in L'aurore, olio su tela (1903, 182 x 111 cm) di Théophile Alexandre Steinlen. Questo dipinto è visibile, e si ammira in tutta la sua potenza fisica, simbolica ed evocativa, nell'ambito di “Addio Lugano bella. Anarchia tra storia e arte-Da Bakunin al Monte Verità, da Courbet ai dada”, la mostra allestita al Museo d'arte di Mendrisio sino al 5 luglio.
Un'esposizione ricchissima di opere, documenti e reperti, che testimoniano il fecondissimo intreccio fra pensiero libertario e creatività artistica. Estremamente suggestivo il percorso che si snoda, testimonianza di un'era storica colma di contraddizioni, ma, altresì, foriera di speranze. Si trascorre da Maximilien Luce a Carlo Carrà (Allegoria del lavoro, 1905, tempera su carta, 226 x 172 cm: la fatica delle fucine, la luce quasi luciferina di un ambiente di lavoro durissimo, eppure in nuce l'idea del riscatto sociale attraverso la volontà e l'intelligenza), da Angelo Morbelli a Emilio Longoni, dei quali sono esposti dipinti indimenticabili e “programmatici” – basti citare, rispettivamente, Per 80 centesimi (1895, olio su tela, 69,3 x 123,3 cm) e L'oratore dello sciopero (1891, olio su tela, 193 x 134 cm): quasi una contrapposizione fra il proletariato rurale e quello urbano, fra (presunta) rassegnazione e rabbia, agitazione e impegno. Pittura didascalica e ideologica? Tutt'altro, semmai idealistica, e, in ogni caso, di elevatissimo esito formale.
E ancora Revolution di Otto Baumberger (1917, olio su tela, 100 x 80,5 cm), James Ensor, Gustave Courbet e il suo ritratto del sociologo e filosofo, antesignano delle idee libertarie, padre di un nobile sentire, Pierre-Joseph Proudhon (tela in prestito dal Musée d'Orsay di Parigi), e stampe, riviste, libri, filmati, esemplari pannelli esplicativi, gli incredibili esperimenti sociali e comunitari, una sorta di hippy ante litteram et alia, del Monte Verità in quel di Ascona (vedi la comunità dei naturisti che vi si era insediata).
Perché, è da dire, il Canton Ticino ha avuto una sorprendente capacità d'accoglienza e tolleranza verso esuli e perseguitati, verso coloro che erano fuori sistema, come certificato dal transito, e non breve, dell'avventuroso e fascinoso Bakunin, di Pietro Gori, di Andrea Costa, della bellissima Anna Kuliscioff dal multiforme intelletto, di Elisée Reclus, Carlo Cafiero, Luigi Fabbri, Eric Mühsam, Raphael Friedeberg, Max Nettlau, e, prima ancora, di Giuseppe Mazzini. Ma questo è solo un elenco limitato; invero la lista è lunghissima di quelli che a Lugano e nel Ticino trovarono asilo cercando di proseguire la propria opera di edificazione morale e sociale. E a questa temperie politico-idealistica gli artisti febbrilmente partecipavano creando: oltre ai citati, Camille Pissarro, Lorenzo Viani, Plinio Nomellini (stupendo il suo olio La diana del lavoro), Giuseppe Pellizza da Volpedo, Telemaco Signorini (Bagno penale a Portoferraio), Giuseppe Mentessi (nello straziante Lagrime un bambino disperato, le mani sul volto, viene abbracciato da una figura, di cui sfuggono le fattezze e le cui mani sono ai ceppi), Giuseppe Scalarini, Paul Signac, Félix Vallotton e le sue molto schierate xilografie.
Del resto, quando l'adesione agli ideali anarchici non era conclamata e dichiarata, la collateralità era palese, almeno nello spiccatissimo interesse ai temi dell'affrancamento dal bisogno, della libertà e della giustizia sociale.
Nelle sale dell'antico convento dei Serviti, nelle tredici sezioni di cui la mostra si compone – i simboli dell’anarchia, città e campagna, lavoro e miseria, la figura emblematica del vagabondo, sciopero rivolta e repressione, la lotta contro i poteri, satira e denuncia, l’utopia di una nuova società giusta e armoniosa... – ci si perde fra bellezza e forza del pensiero, in un viaggio, in quel mezzo secolo così dirompente, fra innovazione, rivoluzione e avanguardie. Dalla Comune di Parigi fino, ahinoi!, all'avvento dei totalitarismi a cui la Grande Guerra avrebbe contribuito a dare il la. Ma i frutti di quel sentimento e di quell'agire in nome dell'uomo restano e rimarranno, così come quei dipinti e quelle creazioni così ispirate.
«Le opere costituiscono lo sfondo ed evocano l’intensa atmosfera di un periodo estremamente inquieto e conflittuale, testimoniando il profondo interesse da parte dell’artista per la cosiddetta – a quei tempi – “questione sociale”. Ne furono toccati tutti, in ogni parte del mondo: realisti e simbolisti, neoimpressionisti e divisionisti, medievalisti/neogotici e futuristi, e molti di loro si dichiaravano di fede anarchica. La mostra è corredata da un ricchissimo materiale storico: lettere, documenti, libri, foto, filmati, vero e proprio alter ego della parte artistica; un taglio espositivo particolare suggerisce giochi di rimandi fra arte e storia, fra ricerca formale e impegno sociale».
Una mostra completa e coraggiosa (curatore Simone Soldini), il cui allestimento è costato un duro e lungo lavoro, preziosissima e davvero imperdibile. Magnifico anche il catalogo, edito dal Museo d’arte Mendrisio, circa 220 pagine di testi e immagini.
Alberto Figliolia
Addio Lugano bella. Anarchia tra storia e arte. Da Bakunin al Monte Verità, da Courbet ai dada. Sino al 5 luglio. Museo d'arte Mendrisio, casella postale 142, piazza San Giovanni, CH-6850 Mendrisio.
Orari: ma-ve 10-12/14-17; sa-do 10-18; lunedì chiuso, tranne festivi.
Info: www.mendrisio.ch/museo; museo@mendrisio.ch; Tel. +41 (0)58 6883350, Fax +41 (0)58 6883359.