Il Baccanale è una festività orgiastica in onore di Bacco, nel corso della quale i seguaci fedeli della divinità del vino, i satiri e le baccanti si dedicavano a incontenibili libagioni e al divertimento. Il seguito esultante di Bacco fu raffigurato da Tiziano e Rubens, Luca Giordano e Jordaens, i più grandi maestri europei dei secoli XVI – XVII.
Seguendo le loro orme Sebastiano Ricci nel suo Baccanale (San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage) fa scoprire un mondo pagano brillante: i rivoli del vino versati nella coppa in mano alla bellissima baccante nuda si associano alla felicità inebriante della vita e dell’amore.
Così Ovidio comparava la sua amata a una baccante:
eppure anche allora, benché
scarmigliata, era bella come una
baccante tracia
quando giace spossata e scomposta
sul verde tappeto dell’erba.
(Ovidio, Amores, I, 14, 22-23)
La qui decantata opera di Sebastiano Ricci fa parte del fantastico caleidoscopico universo delle rappresentazioni del vino nell’arte attraverso i secoli – pittura, scultura, arti decorative – messo in scena magistralmente per la prima volta in una esposizione colossale, aperta a Verona, con 184 opere, dal titolo “Arte e Vino” (Catalogo Skira). Un viaggio affascinante che nasce dall’incrocio tra due eccellenze, due punte di diamante della nostra cultura e della nostra storia, due simboli dell’Italia nel mondo: l’arte e il vino.
La mostra visibile fino al 16 agosto 2015 a Verona, Palazzo della Gran Guardia, prodotta e promossa da Villaggio Globale International e da Skira editore, è a cura di Annalisa Scarpa e Nicola Spinosa, con il supporto di un prestigioso comitato scientifico.
Una mostra corale, un grande affresco, florilegio scoppiettante di colori luci e suoni, che suggerisce una liaison evocativa tra le scuole artistiche regionali italiane e i territori della produzione vinicola, per mostrare come vino e arte siano entrambi espressioni della cultura e dell’identità dei luoghi.
Vi è una relazione inevitabile tra i sensi dell’uomo e il vino: dal tatto, quando la mano afferra il bicchiere, all’olfatto che ne coglie le fragranze, alla vista che ne osserva le rifrangenze, al gusto che lo assapora, fino anche all’udito, in quanto esso diventa momento di convivialità, incontro, e quindi dialogo. Gli artisti si sono fatti interpreti di questo dialogo in immagine, cogliendone le sfumature in un linguaggio fatto di luce, materia e colore.
Dopo alcune “Suggestioni dell’antico” che testimoniano l’esistenza e la penetrazione della cultura del vino in queste terre fin dagli Etruschi – tanto che il termine “vino” appare nella bronzea Tabula Cortonensis, terzo testo etrusco per lunghezza esposto eccezionalmente in mostra – il percorso espositivo conduce dalla sezione del “Vino e Sacro”, con racconti dell’Antico e Nuovo Testamento interpretati dall’estro e dal pennello dei grandi maestri, al “Mito”, ove spicca l’ambivalente figura di Bacco dio dell’ebbrezza e della follia, ma anche del lavoro e della produttività della terra e protettore delle arti e della creatività; fino alla sezione dedicata al lavoro, allo scorrere delle stagioni, ai piaceri dell’incontro.
L’immagine del vino, fin dalle prime raffigurazioni dell’arte cristiana, esprime il suo significato fortemente mistico. Accanto alle rappresentazioni dell’Ultima Cena, come quella di Tiziano dalla Galleria Nazionale delle Marche, e delle Nozze di Canaan – intensa la versione di Luca Giordano dal Museo Nazionale di Capodimonte – o alle diverse proposte di Cena in Emmaus, gli episodi biblici maggiormente trattati in mostra sono quelli dell’Ebrezza di Noè e di Lot e le figlie, dove il vino diviene quasi simbolo da un lato di pietas filiale e dall’altro di umana debolezza.
Sui temi bacchici – Sileni, Arianne, Baccanali e quant’altro – la fantasia degli artisti si è sbizzarrita soprattutto tra Sei e Settecento.
Dalla classica visione del mito di Annibale Carracci da Capodimonte e dall’esuberante e gioiosa carnosità del Bacco Ebbro di Peter Paul Rubens, proveniente dalla Galleria degli Uffizi, al Bacco fanciullo di Guido Reni.
Luce e tenebre, Dioniso è anche il doppio, l’ambivalenza, lo si vede anche nella statuaria di cui sono in mostra alcuni esempi di grande efficacia: come il famoso Ammostatore di Lorenzo Bartolini, la grande Baccante danzante di Luigi Bienaimè.
L’immagine su Sileno ebbro, vecchio e distrutto dal bere, colui che ha cresciuto Bacco e che apre il corteo in suo onore a dorso di un asino, ha dato vita a capolavori come quello di Jusepe Ribera da Capodimonte e di Giulio Campioni dal Kunsthistorischemuseum di Vienna, in cui Sileno è mostrato senza riserve nella sua nudità e nella sua pingue abbondanza.
Il senso panico della natura, l’atmosfera mitica quanto trasgressiva e “sovversiva” dei Baccanali si stempera nelle scene di genere, nelle Vendemmie e nelle Allegorie dell’autunno o ancora nelle raffigurazioni di “natura in poesia”, che a partire da due dipinti di Francesco Bassano e bottega – da Londra e da Madrid – si susseguono in mostra fino a immettersi verso la modernità.
Dal grande ritratto familiare di Jacob Jordaens proveniente dall’Ermitage, ricco di riferimenti simbolici alla fedeltà coniugale ma anche ai “pericoli” degli eccessi del vino – si passa alle scene di cantina e alle Allegre compagnie come quella tratteggiata da Nicolas Tournier nel dipinto proveniente dal Museo di Le Mans; dalle Allegorie come quelle di Tiepolo, Snyders, Mola, Vassallo, ai paesaggi intensi ed emotivi di Inganni, Novellini, Morbelli, Tito. La poetica del Novecento affronta il tema del vino soprattutto con le nature morte. Per Picasso, Sironi, Depero, Morandi, De Pisis, Guttuso i miti diventano altro.
Di grande impatto poetico è la Natura morta di Filippo de Pisis del 1924, proveniente dal Mart di Rovereto (Trento). L’artista ferrarese negli anni fra il 1920 e il 1924, andava dipingendo numerose nature morte formate da logori utensili da cucina, spezie, erbaggi, piatti e vetri, ceramiche e legni, soggetti di una pittura che restituisce l’atmosfera delle antiche cucine, spesso avvolte nella penombra, colme di odori penetranti, profondi silenzi.
L’Arte e il vino è una mostra emotiva, fatta di colori e sapori che a volo d’uccello, da un secolo all’altro, riesce a far vivere l’incontro con capolavori d’arte e grandi artisti, per tratteggiare una storia antica, profondamente legata alla nostra terra, al lavoro e alla creatività dell’uomo.
Maria Paola Forlani