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Il fenomeno della migrazione: da un fatto di cronaca ad una riflessione geo-sociale 
di Simone De Andreis
18 Maggio 2015
 

Uno dei tanti viaggi della speranza dalla Libia verso l'Italia, la nuova terra promessa per centinaia di migliaia di disperati che premono dall'Africa dilaniata dalle guerre e dalla povertà verso l'Europa, si è trasformata, il 18 aprile 2015, in un'ecatombe di migranti. Nel naufragio, sono morte centinaia di persone; le prime stime fatte dalla Guardia Costiera parlavano di 700 persone, ma dalle testimonianze dei sopravvissuti risulterebbero molti di più. Si tratterebbe della più grave sciagura del mare dal dopoguerra, peggiore anche della strage di Lampedusa (Agrigento) del 3 ottobre 2013.

Scafisti senza scrupoli avevano portato a termine al di là del Mediterraneo l'ennesimo “affare”, raccogliendo tra i disperati il denaro preteso per la traversata del Canale di Sicilia e avevano riempito di migranti il barcone oltre ogni ragionevole limite. Molti erano stati chiusi nella stiva ed i portelloni, secondo la testimonianza di un sopravvissuto, erano stati bloccati alla partenza.

Il dispositivo di soccorso si è subito messo in moto grazie al sistema satellitare di chiamata, la Guardia Costiera ha potuto rapidamente individuare le coordinate del punto dal quale era partita la telefonata e ha organizzato i soccorsi. Il barcone era a circa 70 miglia a nord delle coste libiche (110 miglia a sud di Lampedusa) quando è stato raggiunto dal King Jacob, una nave portacontainer con bandiera portoghese, che aveva già compiuto negli ultimi giorni quattro soccorsi di naufraghi. È stata messa in campo un'imponente operazione di soccorso, che ha coinvolto anche navi dell'operazione Triton,1 dell'agenzia Frontex: unità navali della Guardia Costiera, della Marina Militare italiana e maltese, mercantili e pescherecci di Mazara del Vallo (Trapani) – 18 mezzi in tutto, coordinati dalla Guardia Costiera, che ha assunto il comando dell'intervento.2

Intanto il Consiglio di Sicurezza dell'ONU sta elaborando una bozza di risoluzione sull'emergenza immigrati nel Mediterraneo che in estrema ratio potrebbe prevedere anche l'uso della forza. La bozza a cui stanno lavorando i membri europei dell'ONU punta ad autorizzare una missione UE per prevenire il traffico di immigrati e riguarderà anche le coste e le acque territoriali libiche.3 Un ulteriore importante documento, prodotto recentemente, è la “Guida per operatori del diritto”, realizzata dalla International Commission of Jurists tesa a favorire il rispetto dei diritti umani in situazione di migrazione.4

Roberto Malini in un recente intervento5 si domanda che cosa stia preparando l'UE per i migranti ed elabora una risposta in tre punti:

1) destinerà miliardi di euro in aiuti ai Paesi di origine e di transito dei migranti, favorendo in tal modo, implicitamente, governi che molto spesso non rispettano i diritti umani, e trascurando di fatto i migranti;

2) incrementerà il controllo delle frontiere dei Paesi a sud della Libia, impedendo in tal modo di fatto a tanti migranti di abbandonare Paesi in cui sono in atto crisi umanitarie;

3) cercherà di rendere legge la proposta di suddivisione in quote, fra i Paesi dell'UE, dei migranti, arrivando probabilmente ad una soluzione insufficiente dal punto di vista numerico.

Ma la comunità scientifica cosa intende per migrazione? In particolare la geografia umana definisce la migrazione, come lo spostamento permanente o a lungo termine del luogo di residenza e dello spazio di attività, è stata una dei temi durevoli della storia dell'umanità, e ha dato un grande contributo all'evoluzione e alla diffusione delle culture. La geografia umana, come altre discipline umanistiche, studia da sempre tale fenomeno, tanto da divenire un filone di ricerca di grande interesse per questa disciplina6 e da istituire una geografia dedicata alle migrazioni, appunto la geografia delle migrazioni.7 Marzia Marchi, dell'Università di Bologna scrive a tal proposito: «Il concetto di geografia delle migrazioni è utile per inquadrare il fenomeno migratorio nella sua complessità, quella cioè di un processo che mette in relazione luoghi diversi, attraverso lo spostamento delle persone. Inoltre, potremmo, paradossalmente, anche dire che con le persone si spostano anche i luoghi, cioè le immagini degli spazi di vita delle persone che vanno a vivere in altri ambienti».8

La migrazione è dunque condizionata dalle caratteristiche socioculturali ed economiche dei migranti, dal loro sesso e dalla distanza fra insediamento originario e futuro; e può essere studiata seguendo differenti modelli.

La prima differenza da tenere in considerazione riguarda la distanza percorsa: trasferimento all'interno della stessa area metropolitana, della stessa nazione, dello stesso continente fino ad arrivare ai flussi intercontinentali. Si pensi ai recenti esodi dei profughi asiatici e africani verso i Paesi dell'Europa o dell'emisfero occidentale, ma anche alle immigrazioni che hanno interessato Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Argentina, Brasile e altre aree geografiche, nei secoli passati. Centinaia di migliaia di migranti ogni anno giungono in Europa dal Maghreb, attraversando il Mediterraneo con mezzi di fortuna e spesso perdendo la vita durante il viaggio. Non bisogna ignorare che lo stesso fenomeno interessa la frontiera degli Stati Uniti, con flussi provenienti dal Messico, dall'America centrale e dalla regione dei Caraibi. Se focalizziamo l’analisi sul continente europeo, Fabio Pollice, docente di geografia umana nell'Università del Salento, con specifiche competenze in Migrazioni e Integrazione Culturale, individua sei fasi in cui possiamo dividere la storia delle i migrazioni: 1) il periodo dello sviluppo industriale e della “grande emigrazione” caratterizzato da consistenti flussi migratori transoceanici dall’Europa verso le Americhe; 2) il periodo tra le due guerre con le restrizioni all’immigrazioni poste dagli Stati Uniti e lo sviluppo di migrazioni forzate di natura politica; 3) il periodo della ricostruzione che vede lo sviluppo di consistenti movimenti migratori per motivi di lavoro come quelli che muovono dall’Italia verso gli altri paesi europei, e l’altrettanto significativo fenomeno dei profughi; 4) il periodo del decollo economico in cui ai flussi migratori di natura continentale sull’asse sud-nord si sovrappongono i flussi intercontinentali provenienti dal Nord-Africa e dalle colonie che vanno contestualmente affrancandosi; 5) il periodo della chiusura con l’adozione di misure restrittive che si propongono di ridurre il flusso migratorio in ingresso, sempre più ampio e diversificato in termini geografici, flusso che tra la fine degli anni Ottanta ed il decennio successivo si arricchisce di nuove componenti etniche provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est e dell’ex Unione Sovietica; 6) il periodo della apertura selettiva – o ri-apertura – delle frontiere con lo sviluppo di accordi tesi a controllare i flussi migratori.9

In tutti i casi le migrazioni rappresentano e hanno rappresentato una forma di fuga da condizioni ambientali, militari, economiche e politiche difficili. Lo stesso è accaduto durante il XX secolo, quando il modello migratorio dalla campagna alla città, iniziato nel tardo XVIII secolo, è aumentato di intensità, e tuttora resta massiccio, tanto quello internazionale, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.

Le migrazioni possono essere rilocalizzazioni forzate o volontarie oppure, in molti casi, imposte ai migranti dalle circostanze, e possono dunque essere ricondotte a due tipologie principali:

- la migrazione forzata: a prendere la decisione del trasferimento sono esclusivamente individui diversi dai migranti stessi. Si pensi alla tratta degli schiavi, intercorsa fra la fine del XVI secolo e l'inizio del XIX. Un caso particolare si è verificato in Indonesia a partire dal 1969, finalizzato a trasferire la popolazione di Giava, densamente abitata, ad altre isole e territori del Paese. Si tratta di una rilocazione indotta, ma di fatto una migrazione non completamente volontaria;

- la migrazione volontaria rappresenta la maggioranza dei movimenti migratori, ed è la risposta individuale ai fattori che influenzano tutte le decisioni di interazione spaziale. Di fatto le migrazioni hanno luogo perché i migranti ritengono che le loro opportunità e condizioni di vita saranno migliori nella loro meta rispetto a quanto lo siano nella loro ubicazione di partenza.

A questo proposito è interessante tenere in considerazione quanto scrive Fabio Pollice: «Tale classificazione non riesce tuttavia ad essere pienamente esaustiva anche perché le categorie appena richiamate presentano numerose sovrapposizioni e incongruenze. Vale la pena sottolineare, ad esempio, che anche le migrazioni cosiddette “libere” sono anch’esse in molti casi determinate da fattori espulsivi che agiscono in maniera selettiva su specifiche classi o ceti sociali; la povertà è spesso il risultato di una iniqua ripartizione delle risorse disponibili e di comportamenti discriminatori nei confronti di ceti deboli o etnie minoritarie. Allo stesso tempo, talune migrazioni forzate internazionali presentano un componente volontaria non trascurabile, se non nella decisione di espatriare, quantomeno nella scelta della nazione verso la quale indirizzarsi».10

Gli studiosi e i teorici della migrazione individuano due fattori principali che determinano tale fenomeno:11

- fattori di spinta (push factors) ovvero le condizioni negative del luogo di origine che incoraggiano la decisione di migrare;

- fattori di attrazione (pull factors) che sono le presumibili condizioni positive del luogo di destinazione.

Un concetto importante che emerge nell'ambito della geografia delle migrazioni12 è quello di utilità locale che consente di comprendere il processo decisionale intrapreso dai potenziali migranti volontari. L'utilità locale rappresenta il livello di soddisfazione percepito da un soggetto rispetto a una data ubicazione residenziale. Nel valutare l'utilità locale comparata, il soggetto decisore considera non soltanto il valore dell'attuale ubicazione, ma anche l'utilità locale attesa delle potenziali destinazioni. Queste valutazioni sono collegate con il livello di aspirazione dell'individuo prevede per se stesso. Le aspirazioni tendono ad essere adattate a ciò che si considera raggiungibile. Naturalmente non tutti i migranti rimangono permanentemente nella loro prima meta. Emerge dunque il concetto di contro-migrazione (o migrazione di ritorno), ossia la probabilità che più o meno un quarto di tutti i migranti ritorni nel proprio luogo di origine.

Per concludere si richiama ciò che scrive Marzia Marchi al fine di fornire un ulteriore stimolo di riflessione, utile da tenere in considerazione in periodi storici come questo, caratterizzato da ampi flussi migratori: «La ricostruzione delle storie, delle memorie e delle geografie delle nostre migrazioni – non ancora completamente realizzata, nonostante il rinnovato interesse per questi studi negli ultimi decenni – non ha soltanto importanti finalità storiografiche, ma contribuisce anche alla valorizzazione – per quanto riguarda le mete internazionali – dei legami con la cultura italiana fuori dall'Italia. Inoltre, più in generale, l'attenzione alla natura dialettica dei processi di trasferimento di culture e di integrazione culturale, [...], potrebbe fornirci strumenti utili per un confronto più consapevole con la realtà attuale delle nostre città e territori, sempre più interessati dalle diversità linguistico-culturali».13 Dunque l'approccio geografico invita a leggere la complessità culturale crescente delle città occidentali contemporanee e non solo, guardando a quanto accaduto nei decenni scorsi, quando da molti Paesi che oggi sono luogo di migrazione, come l'Italia, partivano flussi di migranti diretti in svariate aeree del mondo.

Anche da una breve riflessione come questa emerge chiaramente la complessità di un fenomeno, quello dell'immigrazione, che molto spesso viene catalogato sommariamente come fatto di cronaca.

 

 

Bibliografia e sitografia

ANSA, La più grave sciagura del mare, 28 aprile 2015.

ANSA, Affonda barcone con 700 migranti, 6 maggio 2015.

C. Cerreti, N. Fusco, Geografia e Minoranze, Roma, Carocci 2007.

F. Cristaldi, Immigrazione e territorio. Lo spazio con/diviso, Bologna, Patron 2012.

F. Cristaldi, Alla ricerca delle radici, emigrazioni, discendenze, cittadinanza, Roma, Aracne 2010.

International Commission of Jurists, L’immigrazione e la normativa internazionale dei diritti umani – Guida per operatori del diritto n. 6, Ginevra 2011.

A. di Bella, Popolazioni e flussi migratori, accademia.edu

M. L. Gentileschi, Geografia delle migrazioni, Roma, Carocci 2009.

M. Marchi, Zolfo, carbone e zanzare. La geografia delle migrazioni, in Società Studi Storici Cesanensi (www.studicesanensi.it).

R. Malini, Che cosa sta preparando l'UE per i migranti?, Tellus Folio, 14 maggio 2015.

F. Pollice, Corso di Geografia Umana, Materiali didattici, Dispensa integrativa n.2. Università del Salento.

G. de Spuches, Le migrazioni in J. D. Fellmann, M. D. Bjelland, A. Getis, J. Getis, (a cura di), Geografia umana, Milano, McGraw-Hill 2011, pp.58-63.

 

 

1 L'operazione Triton (originariamente chiamata Frontex Plus) è una operazione di sicurezza delle frontiere dell'Unione Europea condotta da Frontex, l'agenzia europea di controllo delle frontiere, con l'obiettivo di tenere controllate le frontiere nel mar Mediterraneo.

L'operazione, che ha sostituito l'"operazione Mare nostrum" nel presidio dei flussi di migranti, è iniziata il 1º novembre 2014 e prevede contributi volontari da 15 su 28 Stati membri dell'UE. Gli Stati membri che attualmente contribuiscono volontariamente all'operazione Triton sono: Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia, Germania, Paesi Bassi, Francia, Spagna, Portogallo, Italia, Austria, Svizzera, Romania, Polonia, Lituania e Malta.

2 ANSA, La più grave sciagura del mare, 28 aprile 2015.

3 ANSA, Affonda barcone con 700 migranti, 6 maggio 2015.

4 International Commission of Jurists, Limmigrazione e la normativa internazionale dei diritti umani – Guida per operatori del diritto n. 6, Ginevra 2011.

5 R. Malini, Che cosa sta preparando l'UE per i migranti?, Tellus Folio, 14 maggio 2015.

6 Si veda G. de Spuches, Le migrazioni in Jerome D. Fellmann, Mark D. Bjelland, Arthur Getis, Judith Getis (a cura di), Geografia umana, Milano, McGraw-Hill, 2011, pp. 58-63.

7 Cfr. M.L.Gentileschi, Geografia delle migrazioni, Carocci, Bussole.

8 M. Marchi, Zolfo, carbone e zanzare. La geografia delle migrazioni in Studicesanensi.it.

9 F. Pollice, Corso di Geografia Umana, Materiali didattici, Dispensa integrativa n. 2. Università del Salento.

10 Ibidem.

11 G. de Spuches, Le migrazioni in Jerome D. Fellmann, Mark D. Bjelland, Arthur Getis, Judith Getis, Geografia umana, op. cit., p. 62.

12 La geografia delle migrazioni è appunto un settore della geografia umana dedicato a studiare tutte le dinamiche, le cause e gli effetti dei fenomeni migratori.

13 M. Marchi, Zolfo, carbone e zanzare. La geografia delle migrazioni, cit.


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