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Gianfranco Cercone. “Samba” di Eric Toledano e Olivier Nakache: realismo e demagogia
08 Maggio 2015
 

La fortuna nei secoli del genere della commedia, dipende certo dall’interesse universale del tema centrale della commedia (che, come si sa, è l’eros); e allo stesso tempo dalla possibilità che offre la commedia di conglobare intorno a quel tema, i problemi, le contraddizioni delle diverse società nelle quali l’amore torna immancabilmente a riprodursi e a protestare le proprie ragioni contro chi, a vario titolo, vuole impedirlo (l’amore ostacolato e alla fine trionfante è infatti, tradizionalmente, il filo conduttore della commedia).

Hanno avuto così, a ben guardare, buon gioco due registi francesi – Eric Toledano e Olivier Nakache – già autori di un film di grande successo: Intouchables – a ricondurre nell’ambito di tale genere narrativo, un tema che a prima vista si presterebbe soltanto a un dramma o a una tragedia: le condizioni di vita degli immigrati in Francia cosiddetti “sans papier”, privi di un regolare permesso di soggiorno.

Samba non minimizza le difficoltà che costoro devono affrontare; le illustra, anzi, con un chiaro intento di divulgazione e di denuncia. Constatiamo così che i “sans papier” sono soggetti all’arbitrio della polizia che a ogni controllo può rispedirli nei loro paesi di origine; che, non potendo usufruire di un contratto di lavoro, sono in balia dello sfruttamento del caporalato; e che, trovandosi di conseguenza in miseria, sopravvivono grazie alla solidarietà degli immigrati invece “regolari”. Le stesse associazioni francesi preposte all’assistenza degli immigrati, non possono offrire loro nessuna garanzia, nessun efficace rimedio.

Si capisce che la loro stessa vita affettiva è angosciosamente precaria. Eppure è proprio quest’ultimo aspetto della loro vita che offre il destro ai due autori per imbastire una commedia.

Raccontano le vicende di un giovane immigrato a Parigi dal Senegal, Samba, che, pur vivendo in Francia da anni e lavorando come lavapiatti in un ristorante, non ottiene dal tribunale un regolare permesso di soggiorno.

Avviene che una giovane assistente sociale, si invaghisce di lui, colpita dalla sua prestanza fisica e dalla sua gentilezza. Si avvia così una storia d’amore, su cui gravano però tanti ostacoli: in primo luogo la minaccia incombente sull’uomo, di espulsione dalla Francia; lo scetticismo di un parente anziano dell’immigrato, secondo il quale una donna bianca non si impegnerà mai seriamente con un nero senza un lavoro e senza un soldo; e la stessa differenza di mentalità dei due amanti.

La loro storia può sembrare un po’ edulcorata. Eppure, la gentilezza, l’umiltà dell’uomo – malgrado qualche intemperanza – non sono anche influenzate dalla dipendenza da chi, per amore, potrebbe consentirgli di stabilirsi in Francia?

E i problemi soltanto psicologici di una donna sola – che non si è sposata, malgrado non sia più giovanissima – che si è impegnata nell’assistenza sociale dopo un esaurimento nervoso, non sono visti con una certa sufficienza, con una dose di paternalismo, dall’uomo, preso da problemi di sussistenza?

Toledano e Nakache usano certo delle furbizie commerciali. Per esempio, un amico di Samba, un arabo che si finge brasiliano per sedurre più facilmente le francesi, è una figura troppo solare, troppo “positiva”. E i suoi rapporti con Samba sono troppo e soltanto solidali, per sembrarci reali.

Insomma: i protagonisti risultano a volte forzatamente accattivanti. Eppure nella storia d’amore venata dalle contraddizioni a cui ho accennato; o nei conflitti, a volte sanguinosi, tra altri immigrati, nei quali sembrano sfogarsi le loro frustrazioni sociali; o nella resa di certi ambienti (come un centro di detenzione per immigrati e la stessa agenzia per la loro assistenza), i due autori rivelano un tratto descrittivo e narrativo più fine.

E in definitiva, nel loro film sulla demagogia prevale il realismo.

 

Gianfranco Cercone

(da Notizie Radicali, 6 maggio 2015)


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