Nell'ambito degli studi interculturali, in una prospettiva geografica, si inserisce un nuovo e originale itinerario di ricerca, pubblicato nel volume Geografia interculturale - spazi, luoghi e non luoghi (McGraw-Hill Education Create, 2014), a cura di Nicoletta Varani e Federico De Boni. Agli autori principali si affiancano altri contributi di Raúl Crisafio, Simone De Andreis, Antonella Primi, Camilla Spadavecchia e Sara Tagliati, studiosi che declinano le varie voci e le possibili applicazioni dell'intercultura nello specifico sapere disciplinare d'appartenenza. Infatti, l'aspetto più innovativo del lavoro è andare oltre alla proposta di un vero e proprio manuale di geografia interculturale per costruire un mosaico di riflessioni, non solo geografiche, sull'attuale e complesso tema dell'intercultura. Un'intercultura allora che da oggetto d'indagine diviene, al contempo, metodologia di stesura del testo.
La sfida che gli autori lanciano al lettore è proporre una visione positiva della diversità culturale e suggerire le condizioni per le quali tale diversità possa essere un vantaggio per l'azione della comunità internazionale. Infatti, il testo intende presentare le potenzialità che la geografia interculturale ha nell'individuare possibili campi in cui promuovere la pratica dell'intercultura con l'obiettivo di riflettere, ricercare, condividere e valorizzare l'esperienza del reciproco cambiamento, del dialogo e dell'integrazione.
Intercultura come teoria da studiare e come pratica da vivere nelle relazioni quotidiane: è l'ideale di formazione per il XXI secolo, illustrato in un quadro interdisciplinare, volto a coniugare «la difficile ricerca di valori comuni e la necessaria coesistenza di valori diversi», come sottolinea Luisella Battaglia nella premessa.
Geografia interculturale è un percorso di ricerca multidisciplinare che si snoda lungo sei capitoli: dagli elementi di Geografia interculturale, agli spazi e luoghi dell'intercultura, passando per le pratiche e arrivando ai non luoghi dell'intercultura; a loro complemento si uniscono due capitoli della Geografia Umana di J.D. Fellmann (2011), relativi ai concetti di lingua, religione e geografia etnica.
A completare il ricco scenario del lavoro sono le appendici, gli interventi raccolti dal web, una serie di schede di approfondimento, le rappresentazioni cartografiche e l'ampio spazio dedicato alla bibliografia, specifica per ogni capitolo.
Il libro si rivolge principalmente agli studenti universitari ma anche ai non addetti ai lavori, a tutti coloro che possono essere interessati a un'attenta lettura della produzione scientifica in merito all'educazione interculturale, analizzata nella direzione postmoderna del discorso geo-pedagogico e finalizzata alla costruzione dell'identità culturale dell'individuo.
Una prima panoramica è dedicata alla segnalazione dei concetti chiave dai quali gli autori hanno ritenuto necessario partire, riprendendo la lettura di Paul Claval (2002) e Adalberto Vallega (2003); è inquadrato il significato di cultura, diversità culturale, metacultura, transcultura, multicultura, per arrivare, in ultimo, alle definizioni di intercultura elaborate nel 2008 dal Consiglio d'Europa.
Nel capitolo 1 sono tracciati i temi, le problematiche e i concetti dell'interculturalità: dalle radici al significato di cultura, ai percorsi dell'intercultura sino alla riflessione sugli strumenti della Geografia interculturale e, in appendice, è stato posto un estratto de Il libro bianco sul dialogo interculturale del Consiglio d'Europa. In questo contesto teorico, Federico De Boni puntualizza sin da subito la ricchezza del termine cultura, per la quale si intende «il complesso di modelli comportamentali, conoscenze, adattamenti e sistemi sociali peculiari che sintetizzano il modo di vivere acquisito da un determinato gruppo di individui». Con Nicoletta Varani, sulle tracce dell'antropologo francese Lévy-Strauss (1952), segue che «l'approccio interculturale attento alle differenze e alla relazione con l'altro promuove il confronto, la scoperta e lo scambio fra storie e culture». In tale ottica l'intercultura è l'incontro, la crescita insieme, lo sviluppo dell'appartenenza al territorio, il successo della multiculturalità, la nuova epistemologia della compartecipazione. Come indica l'autrice, la difficoltà attuale del processo interculturale risiede in diversi ambiti esistenziali come quelli educativi e di intervento sociale, ma emerge nei contesti di cittadinanza, nella formalizzazione e nell'istituzionalizzazione. Nell'odierna società, globale e complessa, allora, la geografia interculturale, branca della geografia umana, costola della geografia culturale e sociale, si prefigge l'obiettivo di fornire gli strumenti utili per l'analisi interculturale attraverso lo studio dei contatti tra i gruppi sociali e le loro culture. Se il territorio è esito e condizione dell'agire sociale (Casti, 1998) e lo spazio è prodotto sociale (Harvey, 1973), la geografia è un valido supporto per comprendere la complessità socio-culturale, politico-economica ed ambientale; una disciplina a cui appartengono molti temi tipici dell'intercultura, dal rispetto delle culture, al confronto con la diversità, alla conoscenza della totalità del mondo.
Nei due successivi capitoli, tratti da Fellman (2011), viene posto l'accento sulla questione della lingua e della religione, intese come identificatori culturali, e sulla geografia etnica, intesa nel rapporto tra etnicità e flussi migratori. Particolare attenzione è dedicata alla parte finale dei singoli capitoli, dove il sommario e i quesiti di riepilogo possono agevolare la comprensione del testo.
Nei restanti tre capitoli, il percorso di ricerca trova la sua parte più sperimentale e affascinante, passando dagli spazi, alle pratiche, ai non luoghi dell'intercultura.
Federico De Boni illustra come la città sia il luogo per eccellenza dell'intercultura, «dove si dirigono la maggior parte dei flussi migratori a livello locale e globale» e riporta i progetti europei e italiani per alcune città interculturali, tra le quali: Lione, Berlino, Patrasso, Oslo, Tilburg, Lublino, Izhevsk, Subotica, Neuchatel, Melitopol e Reggio Emilia, protagonista del network italiano delle Città Interculturali, dal nome Città del dialogo (2010). Un discorso a parte meritano le città del continente africano, dove l'esplosione demografica è accompagnata dallo smarrimento sociale; Nicoletta Varani delinea la grande varietà delle capitali con la descrizione di Marraketch, Dakar, Libreville,Accra, Kampala, Windhock, Maputo. Un viaggio tra le realtà più significative dell'Africa, che si conclude con uno studio peculiare, per indagine e metodologia, su Abuja e Nairobi.
A completare il quadro degli spazi interculturali sono i casi di riflessione su Genova e il Suq Festival (N. Varani), Bruxelles (C. Spadavecchia), Palermo (F. De Boni). Discorso a parte è stato fatto per i luoghi dell'intercultura nel quale la scuola diviene “terra di mezzo” e luogo di mediazione interculturale anche attraverso la mobilità di studenti (F. De Boni). In conclusione vengono analizzati i centri interculturali in Italia e all'estero (S. Tagliati), approfonditi per le realtà maggiormente interessanti, tra le quali Il Centro Interculturale della città di Torino a livello nazionale e Il Centre d'Action Interculturelle de la province de Namur a livello internazionale
Dagli spazi e dai luoghi dell’intercultura si passa, nel quinto capitolo, alle sue pratiche. È il caso del Commonwealth of Nations (S. De Andreis), dell'isola di Mauritius (N. Varani), delle migrazioni internazionali (C. Spadavecchia), della figura femminile nei centri interculturali (N. Varani); ricerche volte a delineare un concreto e virtuoso processo dell’intercultura.
Ma la parte più originale, innovativa e trasversale del lavoro è condensata nell'ultimo capitolo che gli autori hanno deciso di intitolare, riprendendo in senso provocatorio Marc Augé (2009), i “non luoghi” dell'intercultura. Non luoghi perché spesso l'intercultura si fa e si trova in ambiti come il teatro, la fiaba, il cibo, lontani dal senso comune del termine ma caratterizzati da un'anima. Il cibo risulta essere strumento di confronto e terreno di scambio interculturale, uno dei momenti principali della ritualità collettiva (N. Varani); il teatro considerato è un teatro comunitario che in Argentina diviene sede di inclusione sociale, luogo d'incontro, scambio interculturale, forma di resistenza alla cultura ufficiale (R. Crisafio); le fiabe africane sono un ponte fra le culture, fra l’uomo e il suo ambiente di vita, veicoli di messaggi educativi quali il rispetto, la solidarietà e la tutela del paesaggio (A. Primi).
Risulta evidente come il volume offra l'opportunità di comprendere i vantaggi e la ricchezza di interiorizzare un pensare e un agire interculturale, di leggere con gli occhi dell’intercultura l'organizzazione dello spazio, di ricorrere alla disciplina geografica, nella sua declinazione interculturale, per rispondere a un bisogno di educazione alla pace e alla mondialità, alla conoscenza dell'“altro” e del “lontano”, per incoraggiare una giustizia sociale a livello globale.
E, più semplicemente, sopra a ogni lezione di geografia, sociologia, antropologia e pedagogia, Geografia interculturale vuol essere lo spunto per aumentare la consapevolezza che ciascuno di noi è parte di un tutto (N. Varani), un “cittadino del mondo” da Immanuel Kant a Martha Nussbauman, in ogni secolo, per ogni Stato.
Chiara Accogli
Geografia interculturale. Spazi, luoghi e non luoghi
a cura di Nicoletta Varani, Federico De Boni
McGraw-Hill Education Create, Milano 2014, pp. 295