1. GRIGIO. Mia madre, dodicesimo lungometraggio di Nanni Moretti, possiede un colore dominante: il grigio. Questa tinta precisa è fatta scendere in campo per rappresentare almeno tre cose: una città (Roma), la vita quotidiana di alcuni lavoratori del mondo del cinema (di Roma) e la situazione di difficoltà in cui si vengono a trovare due fratelli (Margherita Buy e lo stesso Nanni Moretti) di fronte alla prossima scomparsa della loro madre (a Roma). Il “mia”, di questa madre, è riferito infatti sia a Roma che al cinema che ai due fratelli (Margherita e Giovanni sono i loro nomi nella finzione cinematografica). Il grigio come tonalità si rivela nelle condizioni della società attuale raffigurate plasticamente in uno striscione posto fuori dall’ospedale in sostegno ad un ammalato che vi si trova ricoverato. Il grigio, inoltre, caratterizza, in quanto stato d’animo, il sentimento dell’attesa, sospeso tra colpa e redenzione, di un evento che si ritiene ineluttabile: la morte della propria congiunta da parte dei due fratelli. Il grigio, ancora, rappresenta il significato di una vita quotidiana che continua a svilupparsi, nonostante tutto, lungo i propri binari e di un evento (la morte appunto) che fa parte dell’ordinario corso delle cose anche se viene esorcizzato, rimosso e maledetto.
2. ROMA. Con la città di Roma, Moretti porta sulla scena anche gli USA, il paese di John Turturro: egli emerge dalle inquadrature di questo film a volte come mascalzone, a volte come cialtrone, altre volte come splendido professionista del cinema ma soprattutto – durante una cena a casa della regista Margherita – come un uomo concretamente inserito nella contemporaneità. Come l’emblema stesso dei nostri giorni che Roma non riesce ad intaccare ma, al contrario, a far diventare ancora più pregnante e a renderlo più ricco di sfumature e di significati. La realtà di Roma è quella del cinema, quella dell’ospedale, quella della rinuncia al proprio posto di lavoro da parte dell’ingegnere Giovanni. La realtà di Turturro è quella di chi lavora (e mette in scena, nel corso stesso del film, la vita di un altro personaggio che lavora: un imprenditore che ha una vertenza con gli operai della sua stessa fabbrica) ma è al tempo stesso la realtà che fa da contraltare a quella della morte della madre. “Mia madre” non vorrebbe che io girassi questo film, sembra pensare Margherita, ma nello stesso tempo “mia madre” sarebbe contenta del fatto che io ho conosciuto un attore come Turturro.
3. ROMA E “MIA MADRE”. Margherita sta girando un film molto serio e duro. Un film dentro al film ma che diventa più reale della stessa scomparsa di “mia madre” a tratti sembra poter pensare la stessa Margherita. Come quando ella stessa decide di continuare a girare una scena nonostante le sia arrivata la notizia di un peggioramento delle condizioni di “mia madre”. Nanni Moretti, invece, in quanto personaggio di questo film, sembra volutamente sotto tono od in secondo piano, in realtà vive un dolore molto più lancinante di quello della sorella. Per l’ingegnere Giovanni, Roma e “Mia madre” sono una sola cosa: vogliono dire la sua vita incanalata nei binari di una consueta normalità.
4. LA REALTÀ. Infine c’è la realtà. Ovvero: la vita e la morte che sono un'unica e sola cosa. I momenti belli ed i momenti brutti. Il bene ed il male. Il significato e l’assenza di ogni referente semantico. Moretti racconta la realtà e la lascia persino intravedere. Forse per la prima volta nella storia del cinema la sedimentazione stessa di vita e di morte si può scorgere in una “carezza”. La carezza che “mia madre” morente dispensa alla pila dei libri disposti lungo la sua libreria. Ai dorsi. A tutto quello che ha letto. A tutto quello che ha amato. Come si dice faccia la vita nei confronti del momento dell’addio.
Gianfranco Cordì